Alla fine sembra che John Elkann sia riuscito nell’intento di unificare i regni che rappresentano la storia passata e quella recente della dinastia degli Agnelli. Da una parte la Francia, più precisamente l’Alsazia, luogo delle radici nel quale gli Elkann operavano nel settore dell’acciaio, dall’altra l’Italia, centro dell’impero economico costruito attorno all’automobile. Questo era, nelle premesse che accompagnavano la fusione tra Fca e Psa, l’obiettivo simbolico del patron di Stellantis. Oggi possiamo dire che Elkann è riuscito ad unire Italia e Francia, ma lo ha fatto nell’inquietudine che le accompagna per quanto riguarda il futuro del gruppo automobilistico e dei suoi dipendenti. Non sono solo le nostre Mirafiori, Melfi e Pomigliano a lamentare una produzione a picco e l’assenza si un piano industriale. Nello stabilimento di Poissy, nell’Ile de France a 30 chilometri da Parigi, sindacati e lavoratori temono la chiusura degli impianti in cui si producono DS 3 e Opel Mokka: “La direzione si sta preparando a tagliare drasticamente la produzione a settembre, con la perdita di un gran numero di posti di lavoro. Non sono stati annunciati altri veicoli e nemmeno nuove attività industriali”, aveva detto circa un mese fa il sindacalista Jean-Pierre Mercier, nel corso di uno sciopero indetto dalla catena di montaggio.

Anche in Francia, Stellantis non sembra mai essere ripartita dopo la separazione dall’amministratore Carlos Tavares. In effetti, un nuovo ad al momento non c’è, e la carica è ricoperta ad interim dallo stesso Elkann. A pensarci oggi, i piani del portoghese e l’impegno di produrre il 100 per cento di auto elettrice entro il 2030 sembrano appartenere ad un’altra epoca. La brusca frenata sulla transizione iniziata per la verità dopo l’elezione europee dello scorso anno e concretizzatasi con l’avvio negli Stati Uniti dell’amministrazione di Donald Trump, contraria alle politiche green, ha lasciato Stellantis senza una strada da seguire: “In questi mesi – scrive il Corriere della Sera – ci sono stati alcuni segnali incoraggianti, come la ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato in Francia, o il sorpasso di Stellantis a scapito di Toyota nella prima posizione in Europa per le auto ibride vendute. Ma ci sono anche le nuove difficoltà legate ai dazi decisi da Donald Trump, e un profondo ripensamento della strategia Tavares”. Ecco perché in Francia si annaspa senza che vi sia uno straccio di piano per il futuro. Il futuro, anzi, sembra tutt’altro: poco tempo fa si era sparsa la notizia dell’interessamento del Paris Saint-Germain per l’area di Poissy, dove la proprietà qatariota di Nasser Al-Khelaïfi vorrebbe costruire un nuovo, modernissimo stadio. Uno scenario, che, se dovesse diventare realtà, sancirebbe anche uno smacco simbolico indelebile.

A pagarne il prezzo più alto, nemmeno a dirlo, sarebbero gli operai che, in Francia come in Italia vivono nell’ansia di nuovi tagli e ridimensionamenti. E quando ancora lavora non va meglio, a giudicare dal caso dell’operai a cui, nel febbraio 2017, fu negata la possibilità di andare in bagno durante il turno di lavoro. L’uomo se la fece addosso, senza che gli venisse data la possibilità di cambiarsi i vestiti. La vicenda suscitò ovviamente grande scalpore e arrivò in tribunale, dove a dare ragione al lavoratore fu prima il tribunale di Lanciano e poi, in secondo grado la Corte d’Appello dell’Aquila. Fino all’ultimo verdetto emesso della Cassazione, che ha dato seguito alla tesi della “lesione alla dignità personale verificatasi sul luogo di lavoro” enunciata in primo grado. Una sentenza che chiude un caso tremendamente esemplificativo della situazione che accompagna Stellantis e i suoi lavoratori.
