Roberta Bruzzone, la criminologa più famosa in Italia, ci ha raccontato gli ultimi sviluppi dei casi criminali più caldi dell'estate, seguiti da lei in prima persona come consulente: il femminicidio di Francesca Deidda e quello di Pierina Paganelli. Due delitti ancora irrisolti sui quali Roberta Bruzzone ha molto da dire. Il caso di Francesca Deidda, la ragazza di San Sperate, nel sud della Sardegna, sparita da maggio 2024 e ritrovata morta dentro un borsone sportivo ai bordi della ex strada Statale 125, come per la Paganelli, non è ancora stato approfondito a pieno. Il marito di Francesca, Igor Sollai, camionista di 43 anni, è stato arrestato con l'accusa di omicidio e occultamento di cadavere ma continua a proclamarsi innocente, ribadendo la sua estraneità ai fatti. Per avere un quadro più chiaro sugli sviluppi processuali abbiamo intervistato proprio lei, Roberta Bruzzone, da poco nominata consulente dell'avvocato Gianfranco Piscitelli, rappresentante di Andrea Deidda, fratello della vittima.
Partiamo dal caso di Francesca Deidda: lei ha parlato di un'eventuale presenza di complici.
Sì ma non nella fase omicidiaria, francamente non riteniamo che si sia trattato di un delitto a più mani. La modalità omicidiaria è perfettamente coerente con l'azione di un singolo soggetto. La scena del crimine primaria è sicuramente l'abitazione di Francesca Deidda: gli elementi raccolti ci consentono di dire questo con assoluta certezza. La parte del dell'occultamento del corpo invece, e del conseguente depistaggio, a mio modo di vedere ha coinvolto più persone, anche perché non è qualcosa che è avvenuto in un'unica fase. Ci sono tutta una serie di attività, non solo legate all'area in cui è stato trovato il corpo nel borsone, e tutta una serie di effetti personali della vittima che sono stati ritrovati nell'arco di circa 400 metri.
Nel dettaglio: di che attività parliamo?
Parliamo di una serie di operazioni successive al delitto, volte a rendere il più impenetrabile possibile il punto dove poi effettivamente è stato ritrovato il borsone con i resti della vittima. Prima è stata messa una rete, poi delle fascette; addirittura sembrerebbe che siano stati piantati degli arbusti a rapida crescita per rendere quell'area ancora più difficile da individuare. Non credo sia possibile che tutto questo, compreso il trasporto dalla salma in quel punto così solitario, possa essere avvenuto con il solo coinvolgimento di Sollai. Sulla responsabilità di Sollai nell'omicidio, francamente, non nutro alcun dubbio. Gli elementi raccolti ci consentono di essere piuttosto solidi sotto questo profilo, che poi lui decida o meno di parlare a questo punto è totalmente irrilevante. Le prove che abbiamo in mano non consentono una chiave di lettura alternativa alla sua responsabilità, anzi, credo che molto probabilmente la Procura chiederà il giudizio immediato.
Lui nel frattempo continua a dichiararsi innocente.
Lui continua a dichiararsi innocente ma le assicuro che gli elementi raccolti, su cui in questa fase ovviamente non posso entrare nel merito perché c'è il segreto istruttorio, sono veramente insuperabili.
Riguardo al movente si sa qualcosa?
Lui aveva ormai una relazione sufficientemente solida e stabile con un'altra donna, come sappiamo dalle indicazioni investigative. Probabilmente la relazione tra lui e Francesca era ormai arrivata al capolinea. A vederla così sembrava una semplice separazione tra due persone con una vita assolutamente normale, non particolarmente fuori dalle righe. Probabilmente per lui una separazione poteva però rappresentare un problema dal punto di vista economico, soprattutto nella gestione dell'abitazione che era stava ancora finendo di pagare. Riteniamo che forse potrebbe essere stato questo l'elemento che ha portato in qualche modo Sollai a progettare il delitto, la cui modalità di esecuzione ci porta a ipotizzare una premeditazione.
