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Cosa c’è nella mente di Giorgia Meloni? Lo abbiamo chiesto allo psicologo dopo la vicenda del padre narcotrafficante e di sinistra

  • di Gianmarco Aimi Gianmarco Aimi

30 settembre 2022

Cosa c’è nella mente di Giorgia Meloni? Lo abbiamo chiesto allo psicologo dopo la vicenda del padre narcotrafficante e di sinistra
Lui comunista, ateo, che ha lasciato la famiglia ed è stato condannato per traffico internazionale di droga. Lei di destra, cattolica, per la famiglia tradizionale e proibizionista sulle sostanze stupefacenti. Non sarà che la personalità di Giorgia Meloni deve molto al padre, anche se l’ha abbandonata piccolissima e i rapporti si erano interrotti quando quella che sarà la prima donna premier aveva solo 11 anni? Lo abbiamo chiesto allo psicologo Matteo Merigo che ci ha parlato di “rimozione e formazione reattiva”, dopo il caso esploso sulla stampa spagnola di Francesco Meloni

di Gianmarco Aimi Gianmarco Aimi

Fa discutere e scatena riflessioni e retropensieri, la vicenda del padre di Giorgia Meloni riportata a galla dalla stampa spagnola: ventisette anni fa, nel 1995, in Spagna, Francesco Meloni, è stato condannato a nove anni di reclusione per narcotraffico. Il padre di Giorgia l’aveva sostanzialmente abbandonata, trasferendosi negli anni Ottanta alle Canarie e la Meloni disse di non aver provato nulla alla notizia della morte del genitore: “Né odio né dispiacere. […] Non provai nulla. Era come se fosse morto un personaggio della tivù, solo questo. Vuol dire che qualcosa di profondissimo si è scavato nell’inconscio di una bambina. E questa sì che è una cosa che mi fa arrabbiare”. Lui comunista, ateo, che abbandonò la famiglia e venne condannato per narcotraffico. Lei di destra, cattolica, per la famiglia tradizionale e proibizionista sulle sostanze stupefacenti. Non sarà che la personalità della prima donna premier deve tanto, anche inconsciamente (e per reazione), a quel padre mai amato? Cosa può essersi scavato in questo inconscio? Lo abbiamo chiesto allo psicologo Matteo Merigo.

Mettiamo da parte per un attimo Giorgia Meloni. Se fosse una persona normale, non famosa, come definirebbe il suo profilo? Il padre comunista, ateo, che abbandona la famiglia quando lei è piccola e che viene condannato per traffico di droga. E lei che cresce di destra, cattolica, difende la famiglia tradizionale ed è fortemente proibizionista sulle droghe?
Tutti noi siamo governati da meccanismi che, in qualche modo e qualche forma, tutelano il nostro Io da contenuti angosciosi o da situazioni che possono lacerare la nostra integrità. Questi meccanismi, che si chiamano meccanismi di difesa, si formano in tenera età e poi subiscono trasformazioni nel corso del tempo, perché con lo sviluppo, alcuni di questi cessano di esistere o semplicemente diventano obsoleti. Per esempio, il bambino che dice “non sono stato io” quando in realtà è stato lui, utilizza il meccanismo di difesa del diniego. Man mano che il bambino cresce, questo meccanismo tenderà ad essere abbandonato per far strada all’assunzione di responsabilità. Questo concetto è vero ma solo in parte. Se per il futuro adulto, il contenuto angoscioso è più forte rispetto alla presa di coscienza, il meccanismo del diniego verrà ancora utilizzato. Nel suo caso, se ovviamente la realtà è quella descritta, si presentano due meccanismi che si attivano in giovane età. Anzitutto la rimozione, meccanismo automatico e inconscio mediante il quele l’Io rimuove dalla coscienza pezzi di vissuto che possano generare dolore e in seguito la formazione reattiva, dove il contenuto angoscioso viene sostituito attraverso l'assunzione di atteggiamenti e comportamenti coscienti, che sono totalmente opposti al contenuto psichico che è stato inconsciamente rimosso.

Questo tipo di reazioni che influenzano la formazione della personalità hanno altri aspetti interessanti?
Diciamo che la formazione reattiva si muove su binari molto rigidi. Se la situazione A mi ha generato dolore, vivrò in funzione di Z, ovvero il suo opposto e quindi disconoscendo qualsiasi cosa sia legata a A: dalla morale, agli atteggiamenti, fino ai piccoli elementi che in qualche modo e forma, richiamino A. Facendo un esempio allargato, se la mia famiglia è comunista e la cosa mi crea dolore, divento fascista. Se la mia famiglia è fascista, divento comunista. Consideriamo che questa situazione, soprattutto negli ideali politici (che poi diventano anche stili di vita), non sono rari negli adolescenti che muovono la ribellione all’interno della famiglia. Il problema, se possiamo definirlo così, è nel binario. Per me la situazione A è il prototipo del dolore? Combatterò contro A e contro tutte le persone che hanno le caratteristiche di A, non facendo distinzione tra chi delinque e chi si rivede in determinati ideali: butto tutto in un calderone.

giorgia meloni

La stampa spagnola la accusa di “amnesia selettiva”, avendo ricordato nell’autobiografia gli incontri con il padre anche dopo la fuga dalla famiglia, persino che alla notizia della sua morte lei non provò dolore, ma ha dimenticato l’aspetto della condanna per traffico di stupefacenti. Se non fosse stata una mossa di comunicazione, potrebbe essere davvero un trauma rimosso?
Al di là delle comunicazioni politiche, che ormai abbiamo imparato essere sempre presenti anche quando le campagne elettorali sono concluse, con vittorie e sconfitte decretate, da un punto di vista puramente psicologico considerando anche le cronologie dei fatti, il meccanismo della rimozione che ti ho descritto sembra essersi mosso. Poi sappiamo tutti che in politica, più la tua immagine rimane vergine, più consensi riesci a recuperare. Ma queste sono le regole del gioco del potere.

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