“Pensi a questo: Roma ha preso meno voti, non solo di Riad, ma anche di Busan. Le persone comuni non sanno nemmeno cosa o dove sia Busan”. L’Italia, con appena diciassette voti ottenuti, è da poco uscita con le ossa rotte dalla corsa per Expo 2030, superata da Corea del Sud (diciannove) e Arabia Saudita (centodiciannove). Per Alberto Forchielli, la Waterloo italiana di Palais des Congrès di Issy-les-Moulineaux era quasi scontata. O almeno: era scontato che i centottantadue delegati del Bie (Bureau international des expositions), premiassero l’opzione proposta dai sauditi: Riad, appunto. “Hanno una potenza economica di fuoco enorme. Per dirlo in modo brutale, gli arabi hanno più o meno direttamente ‘comprato’ i voti. Così come hanno fatto i sudcoreani, ma contro Riad non c’era partita per nessuno”, ha dichiarato a MOW l’imprenditore e studioso di economia internazionale. Forchielli ci risponde da Boston e non appare per nulla stupito del successo di Riad. Proprio come Massimiliano Fuskas che, intervistato da Il Fatto Quotidiano, ha dichiarato che era “ovvio scegliere Riad”. A differenza di Forchielli, Fuskas ha tuttavia utilizzato un’altra chiave di lettura: niente presunti “voti comprati” dall’Arabia Saudita, quanto piuttosto un “investimento azzeccato nel futuro” da parte del governo saudita. Da una parte, insomma, c’erano i sauditi con il “lancio di un progetto visionario”, dall’altra gli italiani “con la foto del Colosseo” esempio di “rendita parassitaria”.
Signor Forchielli, si aspettava anche lei che l’Expo2030 fosse assegnata all’Arabia Saudita?
“Quando ho saputo che in corsa c’era Riad mi sono messo a ridere. Altro che Roma o Busan, con i soldi che ha a disposizione l’Arabia Saudita può fare letteralmente quello che vuole”.
Se tutto ruota attorno ai soldi, qual è l’obiettivo del governo saudita?
“Vogliono diversificare la loro economia e incrementare il turismo. Vorrebbero trasformare l’Arabia Saudita in una cuna del turismo globale. E per promuovere la loro terra pagano. Hanno tanti di quei soldi… Basta vedere a quello che sta accadendo in ambito sportivo. I sauditi hanno creato una lega di golf per attirare i giocatori più forti in circolazione, puntano a creare una Super Lega di valore mondiale di cricket mentre di quanto hanno fatto nel calcio non ne parliamo neanche”.
Roma ha salutato l’Expo2030. Secondo lei l’Italia ha perso un’occasione o è stato meglio così, visti i problemi organizzativi che avrebbe comportato l’organizzazione di un simile evento nella nostra capitale (che non sempre ha dimostrato di brillare per efficienza amministrativa e burocratica)?
Sono sempre stato molto contrario all’Expo. È una fiera un po’ passè, è una cazzata mostruosa. Effettivamente, però, per Milano ha rappresentato un momento di svolta. Mi ha fatto ricredere. Certo, Roma è un po’ diversa da Milano. L’Expo non avrebbe avuto effetti sull’assenteismo dei netturbini o né avrebbe convinto i tassisti della necessità di più licenze.
A livello globale come potrebbe l’Italia attirare nuovi investimenti e avere una presenza migliore di quella attuale?
Per attirare investimenti servono molti soldi. Per esempio, la Germania ha portato a casa Tesla e Intel, ma ha dovuto promettere sussidi miliardari (tipo dai 10 ai 20 miliardi). Cosa che l’Italia non può permettersi. Servono poi una burocrazia snella e una legge sul lavoro flessibile. L’Italia non ha speranze sul piano dell’attrarre investimenti, se non investimenti turistici.
Ha citato la Germania. La situazione economica tedesca non sembra più florida come in passato. Tutto questo può danneggiare l’Italia?
La Germania è il nostro principale mercato di esportazione. Le nubi che oscurano l'economia di Berlino possono danneggiarci. Del resto siamo molto legati all’indotto tedesco. Ciò non toglie il fatto che loro, a differenza nostran, abbiano a disposizione molti fondi pubblici da impiegare per attrarre investimenti dall'estero. Non è un caso che i principali investimenti stranieri in seno all'Unione europea finiscano in Germania e non in Italia.
Per quanto riguarda la crisi dell’economia cinese, cosa sta succedendo al Dragone? L’Italia rischia qualcosa?
La Cina è in un momento di transizione. Deve abbandonare i vecchi modelli di crescita legati alle infrastrutture e all’immobiliare per trovarne altri legati alle industrie. Tutte le risorse che Pechino dirottava nei due settori citati adesso vanno verso l’industria. Il gigante asiatico sta insomma rafforzando moltissimo la sua capacità industriale. Non per niente, tutti i nuovi settori industriali del mondo – dagli EV al solare all’eloico ai droni – sono in mano ai cinesi. Questa crescita industriale della Cina, che come dicevo si contrappone al declino sulle infrastrutture e all’immobiliare, farà molto male alle nostre imprese. La Cina sarà condannata ad esportare sempre di più.