Brian Thompson è l’amministratore delegato di UnitedHealthcare (di UnitedHealth Group), il più importante gruppo assicurativo del settore sanitario statunitense. Era, per almeno due ragioni. La prima: mercoledì 4 dicembre è stato ammazzato da un ragazzo con una pistola e silenziatore davanti al New York Hilton Midtown di Manhattan. La seconda: probabilmente avranno già scelto il suo successore. A ucciderlo un italo-americano, Luigi Mangione, bello, fisicato, che studiava in una delle università della Ivy League, l’Università della Pennsylvania. 26 anni, ingegnere, l’ultima residenza a Honolulu (Hawaii). La notte prima dell’omicidio ha dormito in albergo, dopo l’omicidio probabilmente è andato ad Altoona, a quattrocento chilometri da Ny, dove è stato arrestato a distanza di sette giorni. Lo ha fregato un commesso del McDonald’s in cui si trovava.
Sul web scrivono: è stato fregato da un vizio tipico degli italiani, anche in fuga dopo un crimine si è fermato a provarci con una commessa. Nel frame delle riprese della videosorveglianza, in effetti, ride. E perché non dovrebbe, ha chiesto scusa per “per i traumi creati”, ma, continua, “andava fatto, bisognava eliminare questo parassita…” Non si pente. Addosso aveva dei documenti falsi e un libro, il cosiddetto “manifesto di Unabomber”, il matematico Theodore Kaczynski, diventato un’icona anarco-primitivsta e anarchica in generale, bombarolo e qualcosa in più, un marginalizzato, per altri un profeta. Anche per il “killer di New York”, lo chiamano così sul Corriere. Mangione aveva dato 4 stelle su Goodreads a La società industriale e il suo futuro: “È facile liquidarlo in modo rapido e sconsiderato come il manifesto di un pazzo, per evitare di affrontare alcuni degli scomodi problemi che identifica. Ma è semplicemente impossibile ignorare quanto lungimiranti si siano rivelate molte delle sue previsioni sulla società moderna. Era un individuo violento, giustamente imprigionato, che mutilava persone innocenti. Mentre queste azioni tendono a essere caratterizzate come quelle di un luddista pazzo, tuttavia, sono più correttamente viste come quelle di un rivoluzionario politico estremo”.
Il Manifesto di Unabomber è stato pubblicato decine di volte, sia in Italia che all’estero. Ma chi lo ha detto che all’anarchismo non serve cura filologica? D Editore ha fatto il lavoro sporco di chi, al posto delle bombe, ha i libri. Tradotto e curato da Emmanuele J. Pilia e Mattia Pinna, La società industriale eccetera è stato pubblicato con note, appendici e una breve introduzione quest’anno. Pochi mesi dopo esce, a cura di Emmanuele J. Pilia (che è anche l’editore), Colpisci dove più fa male, la raccolta del lavoro decennale di Kaczinski, la sua ruminazione, la malattia mortale di una mente che non ha mai buggato. Questo non significa, ovviamente, che sia bello uccidere, colpire dove fa più male. Non lo dice Mangione, che ha ucciso un uomo a sangue freddo in strada con un’arma che aveva ancora addosso al momento dell’arresto, non lo diciamo noi. Ma c’è per Mangione una differenza, evidentemente, tra le vittime di Unabomber e la sua. Primo: per lui Thompson non era innocente. Secondo: non ha ucciso indiscriminatamente e forse proprio per questo parleranno solo di un omicidio, niente di più. Mentre Unabomber ha davvero colpito dove faceva più male, nel mucchio, Mangione ha preferito agire con “geometrica potenza”, definizione realistica e priva di giudizio (all’apparenza) che Franco Piperno diede delle azioni delle Brigate Rosse.