Premeditazione che emerge anche dalle modalità con cui Sollai è stato incastrato, no?
Le colleghe e il fratello si sono attivati nel momento in cui aumentava il numero di giornate in cui Francesca non si rendeva più reperibile in maniera diretta. Non rispondeva più alle telefonate e comunicava solo tramite messaggi, nei quali peraltro c'era una significativa variazione del suo stile linguistico abituale. Più di qualcuno ha cominciato a sospettare che dietro al cellulare non ci fosse più Francesca. Il fratello di Francesca il 30 maggio si è deciso a fare la denuncia di scomparsa, dopo aver ricevuto una serie di informazioni da Sollai totalmente improponibili.
L'allarme è scattato quando le colleghe hanno detto a Francesca, o a chi si spacciava per lei, il nome di una collega inventata.
Le colleghe hanno detto alla finta Francesca che quest'altra collega, il cui nome era inesistente, si era licenziata. Francesca ha chiesto soltanto come mai lo avesse fatto, e non chi fosse. Chiaramente non era lei, e a quel punto si è capito che c'era qualcosa che non quadrava. Sollai parlava di allontanamento volontario e di pausa di riflessione, mentre lei purtroppo era già esanime all'interno di quel borsone nei dintorni della ex Statale 125.
Il telefono di Francesca Deidda sarebbe stato in mano di Sollai?
Il telefono in realtà non è mai stato ritrovato. Veniva usata la scheda di Francesca, ed è molto probabile che la sim fosse rimasta in mano a Sollai e che sia stato lui a far sparire il telefono in qualche maniera.
Quindi localizzando la scheda si potrebbe risalire a chi mandava i messaggi?
A quanto abbiamo appreso, anche se in via ancora non del tutto definitiva, sembrerebbe che l'invio dei messaggi dal finto profilo di Francesca in realtà fosse compatibile con la geolocalizzazione del telefono di Sollai. Su questo avremo maggiori dettagli appena avremo in mano la consulenza informatica.
Potrebbe essere stato aiutato dall'amante in qualche modo?
Guardi, su chi possa averlo aiutato, in questo momento, non me la sento assolutamente di sbilanciarmi. Posso dirle che dal punto di vista delle operazioni svolte, considerando anche il punto in cui è stato ritrovato il borsone, la tipologia di borsone che non è di quelle che uno tiene in casa solitamente, è evidente che il concorso di qualcuno c'è stato, quantomeno per gestire la salma. Francesca era molto minuta, per carità, però indubbiamente il punto in cui è stato rilasciato il borsone è abbastanza particolare.
Essendoci di mezzo una storia extraconiugale, si potrebbe tracciare un punto in comune con l'omicidio di Pierina Paganelli?
Credo che ci siano delle distinzioni abbastanza nette: non me la sentirei di fare un accostamento. Sulla vicenda Paganelli poi ci sono ancora parecchi aspetti da chiarire, a differenza del caso di Francesca. Ci sono ancora molte questioni in sospeso. L'ipotesi del ruolo della Bianchi nel caso di Pierina Paganelli è ancora in via di chiarimento, per cui ripeto, non me la sentirei di fare questo parallelo.
Com'è la posizione di Dassilva al momento?
Dassilva è indagato e detenuto presso la casa circondariale di Rimini e noi adesso stiamo predisponendo il riesame che discuteremo il 9 settembre.
Ci sono elementi a sufficienza per dimostrare che non è lui il colpevole?
Adesso ce ne sono in abbondanza di elementi da contestare, diciamo che sarà un vero e proprio trattato più che un riesame. Gli elementi che a nostro modo di vedere possono essere messi in discussione sono una quantità industriale, praticamente ogni due righe dell'ordinato.
Ci sarà anche la telefonata molto particolare di Manuela Bianchi, relativa al ritrovamento del cadavere?
