A Quarto Grado parla Stefano Vitelli. Il primo giudice che assolse Alberto Stasi nel processo abbreviato di primo grado sul delitto di Garlasco. L'omicidio di Chiara Poggi avvenuto nel 2007, il caso di cronaca nera riaperto a distanza di oltre dieci anni. “Ho sempre pensato che il caso di Garlasco per come era stato strutturato e delineato con Alberto Stasi come presunto responsabile fosse un caso paradigmatico di ragionevole dubbio”, afferma Vitelli in un servizio condiviso dal programma di punta di cronaca nera. “Quanto sia stato peculiare questo processo lo dimostra anche un'analisi analitica dei singoli indizi” continua, introducendo quello che considera uno degli aspetti più problematici dell'intera vicenda giudiziaria. L’indizio costituito dall'impronta sul dispenser sarebbe “un indizio molto particolare”, commenta. “I miei periti hanno messo in evidenza come quel lavandino fosse fisiologicamente sporco e non ci fosse nello stesso tempo nemmeno la benché minima traccia di sangue né sul dispenser e né sul lavandino né sul sifone, mentre addirittura risultava la presenza di alcuni capelli”. Sorge una riflessione: “Se fosse stato lavato tanto da far sparire tutto il sangue diventa problematico spiegare il Dna della famiglia, di alcuni componenti della famiglia Poggi, come della presenza dei capelli”. Ecco che il giudice durante il suo intervento offre una lettura di quell'impronta: “Vede dunque come quell'impronta è un'impronta che può essere riferita a Stasi frequentatore della casa e non assassino non è irragionevole come non è irragionevole pensare e affermare che sì, l'assassino sia entrato in bagno, sì abbia sostato davanti allo specchio ma non abbia utilizzato il lavandino per lavarsi”. Un ragionamento, un elemento (tra gli altri) che fa pensare e che presumibilmente avrebbero portato il giudice, allora, all'assoluzione del ragazzo. E la storia dell'alibi informatico?

“L'alibi informatico? È un argomento molto forte. Non ha detto una bugia, non ha detto una bugia rispetto al cuore della mattinata. Lui effettivamente stava lavorando alla tesi”. Il giudice ricorda un dettaglio significativo: “Mi ricordo addirittura che risultava che la password per accendere il computer, Stasi quella mattina la sbagliò diverse volte e arrivammo a vedere che nelle settimane precedenti si verificava lo stesso problema”. Un particolare che farebbe dunque pensare a una routine quotidiana del giovane. Alla domanda dell’intervistatore su nuove ipotesi che parlano della possibilità di un'azione compiuta da più persone nell'omicidio di Chiara, l'intervistato mantiene la sua posizione di rigore giuridico: “Il giudice deve rispondere alla domanda della pubblica accusa. E la domanda si fondava sull'ipotesi accusatoria secondo la quale Stasi unico soggetto entrato in quell'abitazione avesse ucciso Chiara Poggi”. E poi la risposta finale. Precisa. “Lei ancora oggi assolverebbe Stasi?”. Il giudice Vitelli non si sottrae, mantenendo la coerenza con la sua decisione di allora. Sì. Questa la sua risposta.