I nostri standard morali ci impediscono di apprezzare un omicidio, eppure qualcuno è contento di quanto avvenuto. Azioni sbagliate, idee giuste. Per alcuni anche semplicemente idee e azioni giuste. Qualcuno, più avanti, pensa: azioni e idee giuste, ma obiettivo sbagliato. Poi ci sono quelli che credono di poter associare la morte di Thompson a una pura vendetta personale di Mangione, che pare fosse arrabbiato perché alcuni suoi parenti non avevano ricevuto delle cure necessarie. Ci sembra utile per poter costruire il quadro psichiatrico dell’assassino. È comodo, è facile. È anche buon senso, perché nessuno guarda il mondo da una bolla, neanche chi uccide, neanche chi scrive. Abbiamo bisogno di un ritratto dell’assassino da giovane. Per questo Kaczynski sparì dai radar: nella nostra società la sovrasocializzazione, cioè quel fenomeno, spiega Kaczynski, che porta i bambini nella fase dell’apprendimento a “pensare e agire come esige la società” (frammento 24), la gente vive anche di immagini. Sapete chi, soprattutto? Gli accademici. Come spiegato in nota nell’edizione di Pilia e Pinna, per Kaczynski, vista anche la sua esperienza, il corpo accademico era lo “spezzone maggiormente socializzato del sistema industriale” e citano un altro brano di Kaczynski: “Gli intellettuali (con alcune eccezioni) sono il gruppo più sovrasocializzato, più conformista, più addomesticato, più viziato, più dipendente e più senza spina dorsale dell’America di oggi”. Questo per dire: non credete ai giornali, ai ritrattoni pietosi che cercano nella biografia qualche trauma per spiegare quanto avvenuto. Gli intellettuali di oggi quello vogliono e i giornalisti spesso scimmiottano.
Mangione ce l’aveva con il sistema sanitario americano, con quella forma di capitalismo che in Italia Bifo Berardi ha definito “necrocapitalismo”, non più alienante ma annichilente, annientante. Per capirlo bisogna leggere Povertà, in America di Matthew Desmond (La Nave di Teseo, 2024). Il punto fondamentale? La povertà fa bene ai ricchi. Faceva ridere il titolo di un libro uscito di recente in Italia, Aporofobia: Il disprezzo dei poveri (Timeo, 2024) ma è quella roba lì. Mangione ha fatto esperienza, anche se probabilmente non in modo diretto, del disprezzo per i poveri, che in America si traduce, per Desmond, in uno stato di quiescenza che permette ai benestanti, alla classe media con sicurezze economiche, di convivere con i più poveri convincendosi che la colpa della miseria non sia loro. È il sistema che ti frega, ti dicono. Poi sono parte del sistema (e Kaczynski li faceva saltare in aria). Mangione ha fatto quel che dice Kaczynski: “Sarebbe meglio abbandonare questo sistema marcio e prendersi le conseguenze di un cambiamento” (frammento 179). È anche uscito fuori dal meccanismo, quello che Kazcinski aveva preconizzato: a società degli individui docili, meccanizzati, “sempre più simili alle cellule di un meccanismo” (frammenti 175). Qualcosa che ha a che fare pericolosamente con l’idea di società che Raoul Vaneigem vedeva nel futuro prossimo: “(come se non fosse ovunque stabilito che il capitalismo è lentamente portato a compimento da un'economia pianificata di cui il modello sovietico non sarà stato che un primitivismo)” (Trattato di saper vivere ad uso delle nuove generazioni). Questa sovietizzazione della società capitalista (che è il controcanto occidentale alla capitalizzazione/liberalizzazione della società comunista cinese) è un meccanismo rotto che assorbe tutto ma non aliena più. Annichilisce. Tu sei qui, con i tuoi disturbi mentali, con la depressione, con il tuo pessimismo, ma sempre presente. La tua malattia è presente. Si potrebbe dire che essere presenti è essere la propria malattia in questo tempo.
Così l’amministratore delegato di un gruppo assicurativo nel settore della sanità non è solo un uomo che non ha permesso ai tuoi parenti di curarsi, un evento estemporaneo, puntuale, delimitato nel tempo. No. L’uomo a capo del più importante gruppo di assicurazione sanitaria degli Usa è letteralmente colui che tiene in mano la tua vita, non solo fisica, medica, naturale, ma la tua presenza nel mondo – usiamo una terminologia hegeliana: autocoscienza. Thompson è morto e molti considerano un eroe Mangione, o un uomo giusto che ha compiuto scelte sbagliate (e così via), perché gli individui, a volte, possono voler tornare presenti. In una forbice esistenziale che ti permette di essere o costantemente impegnato o costantemente in fuga, qualcuno sceglie la via di mezzo. Che sia paradossale trovarsi nella via di mezzo e, per restarci, uccidere, è chiaro. Che sia possibile, però, è altrettanto evidente.