Cosa è accaduto davvero a Emanuela Orlandi? Sono trascorsi più di quarant’anni dalla sua scomparsa, da quel caldo pomeriggio d’estate del 1983 in cui si persero le sue tracce. Piste, misteri e storie intrecciate. Sulla sparizione di Emanuela, quindicenne cittadina vaticana, è stato detto tutto e il contrario di tutto. La criminologa Anna Vagli na he parlato con Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, durante il Festival del Giallo che si è tenuto a Pistoia, che ci ha raccontato quello che potrebbe essere stato il coinvolgimento della criminalità organizzato nella scomparsa di sua sorella: “La Banda della Magliana non ha avuto un ruolo nella vicenda di Emanuela, il boss Enrico De Pedis era una persona a parte. Lui voleva salire di livello, aveva contatti con il Vaticano”.
Quando c’è una vittima si parte quasi sempre dalla fine della storia, e in questo caso si parla della scomparsa di Emanuela. Ma chi era davvero Emanuela?
Chi eravamo noi. Cittadini vaticani, abitavamo in Vaticano. La Santa Sede è un ambiente particolare, sicuramente noi abbiamo passato un infanzia bellissima e fortunata. Vivevamo in una sorta di bolla, ci sentivamo le persone più protette al mondo, sicuramente le più ingenue del mondo. Pensavamo che non esistesse il male. E forse proprio questa ingenuità ha fatto si che succedesse quella cosa a Emanuela, che era una ragazza come le altre. È cambiato tutto, in un attimo siamo passati in una vita parallela, ho iniziato a vedere tutto sotto un’altra prospettiva.
Cosa pensavate le fosse successo?
Si pensano le cose più brutte. Ho fatto cose che non avrei mai pensato, andare in giro di notte a cercarla. In un minuto ti venivano in mente diecimila cose, andavo a guardare tra i cespugli con la paura di trovarla morta. E così è andato avanti per giorni, fino al 3 luglio.
Il giorno dell’appello di Giovanni Paolo II durante l’Angelus.
Per noi è stato importante, perché il Papa voleva sapere cosa era successo a Emanuela, faceva appello ai responsabili. Con questo bollettino si parlava per la prima volta di sequestro di persona.
In tutti i casi di scomparsa le prime ore sono fondamentali per una risoluzione positiva. La vicenda di Emanuela è stata presa sotto gamba, addirittura quando siete andati a fare la denuncia vi è stato detto che Emanuela non era tanto “bellina”, e che probabilmente si era allontanata volontariamente.
La sera stessa della scomparsa di Emanuela la denuncia non è stata accettata. Ci dissero che era troppo presto, che probabilmente era andata con degli amici a mangiare una pizza e che si era dimenticata di avvertite. Poi ci dissero, magari per tranquillizzarci, che non gli sembrava neanche una bella ragazza e che quindi potevamo non preoccuparci.
Ancor prima del comunicato del Papa c’è la testimonianza di monsignor Vigano, che ha fatto sapere che ancor prima di chiamare casa Orlandi, era arrivata una telefonata in Vaticano che avvertiva che Emanuela era stata rapita.
Questa notizia è arrivata tre anni fa, oltre trentacinque anni dopo la scomparsa di Emanuela. Il Papa era stato avvisato dell’accaduto mentre si trovava in Polonia, questo fatto mi ha sempre colpito. E adesso ho capito perché.
Cosa è accaduto?
Si trovavano tutti in Polonia, a Roma erano rimasti solo due monsignori: Vigano e Sandri. Vigano ha raccontato che la sera della scomparsa erano stati contattati da monsignor Panciroli, responsabile della sala stampa vaticana, dicendo che era arrivata una telefonata al centralino del Vaticano girata poi alla sala stampa. Il senso della telefonata era questo: “Abbiamo rapito Emanuela Orlandi”. Quindi la sala stampa avvisa Panciroli in Polonia, che a sua volta chiama la segreteria di stato. All’orario in cui arrivò la telefonata, tra le otto e le nove di sera, noi ancora non avevamo dato l’allarme. Loro hanno capito dalla sera stessa che era una cosa grave, ma non l’hanno mai detto.
Con le lenti di oggi, cosa ha rappresentato la visita a casa vostra di Giovanni Paolo II? Veramente un fummo negli occhi oppure la volontà di aiutare seppur nascondendo la polvere sotto al tappeto?
Noi ovviamente quel giorno l’abbiamo presa come una cosa bellissima. Il Papa che viene a casa nostra per dirci che lui avrebbe fatto quanto più di umanamente possibile per arrivare a una soluzione positiva: “Quello di Emanuela purtroppo è un caso di terrorismo internazionale”. In Vaticano c’era gente che sapeva, e che ha permesso che noi ci illudessimo.
Qual è stato secondo te il ruolo di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, nella scomparsa di Emanuela?
La Banda della Magliana non ha avuto un ruolo nella vicenda di Emanuela, De Pedis era una persona a parte. Lui voleva salire di livello, aveva contatti con il Vaticano. De Pedis ha avuto un ruolo di manovalanza, gli è stato chiesto un favore.
Ho ascoltato le parole di Sabrina Minardi, amante di De Pedis, nella serie Netflix Vatican Girl. Io leggo il linguaggio del corpo e decodifico i segni della menzogna. In certi passaggi del suo racconto è sincera.
Probabilmente come dice la Minardi in cambio di questo favore De Pedis non ha chiesto soldi, ma benefici futuri, questioni di potere. Dietro la scomparsa di Emanuela c’è un legame tra stato, chiesa e criminalità. De Pedis è stato sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare, che faceva parte dello stesso plesso dove c’era la scuola di musica di Emanuela. Infatti il rettore di quella scuola, monsignor Vergari, è stato indagato per concorso in sequestro di persona. De Pedis e il monsignore si conoscevano molto bene, fu lui che alla morte del boss fece richiesta al vicario di Roma, Poletti, di sposatare il corpo di De Pedis dal Verano alla Basilica. La tomba, monumentale, è stata fatta dagli stessi marmisti che si occupano delle tombe dei papi. E lo stato dov’era? Nella scuola di Emanuela c’era l’ufficio di Oscar Luigi Scalfaro, che poi diventò Presidente della Repubblica. Scalfaro era amico di Poletti e Vergari, e tutti e tre conoscevano De Pedis.