Se date un'occhiata ai principali sondaggi che fotografano il duello tra Donald Trump e Kamala Harris, scoprirete che le elezioni presidenziali Usa del 2024 sono un vero e proprio testa a testa. C'è in realtà chi crede che il candidato repubblicano sia in vantaggio di un punto percentuale, 50% contro il 49% della sfidante, e chi, al contrario, sostiene che sia il nuovo volto dem a condurre la partita (47-46%). Questi numeri contano poco però, pochissimo, un po' come quelli che vi dicono chi vincerà il campionato di Serie A tra la fine di agosto e l'inizio di settembre basandosi sui “colpi” di mercato. Ebbene, così come nel gioco del pallone non conta soltanto il calciomercato estivo, ma anche e soprattutto l'esito imprevedibile di ogni singola partita del campionato, nell'ancor più incasinato gioco della politica americana non contano tanto i sondaggi generali, quanto quelli che fotografano la situazione all'interno dei singoli Stati. In primis, nei cosiddetti swing states, quelli cioè in bilico, dove non sappiamo chi si porterà a casa i grandi elettori in palio. Per capire, dunque, chi avrà la meglio tra Trump e Harris bisogna guardare al Nevada (che mette in palio 6 grandi elettori che voteranno il candidato che vincerà in questo Stato), all'Arizona (11), alla Georgia (16), al Michigan (15), al Wisconsin (10), alla North Carolina (16), alla Pennsylvania (19).
Cosa dobbiamo aspettarci, dunque, dai sette Stati in bilico? Gli analisti, gli stessi che si dilettano in previsioni e sondaggi, danno Trump in leggero vantaggio in Arizona (50-48%) e in leggerissimo vantaggio in Georgia (49-48%). Harris è di poco avanti nel Wisconsin (49-48%). Negli altri è tutto fermo al 48-48%, che è un modo elegante e accademico per dire: non abbiamo la più pallida idea di cosa potrà succedere. O ancora: non vogliamo fare la stessa figura barbina di quando, otto anni fa, davamo per certa la vittoria di Miss Clinton, salvo poi ritrovarci con Trump alla Casa Bianca. Razionalmente parlando, Trump potrebbe portarsi a casa Arizona e Georgia, e sperare di fare filotto in Pennsylvania, Wisconsin e Michigan, che in passato hanno più volte dato fiducia ai Repubblicani; a quel punto, Nevada e North Carolina potrebbero pure finire nelle mani di Harris. Se, invece, avete voglia di ascoltare Allan Lichtman, il Nostradamus d'America che nella sua carriera di storico si vanta di essere stato l'unico a predire l'elezione di Trump nel 2016, e di aver, dal 1984 in poi, azzeccato tutte le elezioni presidenziali tranne una (nel 2000, quando Bush ebbe la meglio su Al Gore) grazie al suo modello in “13 chiavi”, sappiate allora che vincerà Kamala Harris. Infine, se vi fidate di più dei bookmakers (soggetti però a dinamiche non proprio trasparenti), per loro non c'è partita: Trump ha la strada spianata verso lo studio ovale della Casa Bianca.
Facciamo un passo in avanti. Elezioni terminate: Donald Trump ha perso per una manciata di voti. Il tycoon inizia a protestare, come del resto ha già fatto – più e più volte – nelle scorse settimane: “I Democratici hanno barato!”. Gli adepti del tycoon, come già accaduto nel famoso “sacco di Capitol Hill” del 2021, quando strani personaggi vestiti da vichinghi-sciamani irruppero nella sede del governo Usa per protestare contro la “vittoria truccata” di Joe Biden, potrebbero ripetere l'impresa. Con ancora più violenza. A quel punto sarebbe guerra civile, o quasi, considerando che negli Usa-terra-di-libertà – letto tutto d'un fiato – ci sono più armi da fuoco che abitanti (oltre 390 milioni armi contro 330-340 milioni di cittadini). Sembra un racconto di fantascienza, e in effetti lo sarebbe stato fino a qualche anno fa. Oggi, invece, tutti sono preoccupati per eventuali violenze post elezioni. “C'è il rischio di una guerra civile negli Usa”, si chiedono testate autorevoli come Foreign Policy, The Times, Cnn, Npr, Politico e tantissimi altri. La risposta? Intanto vediamo come finiranno le elezioni presidenziali. Poi, per il resto, ci sarà tempo. Un problema alla volta, per favore.