Non bastava la duplice guerra in corso tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, e tra lo Stato ebraico e il movimento filo iraniano Hezbollah sulla sponda libanese. Si è aperto un nuovo fronte caldo in Medio Oriente che ha come suo epicentro la Siria, teatro di un conflitto civile congelato da anni ma mai ufficialmente terminato. E infatti, all'improvviso e senza segnali, le ombre del passato sono tornate a infestare gli incubi del Paese. Tutto è iniziato pochi giorni fa, quando i ribelli – termine generico che include vari movimenti anti governativi, e dunque avversi al presidente siriano Bashar al-Assad – hanno formato una coalizione armata denominata Comando delle operazioni militari e si sono lanciati in un'inattesa offensiva verso Aleppo. Probabilmente approfittando dal fatto che Russia e Iran, e cioè i principali alleati del governo siriano, fossero impegnati in altri conflitti (in Ucraina il primo, a distanza contro Israele il secondo), i nemici di Assad hanno rapidamente preso il controllo della seconda città più grande della Siria. Il loro obiettivo non è cambiato di una virgola rispetto al passato: liberare il territorio “occupato” dall'esercito regolare e rovesciare il governo in carica.
Ma chi sono i ribelli che hanno riacceso la guerra civile siriana? E cosa c'entrano Russia e Iran? In prima linea troviamo il gruppo Hayat Tahrir al Sham (Hts), la Commissione per la liberazione della Siria, formata da jihadisti, transfughi di al Qaeda e dell'Isis, ribelli anti Assad e pure vari mercenari. Spiccano poi l'Esercito nazionale siriano, Jaysh al watani (da non confondere con l'esercito regolare governativo di Damasco) e altri combattenti filo turchi. Sul cosa c'entrino, invece, Russia e Iran bisogna fare un piccolo tuffo nel passato. Nel 2011, nel bel mezzo delle Primavere arabe, i dimostranti pro democrazia scesero in piazza per chiedere la cacciata di Assad, considerato un tiranno autoritario. L'esercito governativo schiacciò le proteste ma le forze di opposizione, sostenute in vari modi da potenze straniere - tra cui la Turchia, i giganti regionali Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, e pure gli Stati Uniti – sarebbero presto tornate alla carica. A quel punto gli estremisti islamici, tra cui al Qaeda, sposarono una causa comune con l'opposizione siriana moderata, salvo poi prendersi la scena. L'Isis avrebbe così iniziato a diffondersi in tutto il Paese. Temendo che la Siria diventasse un focolaio di terrore permanente, una coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti intervenne sul campo con l'obiettivo di eliminare il gruppo terrorista. Assad sarebbe invece sostenuto dalla Guardia Rivoluzionaria iraniana e da Hezbollah, oltre che dall'esercito russo. Questo permise al governo regolare siriano di restare a galla e, dopo intensi scontri, di neutralizzare ribelli e terroristi.
In risposta all'avanzata dei ribelli, le forze aeree russe e siriane hanno lanciato un'offensiva aerea nelle province di Aleppo e Idlib. Il supporto di Mosca e Teheran a Damasco è però, come detto, limitato da altre impellenze: Ucraina e Israele. Resta da capire fino a dove potranno e vorranno spingersi i ribelli, se Assad riuscirà a respingere la minaccia e, soprattutto, se queste prime fiammate potranno davvero risvegliare una nuova guerra, con un coinvolgimento a catena di altri attori, altri eserciti, altri interessi. Gli amanti dei retroscena ipotizzano che le forze anti governative possano essere state in qualche modo incitate dagli Stati Uniti, desiderosi di attirare in una trappola mortale Russia e Iran, alle prese già con numerosi fronti. Altri si soffermano invece su un presunto doppio gioco imbastito della Turchia di Recep Tayyip Erdogan, che ambirebbe a consolidare la propria influenza in Medio Oriente riaccendendo il conflitto siriano. In ogni caso, il rischio è che il gioco sfugga di mano al suo ideatore. E che l'intera regione possa essere scossa da tensioni sempre più gravi.