Continuano ad aleggiare misteri intorno al giallo di Rimini. In attesa dei risultati derivanti dalle analisi genetiche, prosegue a stretto giro anche l’investigazione tradizionale. Quella che contribuisce a mettere tutti i tasselli a loro posto nelle indagini intricate di questo tipo. Più si va avanti e più emergono questioni intrafamiliari degne di nota. O forse sarebbe meglio dire questioni di pianerottolo. Secondo quanto emerso nel corso della puntata di Estate in diretta, la casa coniugale di Giuliano Saponi, figlio di Pierina Paganelli, e di Manuela Bianchi era oggetto del contendere già molto tempo prima l’incidente dell’uomo e, quindi, anche della morte della Paganelli. Andiamo con ordine. In questo contesto, negli ultimi cinque mesi di vita, la tensione tra Manuela e la suocera era palpabile e costante. Al centro del contendere e delle discussioni c’erano le questioni riguardanti Giuliano, il denaro e soprattutto la casa familiare. La casa, in particolare, non rappresentava solo un tetto sopra le loro teste. Difatti, secondo una telefonata intercorsa tra la Paganelli e il marito di Manuela, la Bianchi avrebbe chiesto al marito di andarsene dalla loro abitazione per lasciarci vivere lei insieme alla figlia. Lui, secondo la donna, sarebbe potuto andare tranquillamente a vivere con Pierina. Manuela era stata chiara: non era più innamorata del padre di sua figlia. L’ex infermiera in pensione, però, sempre secondo quanto riferito dalla dirimpettaia, avrebbe suggerito al figlio Giuliano anzitutto di accettare la realtà e rifarsi una vita. Lasciando però che fosse Manuela a cambiare casa, magari recandosi in affitto con il fratello o con il padre. Evidentemente, Pierina era perfettamente consapevole del rapporto ormai logoro del figlio con la nuora. Per queste ragioni cercava, almeno per quel che sembra, una soluzione che favorisse la stabilità familiare. Di altro avviso Manuela che, secondo quanto emerso dalle sommarie informazioni del fratello di Giuliano, avrebbe voluto vendere proprio quella stessa casa dopo l’incidente. Quando, cioè, lui si trovava nel letto della rianimazione e la Bianchi ne aveva assunto l’amministrazione di sostegno.
Più passa il tempo e più sembra che si aggiungano pezzetti del puzzle che debbano essere incastrati nel corretto ordine e nella corretta posizione. Al centro di ogni incastro, però, c’è sempre lei: la vittima. Pierina Paganelli era scomoda sotto svariati punti di vista. Amori, relazioni, case di proprietà e forse anche la fede. Non sbaglia, tuttavia, chi sostiene che effettivamente la questione della fede non abbia assunto alcun tipo di ruolo. Un profiler non deve mai dimenticare due principi quando si approccia allo studio di un fascicolo. Il primo: uccidere rappresenta per l’assassino di turno il modo per risolvere un problema. Non importa che cosa rappresenti per gli altri quel problema. O che si tratti di qualcosa di futile o irrilevante. Ciò che conta davvero è solo il punto di vista dell’assassino. L’altro principio è che la scena del crimine è sicuramente una forma di comunicazione tra l’assassino e la vittima. In attesa dei risultati scientifici, noi sappiamo che per mesi Louis Dassilva e la nuora di Pierina hanno continuato a scambiarsi messaggi proprio nel luogo in cui si è consumato il delitto. Dassilva al momento è l’unico indagato per l’omicidio della Paganelli. Il movente però può davvero essere solo sentimentale? Follow the money.