Messe a tacere le fake news sulla morte di Papa Francesco, il dibattito sulle sue possibili dimissioni sta prendendo piede. Il ricovero del Papa al Policlinico Gemelli di Roma per una polmonite bilaterale, che sembra destinato a essere lungo, ha sollevato una nuova onda di speculazioni sulla sua salute e sulla futura conduzione della Chiesa. Mentre Bergoglio prosegue il suo percorso di recupero, alcuni membri – come spiega Il Fatto quotidiano – del Collegio cardinalizio non nascondono le proprie preoccupazioni, alimentando l'ipotesi di un ritiro volontario, un passo indietro che favorirebbe l’inizio della Sede Vacante, anticipando così una vacanza pontificia che, altrimenti, si verificherebbe solo alla sua morte. Francesco, con la sua caratteristica schiettezza, ha messo in chiaro la sua posizione riguardo alla questione fin dal 2013, quando ha dichiarato: “Sono ancora vivo. Nonostante alcuni mi volessero morto. So che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il Papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave. Pazienza! Grazie a Dio, sto bene.” Le sue parole sono dirette, come una risposta a chi, da tempo, tenta di scrivere la sua fine prima che arrivi naturalmente. Ed è in quest’ottica che si deve interpretare l’uscita di Gianfranco Ravasi, cardinale che ha sollevato il velo sulle dimissioni papali: “Se è verosimile l’ipotesi che Papa Francesco si possa dimettere? Io penso che possa farlo perché è una persona che, da questo punto di vista, è abbastanza decisa nelle sue scelte.” La sua dichiarazione ha alimentato il dibattito, seppur con cautela. Ravasi, infatti, ha sottolineato che la situazione del Papa rimane "complessa, ma non critica", ammettendo però che “tutto è possibile”, un’idea che è stata ripresa anche da altri cardinali, come il francese Jean-Marc Aveline, che ha definito Francesco una figura “libera”, capace di prendere una decisione che sia nel bene della Chiesa.
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Tuttavia, non tutti sembrano essere d’accordo con l'idea di un passo indietro per Bergoglio. A rompere il coro di voci pro-dimissioni è stato il cardinale Matteo Maria Zuppi, che ha affermato che, nonostante la preoccupazione per la salute del Papa, “siamo nella direzione giusta di un pieno recupero”, segno che il pontificato non è ancora al termine. Le sue parole si oppongono nettamente a chi vede la sua malattia come l'inizio di un possibile congedo, sottolineando come i piccoli segnali positivi – come la colazione, la lettura dei giornali, e gli incontri – siano la chiara dimostrazione di un miglioramento in corso. Il tema delle dimissioni papali, però, non è certo nuovo nella Chiesa. Già Pio XII, San Paolo VI e San Giovanni Paolo II si sono confrontati con la possibilità di lasciare la Cattedra di Pietro, seppur in contesti molto diversi. Benedetto XVI, come noto, ha fatto storia con la sua rinuncia nel 2013, diventando il primo Papa a dimettersi volontariamente in tempi moderni. Una scelta, quella di Ratzinger, che ha aperto la porta ad una nuova riflessione sulla possibilità di rinunciare al pontificato per motivi di salute, come nel caso di Giovanni Paolo II, la cui lunga sofferenza per il morbo di Parkinson ha messo in discussione le sue capacità di governare la Chiesa. Ma Wojtyla, pur vedendo la sua salute peggiorare, non cedette mai alla tentazione di dimettersi, temendo che un gesto simile avrebbe creato un precedente pericoloso per i suoi successori.
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