Concetta Serrano, la mamma di Sarah Scazzi, in un’intervista rilasciata ai microfoni della trasmissione Mediaset Quarto Grado, ha deciso di rispondere a Michele Misseri: “Con il suo comportamento è come se mia figlia avesse ricevuto una giustizia a metà, deve finirla di fare il pagliaccio”. Si dice anche essere disposta a un confronto: “Mi deve dire cosa è successo quel giorno, cosa ha provato in quel momento. Dobbiamo mettere un punto fermo a questa verità che non vuole dire”. E non sbaglia. Senza alcun rispetto per la nipote che ha perso la vita in maniera barbara per mano di sua moglie e di sua figlia. Preso di mira dalla satira, dal mondo social e dalla gente comune, tutti almeno una volta abbiamo macabramente borbottato: “Ho stato io con lu trattore!”. Sono passati anni dalla morte di Sarah, ma lo zio nazionale, con la sua casa dei misteri, non smette ancora di far parlare di sé. Anche una volta uscito dal carcere. Evidentemente la rieducazione è servita a poco. A questo punto, come dice Concetta, parlasse con cognizione di causa. Raccontasse per filo e per segno che cosa è accaduto quel maledetto 26 agosto 2010. Partendo sempre dal presupposto che per giudicare una storia dagli “sfondi noir” esistono i magistrati e le sentenze. E tre gradi di giudizio hanno parlato forte e chiaro. Al di là dell’Assise, quello spregiudicato organo giudicante formato da tutti noi che spunta quando una disgrazia va oltre la cronaca. Adesso chiudete gli occhi e provate a immaginare una stella a cinque punte. Raffiguratevi a ogni vertice i protagonisti del delitto di Avetrana. Collocate ancora mentalmente la stella in un universo che si espande da uno dei suoi vertici, quello corrispondente a Russo, originando così un “cosmo ivanocentric”. Solo così vi renderete conto come verità e bugie siano ruotate intorno alle lancette dell'orologio che ha scandito il tempo della tragedia.
Cominciamo da loro, dalle cugine Sabrina e Sara. La prima, diciamocelo, non proprio rispondente ai canoni estetici della cugina. Incredibilmente fragile, insicura e rifiutata da Ivano, quel "Dio Ivano" tanto osannato da infiammare le notti della ragazza di Avetrana. Proprio lui, che più volte l’aveva respinta. Come se il Russo fosse il Bradley Cooper di ieri sera alla notte degli Oscar. Proprio quell'Ivano che, per tutti e tre i gradi di giudizio, è stato riconosciuto come l'ago della bilancia in questo dramma senza fine. Al vertice opposto si trova invece Sarah. Bionda e nel fiore degli anni. Graziosa e leggiadra, tanto magra da diventare un'ossessione per la cugina. Sarah si era trasferita ad Avetrana soltanto da qualche tempo, dopo che i rapporti tra sua madre, Concetta Serrano, ed il padre, si erano irrimediabilmente incrinati. La ragazzina trascorreva le sue giornate estive a casa Misseri, regno di quella sorella maggiore che non aveva mai avuto. Poi c'è lui, lo zio Miché. Quello zio che per salvare la famiglia, in un valzer di confessioni e ritrattazioni, ha maldestramente tentato di addossarsi ogni colpa della morte di Sarah. Lo stesso Michele succube delle due matrone al punto da ridursi a dormire su una sdraio e a mangiare con le mani. Come se fosse uno scappato di casa. O l’ultima ruota del trattore, come abbiamo ribadito. Ma a chiudere il cerchio familiare c'è Cosima Serrano, la matriarca che Stephanie Forrester scansati. La donna che niente perdona.
Arriviamo così dritti a Ivano, il bello di Avetrana, capace di far girare la testa alle donzelle del paese. Fascinoso quanto dannato era agli occhi di Sabrina che, pur di elemosinare qualsiasi tipo di attenzione, era arrivata a inviare al prestante amico ben 4500 messaggi giornalieri. Sullo sfondo di questo spettacolo horror “made in sud”, l’insistenza di Misseri è un oltraggio alla memoria. Sarah non c’è più, ma sua madre Concetta merita di sapere la verità. Eppure, l’ex bracciante agricolo continua come può a propinare menzogne. La personalità di Sabrina è emersa in tutti e tre gradi di giudizio: fredda e spregiudicata calcolatrice, spietata a tal punto da indirizzare le indagini verso piste fasulle e fuorvianti. Innumerevoli interviste rilasciate a televisioni nazionali e locali, finti appelli e lacrime di coccodrillo, alibi perfettamente costruiti nei concitati momenti successivi all'omicidio, hanno cristallizzato la verità processuale nella profonda invidia che Sabrina nutriva nei confronti della bella Sarah. Quella cuginetta che rubava le attenzioni del “suo” Ivano. Quella cuginetta rea di aver raccontato in giro l'ultima "notte interrotta". Già, perché qualche sera prima dell'omicidio, Ivano aveva respinto per l'ennesima volta Sabrina, nonostante questa si fosse strappata di dosso i vestiti nella speranza di consumare un rapporto sessuale. Insomma, la reputazione della Misseri si era andata a far benedire ed in Paese non si parlava proprio d'altro. La stessa Misseri, la sera prima del tragico epilogo, si era lasciata sfuggire confidenze alle amiche sul rancore e la rabbia che le attanagliavano l'anima. Infondo, Sarah l'aveva esposta al pettegolezzo di borgata. L'umiliazione di essere respinta nuda mischiata alle dicerie paesane ha irrimediabilmente fatto "salire il crimine" alla Misseri. Tornando all'incipit, vi invito ad una riflessione. Avete mai sentito un assassino ammettere le sue colpe? Da Salvatore Parolisi a Massimo Bossetti, passando per Cosima e Sabrina Misseri. Quando qualcuno confessa un delitto efferato, preoccupatevi. Sicuramente non è il responsabile. Erba e Avetrana docet.