L’effetto dell’annuncio dei dazi statunitensi ha sconvolto i mercati azionari negli ultimi giorni, provocando una corsa alla vendita dei titoli finanziari che ha affossato gran parte delle borse mondiali. Anche le banche hanno fatto registrare una performance al di sotto delle aspettative, ma a detta degli addetti al settore non tutto il male verrebbe per nuocere. Sebbene i dazi abbiano scatenato un’ondata di incertezza – un elemento che molto spesso non giova ai mercati – a livello globale, non è il momento di abbandonarsi al panico. A sostenerlo sono alcuni dei maggiori banchieri italiani, come Michael Teig, credit strategist di Unicredit, che ha sottolineato al Milano Finanza come i mercati abbiano fornito alcuni elementi positivi: “Data la solidità dei fondamentali delle banche europee e la nostra convinzione che la qualità dei loro attivi rimarrà elevata”. Nonostante la recente di vendite, le banche hanno guadagnato il 7 per cento dall’inizio dell’anno rispetto al -7 per cento dell’indice Stoxx Europe 600, che sintetizza l’andamento delle azioni delle principali società quotate nei paesi europei. Secondo Teig è in corso un cambiamento nell’approccio degli investitori, “che si stanno spostando dai titoli statunitensi con valutazioni più elevate verso le azioni europee di valore”.

A minare i risultati in Borsa delle banche sono, secondo Teig, quattro fattori: “prese di profitto da parte degli investitori dopo la forte performance da inizio anno delle banche; aspettative di crescita economica più deboli, che potrebbero influenzare negativamente la crescita dei prestiti bancari e costringere la Bce a tagliare i tassi in modo più aggressivo, riducendo così il margine di interesse netto delle banche; aspettative di una crescita più lenta del pil, o addirittura il rischio di recessione, che inciderebbero negativamente sulla qualità del credito delle banche europee; la debolezza dei mercati azionari che riduce l’outlook sulle commissioni derivanti dalla gestione patrimoniale e da operazioni di fusione o trasferimento di proprietà delle aziende”.
Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum, non ha nascosto al Giornale il timore che lo scontro globale possa nuovamente dare fiato all’inflazione. Inoltre l’effetto annuncio sui dazi potrebbe provocare intoppi nelle filiere globali, con nuovi rallentamenti economici, penso alla Germania”. In onestà con i lettori Doris ha parlato di “recessione”, sottolineando però come l’incertezza sia “il peggior nemico dei mercati”. Ma il figlio di Ennio Doris non si è fermato al quadro apparentemente catastrofico del presente, sottolineando l’opportunità che la crisi dei dazi innescata da Donald Trump potrebbe offrire: “Finalmente l’Unione europea è obbligata dagli eventi a prendere decisioni finora rimandate, ad accelerare percorsi troppo lenti. – sostiene Doris, continua – È l’occasione per buttare giù le ultime barriere che ci impedisco-no di diventare una sola piattaforma, con una totale libera circolazione di prodotti, semilavorati, manufatti, a disposizione di una domanda unica continentale. Mi aspetto che alla fine si arrivi al mercato unico dei capitali, al mercato unico bancario”. Pensare sul lungo periodo e sui benefici che l’urgente ristrutturazione del sistema economico richiede nell’immediato, potrebbe dunque aiutare ad affrontare il presente. Oggi, la chimera più temuta dalle banche è il panico, che porta a disinvestire e affossa le quotazioni finanziare: “Il panico è un cattivo consigliere. Disinvestire, nella stragrande maggioranza dei casi, si rivela un errore. Nessuno ha la sfera di cristallo, nessuno è in grado di capire quando i mercati toccano il fondo. Molto spesso chi vende per poi rientrare lo fa a prezzi più alti rispetto a quelli ai quali ha venduto spinto da una crisi di panico”, conclude Doris. Ma oggi è più difficile confidare nel futuro.
