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Delitto di Garlasco: la CACCIA ALLE IMPRONTE SULLA SPAZZATURA di casa Poggi e il rebus dei dna tra Stasi e Sempio sull’omicidio di Chiara. Ma in che senso non sono accolte le richieste della parte offesa?

  • di Redazione MOW Redazione MOW

  • Foto: Ansa

23 luglio 2025

Delitto di Garlasco: la CACCIA ALLE IMPRONTE SULLA SPAZZATURA di casa Poggi e il rebus dei dna tra Stasi e Sempio sull’omicidio di Chiara. Ma in che senso non sono accolte le richieste della parte offesa?
La nuova analisi sulle impronte nella spazzatura dei Poggi promette (o illude?) di riscrivere la cronaca giudiziaria di Garlasco, ma alcune richieste chiave della famiglia di Chiara restano inascoltate. Cosa si cela dietro questa scelta?

Foto: Ansa

di Redazione MOW Redazione MOW

Il delitto di Garlasco continua a essere una delle pagine più intricate della cronaca giudiziaria italiana. Nel procedimento sull’omicidio di Chiara Poggi, si apre ora un nuovo capitolo: la caccia alle impronte sulla spazzatura di casa, in cerca di indizi rimasti finora sepolti tra i reperti analizzati nel 2007.

Si è conclusa al Tribunale di Pavia, davanti alla giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli, l’udienza per il conferimento dell’incarico al dattiloscopista Domenico Marchigiani. Il suo compito sarà estendere gli accertamenti con tecniche di laboratorio in grado di evidenziare eventuali impronte latenti su “etichetta in carta arancione Estathé”, “sacchetto spazzatura”, “sacchetto biscotti” e “sacchetto cereali”, come riferito provvedimento della giudice.

L’obiettivo è duplice: da una parte, tentare di attribuire queste impronte alle persone che entrarono nella villetta la mattina del 13 agosto 2007; dall’altra, confrontare i risultati con quelli già repertati dai carabinieri del Ris di Parma (già allora utilizzati fogli di acetato per “catturare” le tracce sulle superfici, una tecnica standard per isolare impronte non visibili a occhio nudo). Da notare: nessuna delle impronte finora rilevate contiene sangue o materiale biologico, dettaglio non irrilevante, perché la presenza di materiale ematico avrebbe potuto rafforzare l’ipotesi di coinvolgimento diretto nella scena del delitto.

Alberto Stasi
Alberto Stasi Ansa

I consulenti della difesa di Andrea Sempio (nuovo indagato), del condannato Alberto Stasi e della famiglia Poggi avevano già lavorato su questi materiali insieme alla genetista Denise Albani, nominata dalla giudice, nel tentativo di rintracciare eventuali tracce di Dna lasciate sul pattume recuperato nella casa di Chiara la mattina del delitto. Ad oggi, la relazione della Albani, di cui Adnkronos riporta i contenuti, rivela soltanto la presenza di Dna della vittima (sul Fruttolo e sui sacchetti) e dell’allora fidanzato Stasi (sulla cannuccia della bevanda Estathé al gusto pesca). Nessuna traccia riconducibile a Sempio su questi reperti.

Resta quindi il rebus delle unghie di Chiara Poggi, sulle quali, secondo la difesa di Stasi e la Procura di Pavia, sarebbero stati rinvenuti due profili genetici maschili, uno attribuibile a Sempio. Qui la questione tecnica si complica: le unghie sono state completamente consumate nei precedenti esami, quindi ora “gli approfondimenti verranno svolti solo sulla carta”, cioè valutando i dati già raccolti, senza la possibilità di ulteriori analisi fisiche. Il genetista Francesco De Stefano, incaricato nella precedente perizia, con il consenso dei consulenti di tutte le parti, aveva concluso che la traccia genetica non era attribuibile a nessuno in modo certo.

L'impronta 33
L'impronta 33 Ansa

Ma perché, mentre si apre la strada a queste nuove analisi, alcune richieste della famiglia Poggi vengono lasciate inevase? L’avvocato Gian Luigi Tizzoni, rappresentante dei Poggi, uscendo dal tribunale, ha spiegato: “Il Codice prevede che la procura debba fare delle indagini anche nell’interesse dell’indagato. La procura di Pavia le ha estese anche nell’interesse del condannato, ma non accoglie le richieste della persona offesa”. In particolare, Tizzoni aveva chiesto che l’incidente probatorio venisse esteso anche alla traccia 33 (“per vedere se c’erano le minuzie sufficienti per attribuirla ad Andrea Sempio”, parole sue), ma la richiesta è stata negata: “Non l’hanno concessa e il giudice non la può concedere in assenza dell’ok della procura”.

“Dicono che noi abbiamo paura della verità e si oppongono a un accertamento quando viene demandato a un giudice terzo. Noi invece alle richieste della procura non abbiamo detto di no”, aggiunge Tizzoni, lasciando trasparire la tensione che ancora permea il procedimento.

Sul versante opposto, il legale di Stasi, Antonio De Rensis, coglie questa fase come un segnale di rigore procedurale: “Credo che questo sia un messaggio che deve fare avere fiducia nella giustizia, comunque finisca”. E ancora: “Siamo contenti che ci sia questo ulteriore approfondimento, perché tutto ciò che si può fare in più è meglio di ciò che si può fare in meno... Qui invece non si dà per scontato niente, si va a vedere tutto”.

In un contesto dove ogni dettaglio può diventare un nuovo punto di svolta, la domanda resta sospesa: cosa può ancora emergere dai sacchetti di una cucina, dagli oggetti comuni, dalle impronte invisibili al tatto ma non alla scienza? E soprattutto, quale voce troverà ascolto, tra chi cerca la verità e chi attende che la giustizia la riconosca?

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