È stato ribattezzato “Qatar gate” lo scandalo che si è abbattuto sul Parlamento europeo, quello che potrebbe diventare il più grande caso di corruzione della storia dell’istituzione (anche se al momento la corruzione è solo presunta). L’inchiesta è portata avanti dalla Procura federale del Belgio, ma riguarda anche e soprattutto diversi italiani.
Le ipotesi accusatorie sono di associazione a delinquere, riciclaggio di denaro e corruzione da parte di uno Stato del Golfo. Il nome non è stato fatto esplicitamente dai magistrati, ma la stampa locale ha individuato nel Qatar il Paese in questione: l'obiettivo sarebbe stato quello di “influenzare decisioni economiche e politiche del Parlamento europeo” attraverso “grandi somme di denaro” e “importanti regali a parti terze con un ruolo politico e/o una posizione strategica dentro il Parlamento europeo”. Qatar che, non certo a sorpresa, respinge “categoricamente” ogni tentativo di “associarlo ad accuse di cattiva condotta”, con Doha che assicura di operare sempre “nel pieno rispetto delle leggi e dei regolamenti internazionali”.
L’indagine coinvolge in particolare il gruppo dei Socialisti. La polizia belga ha perquisito varie abitazioni e ha fermato una delle vice presidenti dell’assemblea parlamentare (la deputata socialista greca Eva Kaili, espulsa dal suo partito – il Pasok – e sospesa dal Pse e dalla carica di vicepresidente del Parlamento), il suo compagno italiano Francesco Giorgi (collaboratore dell’eurodeputato Pd Andrea Cozzolino), l’ex eurodeputato Antonio Panzeri, il segretario generale della Confederazione internazionale dei sindacati (Ituc) Luca Visentini (poi rilasciato con condizioni) e il segretario generale della ong “No peace without justice” (fondata da Emma Bonino nel 1993) Niccolò Figà-Talamanca.
Le perquisizioni avrebbero permesso di sequestrare 600 mila euro in contanti, di cui 500 mila nella casa di Panzeri. E proprio la ong riconducibile a Panzeri, Fight Impunity (nata nel 2019 dopo la fine del terzo mandato da europarlamentare eletto con il Pd e ospitata nella sede di No Peace Without Justice, con la quale avrebbe cooperato), sarebbe al centro dell’inchiesta. Stando a quanto riferisce Il Foglio, “Panzeri avrebbe usato le sue conoscenze accumulate in quindici anni al Parlamento europeo per promuovere gli interessi del Qatar, impegnato da tempo in una campagna per migliorare la sua immagine in vista della Coppa del mondo e per ragioni geopolitiche”.
Le posizioni pro Qatar di vari membri del gruppo dei Socialisti & Democratici sono emerse tra le altre cose nel dibattito e nella votazione su una risoluzione sulle violazioni dei diritti umani in vista della Coppa del mondo, in un'audizione del ministro del lavoro qatariota alla sottocommissione dei diritti umani e nel voto in commissione sulla liberalizzazione dei visti per il Qatar.
“I Mondiali in Qatar – ha detto per esempio Kaili nell’ultima sessione plenaria sul tema della Coppa del mondo – sono l’esempio concreto di come la diplomazia dello sport possa portare a una trasformazione storica di un paese, le cui riforme ispirano il mondo arabo. Eppure alcuni qui chiedono che siano discriminati, li bullizzano e accusano di corruzione chiunque parli con loro. Però comprano il loro gas e hanno compagnie che in Qatar fanno miliardi. Non abbiamo il diritto morale di fare lezioni per andare a caccia dell’attenzione dei media”.
Per il commissario europeo agli affari economici Paolo Gentiloni “se qualcuno ha preso soldi per influenzare l’opinione del Parlamento europeo sarebbe una delle più drammatiche storie di corruzione degli ultimi anni”. Secondo vari commentatori l’inchiesta potrebbe allargarsi e coinvolgere anche altre figure, visti gli stretti rapporti con alcuni degli arrestati. Indiscrezioni parlano anche di possibili soldi dal Marocco. C’è però chi come Nicola Porro invita alla cautela: “Ho già visto troppi casi del genere finire nel nulla”, le parole del giornalista e conduttore durante la sua Zuppa. Un invito al garantismo anche questo si tratta dei solitamente “manettari” esponenti di sinistra. Per il ministro della giustizia Carlo Nordio, tuttavia, posto che occorre attendere l’esito delle indagini, “la flagranza del reato e il possesso di fondi enormi ingiustificati affievoliscono il caposaldo della presunzione di innocenza” (dichiarazioni rese al Corriere).