La pelle bruciata sul 55% del corpo, l’innesto di cute omologa, il reparto Grandi Ustionati del Sant’Eugenio e poi, la notte scorsa, la fine. Claudio Ercoli non ce l’ha fatta. Era l’ispettore Eni che il 2 luglio scorso si trovava all’interno della stazione di servizio Gpl di via dei Gordiani, a Roma, per una verifica tecnica sulla cisterna. Proprio mentre controllava l’impianto, è avvenuta l’esplosione che ha devastato l’area e investito in pieno lui e il conducente dell’autocisterna. Ustioni profonde, terzo grado, condizioni già disperate al momento dell’arrivo dei soccorsi. Dopo giorni di tentativi, interventi e rianimazione intensiva, il cuore ha ceduto. Secondo la ASL Roma 2, il decesso è avvenuto “alle ore 11.30” e sarebbe stato causato da “uno shock termico irreversibile”. I medici hanno provato anche con un innesto di cute omologa, ma le condizioni cliniche erano troppo compromesse. “L’equipe medica e chirurgica ha messo in atto ogni possibile trattamento intensivo e specialistico – ha fatto sapere la ASL – ma le condizioni del paziente sono progressivamente peggiorate fino al decesso”.

Le nuove trappole per gli automobilisti
Con la morte di Ercoli, cambia anche il peso giuridico dell’intera vicenda: la Procura di Roma ha aggiunto l’ipotesi di omicidio colposo al fascicolo aperto, che inizialmente riguardava solo disastro colposo e lesioni. Al momento, il fascicolo resta a carico di ignoti. Intanto, resta in condizioni critiche anche Mauro Bagaglini, 57 anni, l’autista dell’autocisterna coinvolta nell’esplosione. Ha ustioni sul 25% del corpo e condizioni cliniche rese più gravi da problematiche di salute pregresse. La prognosi è ancora riservata. “Esprimo il mio profondo cordoglio e la vicinanza della Regione Lazio alla famiglia di Claudio Ercoli – ha detto il presidente della Regione Francesco Rocca – La sua morte, avvenuta dopo giorni di lotta tra la vita e la morte, ci colpisce profondamente. Quanto accaduto è una tragedia che richiama l’urgenza di mantenere altissimi gli standard di sicurezza in ogni luogo di lavoro. Mi auguro che venga fatta piena luce sulle dinamiche dell’incidente”. Il pensiero è per la famiglia, ma anche per i colleghi e per chi in quei giorni ha tentato l’impossibile: “Ci tengo a ringraziare tutti gli operatori sanitari che hanno assistito lui e gli altri feriti con grande professionalità, tenacia e dedizione”. Ora la città resta con una domanda sospesa: chi doveva controllare, non l’ha fatto? E se sì, perché?
