Poteva sembrare un normale incidente stradale con omissione di soccorso finito in tragedia, quello che ha ucciso Fabio Ravasio, cinquantadue anni, mentre si trovava a bordo della sua bici a Parabiago lo scorso nove agosto. E invece le indagini degli inquirenti hanno fatto luce su un piano omicida architettato nei minimi dettagli da una persona molto vicina alla vittima. Si tratterebbe, infatti, della compagna quarantanovenne di origini brasiliane Adilma Pareiro Carneira, ora arrestata e trattenuta in custodia cautelare nel carcere di Busto Arsizio. Ma non è tutto. La presunta assassina (o comunque mandante del delitto), secondo quanto emerso dalle ricerche sul caso, si sarebbe servita di una vera e propria squadra, formata tra l’altro dal figlio venticinquenne (al volante durante l’omicidio) e di suo marito Marcello Trifone, con cui risulta ancora essere sposata; nonostante gli otto anni di convivenza con Ravasio. Ma adesso, secondo quanto riportato da Cesare Giuzzi del Corriere della Sera, ci sarebbero delle altre novità, incluso il nome di un nuovo indagato e di due precedenti (e probabili) efferati crimini che potrebbero essere stati eseguiti sempre dalla Carneira su altrettanti suoi ex mariti; entrambi morti in circostanze dubbiose. E poi ci sarebbe pure la magia nera…
Oltre a Igor Benedito (figlio della donna) e Trifone, infatti, “la banda di complici – scrive il giornalista – […] s’è arricchita di un altro tassello. Si tratta di un meccanico di Parabiago, il quarantenne Fabio Oliva, fermato ieri dai carabinieri di Legnano su ordine del pm di Busto Arsizio”. L’uomo, dunque, ora sarebbe accusato di aver riparato l’auto, una Opel Corsa intestata alla Carneira, utilizzata (con una targa falsa) durante il delitto; e sarebbe stato anche informato del crimine. “La macchina – si legge sul Corriere – era ferma da tempo e il meccanico l’avrebbe resa ‘marciante’ prima del finto incidente […] il quarantenne sarebbe stato a conoscenza del piano omicida e, secondo la Procura, avrebbe anche ‘consigliato agli esecutori di utilizzare proprio quella vettura’ e non altre auto che avevano a disposizione”. Il nome di Oliva, inoltre, non è nuovo agli inquirenti, visto che è emerso durante gli interrogatori di ulteriori due complici pentiti della donna. Si tratta di Fabio Lavezzo, il fidanzato di una delle figlie della brasiliana, che durante l’esecuzione del piano aveva il compito di palo, e Mirko Piazza, altro palo dell’omicidio, “il ‘tuttofare’ del marito della donna”. Ma a loro i magistrati, secondo quanto rivelato dal quotidiano, “hanno chiesto con insistenza anche di un agente della polizia locale di Parabiago sui quali sono ancora in corso accertamenti”. La grande ragnatela di chi ha progettato l’omicidio di Ravasio non è finita qui, perché ci sarebbe anche Massimo Ferretti, “il barista di quarantasette anni e amante della quarantanovenne”, il quale, continua il Corriere, “ha detto di essere stato parte del piano (per la Procura era il ‘telefonista’) perché ‘innamorato’”. Inoltre, l’uomo avrebbe anche dichiarato che “lei (Carneira, ndr) mi tiene soggiogato con i suoi riti di magia nera”. Riguardo a questa tesi, scrive ancora Giuzzi, la donna “era una ‘sacerdotessa’ e ‘riceveva in corpo gli spiriti’ […] A conferma di tutto questo, nel congelatore di casa i carabinieri avrebbero scoperto parti di animali, cuori e cervelli, da utilizzare durante i riti”. La grande novità sul caso, però, riguarda altre due morti sospette: “Si tratta – riporta il Corriere – di due ex mariti della quarantanovenne. Il primo, brasiliano da cui ha avuto due figli, risulta essere morto assassinato in patria. Il secondo quarantottenne di Sedriano nel Milanese, sarebbe deceduto ufficialmente per un infarto. L’uomo le ha lasciato in eredità una casa in Puglia che risulta ancora intestata ad Adilma Pereira Carneiro”. L’attenzione su questi due casi vorrebbe far luce sul movente dell’omicidio di Ravasio, che sarebbe legato proprio al suo lascito ereditario. Secondo quanto riportato da Nicola Palma de Il Giorno, infatti, “‘nulla sembra essere sufficiente per lei: schiava della sua cupidigia, vuole sempre di più’. Non le sono bastate due ville, una casa in Costa Azzurra, una cascina, due auto di grossa cilindrata e una vita agiata da nullafacente. Lei puntava a prendersi tutto”. E la custodia cautelare della Carneiro, adesso definita la “mantide di Parabiago”, vorrebbe proprio evitare la fuga dall’Italia della donna: “Nel caso dovesse uscire – si legge su Il Giorno –, c’è il fondato rischio che possa servirsi della dimora francese di Mentone, a due passi dalla frontiera di Ventimiglia, come appoggio provvisorio per espatriare in direzione Sudamerica ‘con la numerosa prole’”.