A farne le spese è anche l’industria di casa nostra, dove è il capitolo Stellantis a dominare. Il gruppo italo-francese ancora orfano di un amministratore delegato dopo la cacciata di Carlos Tavares e attualmente nelle mani del plenipotenziario John Elkann ha annunciato mille nuovi licenziamenti. Dopo i trecento esuberi a Pomigliano e i cinquanta a Pratola Serra, a Termoli, dove il progetto della gigafactory motore dell’elettrico europeo non è mai decollato, sono stati tagliati altri duecento posti. A Melfi l’azienda ha invece comunicato l’uscita volontaria di altri cinquecento lavoratori. Lo stabilimento lucano in cui Stellantis ha promesso di far arrivare la produzione della nuova Jeep Compass (in versione elettrica, ibrida e mild hybrid), della DS7 e della Lancia Gamma a partire dal 2026 è quello in maggior sofferenza: “la produzione nello stabilimento lucano è crollata sotto le diecimila unità nel primo trimestre del 2024, con un calo del 64,6 per cento rispetto all’anno precedente”, scrive La Verità. Un trend che non potrà che avere ricadute sui livelli occupazionali, assicurano dai sindacati. Tutto questo mentre Stellantis guarda a contesti produttivi più favorevoli, come ad esempio la Serbia, dove ha raddoppiato il personale per costruire la Grande Panda ibrida ed elettrica. L’altro orizzonte sono gli Stati Uniti, dove l’impatto dei dazi si è fatto sentire soprattutto sugli stabilimenti in Canada e Messico, con ricavi in discesa del 14 per cento nel primo trimestre del 2024. Negli scorsi giorni Elkann aveva rilasciato un’intervista insieme all’amministratore delegato di Renault, Luca de Meo, in cui chiedeva all’Unione europea di fare qualcosa per salvare il settore entro l’anno: “Il 2025 è un momento cruciale. L’Europa deve scegliere se vuole ancora essere una terra di industria automobilistica o un semplice mercato. Tra cinque anni, a questo ritmo di declino, sarà troppo tardi. Il destino dell’industria auto europea si gioca quest’anno”, aveva detto a Le Figaro. Ma Bruxelles sembra arrancare nel fornire un apparato legislativo capace di consentire un rilancio industriale del settore. Nel frattempo, Elkann punta a fare cassa laddove sa che oggi l’Europa è sensibile: la difesa. Leonardo e la tedesca Rheinmetall hanno infatti presentato un’offerta non vincolante per acquisire Iveco Defence Vehicles, la divisione di mezzi militari di Iveco che si occupa, tra le altre cose, di intelligenza artificiale e software avanzati. Leonardo, il cui principale azionista è il governo, è in trattativa con la società del gruppo Exor dallo scorso anno, ma le parti non hanno ancora raggiunto un accordo sul prezzo. “Nelle scorse settimane era circolata la notizia che Iveco valutava la cessione della divisione con l’obiettivo di raccogliere fino a 1,5 miliardi grazie al contesto di crescente domanda per gli asset militari”, scrive il Fatto Quotidiano.

Se l’Unione europea attende un incontro con Trump per provare ad arrivare ad un accordo sui dazi – che nel frattempo ha raggiunto il Regno Unito, mentre in Giappone Toyota si è vista costretta a tagliare le stime per il 2025 di un clamoroso 35 per cento, 21 miliardi di dollari in meno – si deve guardare anche dalla concorrenza cinese, che oggi ha un’arma in più se si parla di automotive. Non più, infatti, soltanto l’elettrico ma anche il motore endotermico. Lo rivelano alcuni dati forniti da Bloomberg, secondo cui a inizio 2025 i veicoli elettrici cinesi avrebbero perso slancio in Europa, complice l’imposizione di tariffe più alte da parte di Bruxelles. Ma nello stesso periodo il numero di auto a marchio cinese registrate nel continente ha superato del 150.000 unità, un picco storico a marzo. Di queste, solo il 30 per cento era elettrico, “la percentuale più bassa da inizio 2020”, scrive La Verità. I dazi europei che hanno attutito la competitività inarrivabile della auto esportate da Pechino, hanno però spinto i produttori cinesi a virare sull’endotermico e sull’ibrido, non interessati dall’argine eretto a Bruxelles. Lo testimoniano i dati di Byd, colosso cinese leader nell’elettrico, le cui vendite di ibridi plug-in sono aumentate nel Ue e nel Regno unito. La cinese Mg – un tempo inglese – ha venduto quasi 47.000 auto ibride, plug-in e a combustione interna nei paesi dell’Ue nel primo trimestre, più del doppio rispetto all'inizio del 2024, mentre le vendite delle elettriche si sono dimezzate: “Quello che è certo – continua La Verità – è che i produttori europei come Volkswagen e Stellantis (che stanno puntando forte sulle ibride) ora stanno scontando una concorrenza serrata. A marzo, le aziende cinesi del settore hanno raggiunto il 5,2 per cento di tutte le vendite di auto in Europa, superando per la prima volta la soglia del 5 per cento”.
