Vittorio Feltri ha accompagnato con una presa di posizione nel suo stile la notizia delle proprie dimissioni da consigliere comunale, minimizzando (almeno in termini di perdite di vite umane) la portata della guerra tra Russia e Ucraina: “Crepa più gente sulle autostrade italiane che ucraini a Odessa”, ha twittato il fondatore e direttore editoriale di Libero, suscitando le immaginabili reazioni nei commenti.
Feltri aveva fatto un commento analogo in occasione della tragedia del Mottarone, sottolineando come sia più facile morire in auto o in moto che non in funivia.
Quasi in contemporanea ha annunciato di aver deciso di abbandonare il Consiglio comunale: “Mi sono dimesso da consigliere del Comune di Milano per motivi di salute, perché ho un cancro”, ha detto il direttore intervenendo a “La Zanzara” su Radio 24, durante uno scontro con David Parenzo. Feltri era stato eletto nelle file di Fratelli d'Italia alle scorse elezioni amministrative di ottobre.
Al di là della malattia, non si può certo dire che l’elezione in Consiglio lo avesse entusiasmato: già appena eletto aveva annunciato che probabilmente dopo qualche seduta alla quale avrebbe partecipato per curiosità si sarebbe dimesso.
Quanto al cancro, la condizione di salute era stata rivelata dallo stesso Feltri sulle colonne di Libero, dopo l’analogo annuncio di Fedez: “Io – aveva scritto Feltri – ho 78 anni, non ho mai avuto disturbi. Ogni 24 mesi mi sottopongo ad esami di laboratorio, voglio controllare che tutto vada bene. I responsi sono sempre andati bene, polmoni perfetti nonostante fumi da secoli come una ciminiera, fegato in ordine benché trinchi qualche bicchiere, perfino il cervello (e il particolare è sorprendente) funziona a meraviglia. Ma l'ultima verifica con la tac, metodo di contrasto dalla testa ai piedi, mi ha riservato una sorpresa spiacevole. Referto: nodulo al petto, parte sinistra (la sinistra mi è sempre stata sulle palle). Per me la parola nodulo non significava niente. Non mi sono spaventato. Ma la mia chirurga, una bella ragazza, mi ha detto che bisognava approfondire. Va bene, approfondisci e non rompermi. Svolto l'accertamento con un ago, il medico, Paola Martinoni, emette la sentenza: cancro, bisogna intervenire col bisturi. Lei è una chirurga oltre che essere bona, e il primo di marzo mi trovo in sala operatoria, mezzo biotto, pieno di vergogna. Anestesia totale, quindi il risveglio. Nessun dolore. Mi riportano in camera sveglio ed entra nella stanza un cameriere che mi porge una coppa di champagne offerto dalla équipe medica. Uscito dalla clinica mi sono recato al giornale – aveva aggiunto Feltri – sedendo alla scrivania dove mi trovo pure in questo momento che ti scrivo. E ho lavorato come sempre senza confidare niente a nessuno. Non ne ho sentito il bisogno. Invece ora dico chiaramente a te e a tutti che ho il cancro, perché mai dovrei dichiararlo a bassa voce, in fin dei conti la mia non è una malattia venerea”.