Quella telefonata ci ha fatto fare delle riflessioni che saranno contenute nel nostro lato di esame. Non abbiamo l'audio perché non è compreso tra gli allegati dell'ordinanza, ma solo la trascrizione. Ci sono molti elementi di perplessità su quella telefonata.
Si potrebbe ipotizzare che sia stata lei a uccidere Pierina?
Noi in questo momento puntiamo a fare in modo che il nostro assistito possa avere la possibilità di tornare a piede libero, o quantomeno di vedere un'attenuazione della misura. Per quanto riguarda l'individuazione di un colpevole, per fortuna non è un nostro compito ma se ne deve occupare la procura. Noi in questa fase siamo sufficientemente convinti che gli elementi a carico di Dassilva tali da trattenerlo in carcere non siano sufficienti. Del resto sono tutti elementi che sostanzialmente erano già nelle mani della Procura nei primi 15 giorni dopo il delitto, quindi non si comprende perché l'applicazione della misura sia avvenuta 9 mesi dopo. Tutti gli elementi raccolti fino ad oggi, quantomeno quelli dati a noi in visione, di fatto sono compresi nei primi 10-15 giorni dalla vicenda.
Avete tanti argomenti, ma qual è l'elemento principale che scagionerebbe Dassilva?
Dal nostro modo di vedere, ma anche e soprattutto dal punto di vista tecnico, perché ci siamo affidati al migliore sotto questo profilo in Italia, dal video della cam 3 non è assolutamente possibile stabilire che il soggetto ritratto sia coinvolto nel delitto, né che sia di colore. La parte cromatica è influenzata dal tipo di ripresa e dal tipo di illuminazione: come si fa a dire che fosse Dassilva?
Ha avuto modo di leggere opinioni di altri criminologi o criminologhe che sostengono la colpevolezza di Dassilva?
Guardi, io francamente quando qualcuno sostiene la colpevolezza di qualcun altro senza avere accesso agli atti ritengo che non valga la pena di spenderci del tempo per esaminare cosa sostiene. Le fantasie le lascio volentieri agli altri.
Ci si romanza sopra?
Mi piace il fatto che queste persone non conoscano nel profondo una vicenda così complicata, così complessa, così sfaccettata, però si divertono a fare delle valutazioni. Questo in termini di professionalità mi dice molto di loro, ma soprattutto mi dice che non vale la pena perdere tempo a leggere quel genere di considerazioni.
Il cosiddetto tribunale delle opinioni.
Io faccio un altro mestiere, lascio le opinioni a chi evidentemente non ha modo di fare un lavoro più approfondito sui casi reali. Gli opinionisti della criminologia li conosciamo, e di solito estrinsecano soltanto i loro pareri a favore di telecamera. In un’aula di giustizia ufficiale questa gente, la maggior parte di questi, la stragrande maggioranza delle volte io non l'ho mai vista. Lasciamoli chiacchierare, ma questo lavoro fatto seriamente è un'altra cosa.
Il fatto che Pierina partecipasse a queste riunioni dei Testimoni di Geova, e che lì denunciasse il tradimento della nuora potrebbe dare qualche indizio in più sul suo assassino?
Non abbiamo elementi per stabilire che la sua appartenenza ai testimoni di Geova sia rilevante ai fini della tragica fine che ha fatto Francesca. Assolutamente no. Riteniamo però, e su questo siamo allineati con la Procura, che difficilmente un accadimento di questa portata possa essere stato compiuto da un soggetto del tutto estraneo.
Era qualcuno di molto vicino a lei, in ogni caso.
Sì, però bisogna tenere presente che la Paganelli era oggetto di diverse problematiche familiari. C'era una situazione familiare complicata tra la Bianchi, Saponi, la Paganelli. Con tutto quello che era successo c'era una situazione che definirei probabilmente una polveriera. Quindi, se andiamo a lavorare su un movente in grado di motivare un delitto così efferato, è difficile ipotizzare che possa essere un movente non personale.
