Sul Foglio Ester Viola dice bene e male cose giuste e sbagliate. A differenza della media di chi scrive su questi temi le cose che dice bene sono le cose giuste, le cose che dice male le cose sbagliate. E già è qualcosa. Parla di numeri, alcuni e non altri, necessari per capire dove si possa continuare a lottare per distruggere il patriarcato. Come al solito, i numeri non danno il senso della storia e finiamo per avere qualche percentuale che andrebbe interpretata. Chissà come. Si inizia con le patenti. Sono più uomini che donna a possederne una, nonostante – aggiungiamo noi – le donne risultino migliori ai test. Perché? È il patriarcato? L’uomo intimidisca la donna? La donna è costretta in casa a cucinare? La donna non può permettersi un’auto per colpa dello stipendio da donna inferiore allo stipendio da uomo? Possibile. Possibile anche che le donne siano più sveglie (woke) degli uomini, più progressiste, più ecologiste, disinteressata a un veicolo privato, il demone della città, a favore di bicicletta. A proposito di biciclette. Ci sono molti articoli che parlano di come l’uguaglianza dovrebbe passare dalla parità tra ciclisti uomini e donne. Gli uomini, infatti, sarebbero di più. Cos’è, il patriarcato impone alle donne di non andare in bici oltre che in macchina? Il secondo numero pare sia una bella notizia, a patto che non si adotti la stessa logica usata per gli altri: “Le forze femmine stanno conquistando reparti cruciali. Professioni di legge e concorsi in magistratura: i giudici italiani sono 4.213 uomini e 5.321 donne, che è il 56 per cento del totale”. Gli uomini dovrebbero incatenarsi davanti ai palazzi di giustizia per ottenere parità totale di genere?
Un’altra buona notizia, la diamo noi perché nell’articolo non c’è, è la piena parità di genere alle Olimpiadi, tanti atleti quante atlete. I maschi, invece, sono di più nelle funzioni direttive nota Viola. Il famoso tetto di cristallo che separata la plebe dal vertice unisex delle gerarchie aziendali. Ci sono però più donne medico però, 53 per cento, che non è poco. Infine il tasto dolente. La finanza, dove l’uomo batte sociobiologicamente la donna. Questo è il vero dato che non va già a Ester Viola e non capiamo perché. Ci sforziamo e non lo capiamo. Quello che mostrano questi dati è che una maggiore concorrenza tra uomini e donne fa bene a tutti, uomini e donne. Alcune volte saranno più gli uomini e altre le donne. Ma tutti questi numeri sono il risultato di scelte volontarie, libere. Se si fanno tanti progressi in così tanti settori tranne che nella finanza, cosa dovremmo fare? Costringere le donne a studiare economia, contro la loro naturale “avversione al rischio”? La domanda da porsi è perché la lotta al patriarcato debba passare dall’uguaglianza. Nel corso degli ultimi quattordici mesi sono usciti almeno tre libri, per lo stesso editore, Liberilibri, che spiegano quanto questa idea di parità sia totalmente malsana, economicamente, moralmente e razionalmente: Il valore della disuguaglianza di Eamonn Butler, Contro l’egalitarismo di Murray Rothbard e Le ragioni della discriminazione di Walter Block. Il punto non è privilegiare i maschi sulle donne, il punto è – semmai – privilegiare le libere scelte sul paternalismo. Pensare che la parità tra i sessi si raggiungerà quando i numeri saranno gli stessi nel campo della finanza, nel mondo delle aziende, o della guida legale, è sognare un mondo malato, un mondo di zombie. L’uguaglianza professionale ed economica (non quella, sacrosanta, giuridica) è il fentanyl dell’emancipazione.