Quale potrebbe essere stato il movente principale?
Dassilva aveva una relazione con la Bianchi, tra l'altro una relazione che la Bianchi con perseveranza continuava ad alimentare, come è stato reso evidente dall'ordinanza. Molto più di quanto facesse Dassilva, che riceveva certe proposte, certe sollecitazioni, non le operava. Anche questo è emerso in maniera incontrovertibile dall'ordinanza. È difficile non esaminare tutti i fatti considerando anche questo elemento, ma che per Dassilva la Paganelli fosse un problema insuperabile al punto da eliminarla in maniera così feroce, questo viene strano da pensare.
La Bartolucci sapeva, comunque.
La signora Bartolucci è rimasta al fianco di Dassilva pur dopo aver conosciuto tutta una serie di sviluppi, quindi lui non aveva tutto questo timore che la moglie lo lasciasse in conseguenza dell'emersione della storia. Tant'è vero che lui la storia l'ha raccontata subito agli inquirenti. Lui ammette subito di avere una relazione con la Bianchi che invece si preoccupa di negare la storia: chiede a Dassilva di cancellare i messaggi e addirittura si lamenta di non essere riuscita a cancellare i messaggi con la Bartolucci dove c'erano chiari riferimenti al risentimento della Bianchi nei confronti della Paganelli. La stessa Bianchi capisce bene che di elementi che possono essere letti in maniera antipatica in questa storia ce ne sono parecchi. Qualcosa che collochi Dassilva in maniera incontestabile sulla scena, ad oggi, non c'è.
Qualcuno ha parlato anche della casa, del movente economico.
La situazione della famiglia Saponi-Bianchi era abbastanza ingarbugliata, non ce lo nascondiamo. C'era chiaramente una relazione matrimoniale ormai giunta al capolinea, questo credo che fosse abbastanza chiaro a tutti, e c'era la problematica di Giuliano che comunque tornava a casa dopo un incidente molto grave.
Anche l'incidente non è avvenuto in circostanze del tutto chiare.
All'inizio la Procura sembrava effettivamente aver letto una sorta di collegamento tra le due vicende, poi invece aveva inteso separare i due casi. Però c'era una situazione complicata perché la Bianchi si vedeva tornare a casa il marito in condizioni di non piena autosufficienza. Vedremo come evolverà la questione però, ripeto, un movente personale solido, certamente Dassilva non ce l'aveva. Consideri poi che Pierina, quando parlava al telefono e in assemblea, faceva chiaro e non equivoco riferimento a un'altra persona, e non a Dassilva.
La relazione era già uscita allo scoperto?
La Paganelli aveva già parlato col Consiglio degli anziani e il giorno dopo, il 4 ottobre, la Bianchi avrebbe dovuto essere giudicata in assemblea. Questo vuol dire che tutta la parte preparatoria era già stata esplicata, e che non c'era più un segreto da proteggere perché la Paganelli aveva evidentemente già fatto le sue esternazioni. Pierina Paganelli non lo sapeva che la storia della Bianchi era con Dassilva, ipotizzava un'altra persona, e su questo noi abbiamo un riscontro documentale.
Dassilva non aveva alcun motivo di essere preoccupato, in questo caso.
Se dopo essere stata giudicata, la Bianchi, fosse andata via come era già successo, quando per un periodo era andata a vivere dal fratello, per lui la prospettiva sarebbe anche stata migliore perché alleggeriva la situazione di non averla sempre lì, e poteva gestire con più agio la sua relazione clandestina.
E l'altro uomo ipotizzato da Pierina potrebbe avere avuto un ruolo?
Sono state fatte delle verifiche ma è risultato totalmente estraneo. Come dicevo prima non faccio romanzi, e quest'uomo ha il diritto di rimanere fuori da tutta la vicenda.