In tutto il mondo si incentiva la diffusione delle auto elettriche e i modelli a zero emissioni. Anzi di più, i mercati, come l'UE, hanno già vietato vendite di benzina e diesel dal 2035, marcando anche l’affaire politico ed economico dietro l’elettrificazione, come conferma un'indagine del New York Times.
A cominciare da quanto emerso al summit delle Nazioni Unite contro i cambiamenti climatici, che si è tenuto in Egitto negli scorsi giorni. Ebbene, i rappresentanti sauditi hanno fatto pressioni per bloccare l'appello (insieme ad altri produttori): “Tutti gli Stati del mondo sono invitati a bruciare meno petrolio”.
Solo una delle azioni messe in atto dal Regno per mantenere il petrolio al centro dell'economia mondiale, passo che comprende anche la mobilità, e questione meramente economica, visto che la compagnia petrolifera del Governo saudita controlla circa il 10% del prodotto che arriva sul mercato.
Ma in che modo si prova ad allungare la vita dei combustibili fossili? Semplice: tessendo una fitta rete mondale di finanziamenti, ricerche e lobby. Per fare un esempio, il gigante Saudi Aramco ha sovvenzionato quasi 500 studi negli ultimi 5 anni per far risultare competitive le auto a benzina. Più altri 2,5 miliardi di dollari versati alle università americane per gettare ombre sulla transizione energetica.
Non solo, Riad è anche in prima fila Oltreoceano in attività di lobbying e influenza dell’opinione pubblica, investendo dal 2016 a oggi 160 milioni di dollari.
A questo si aggiunge il finanziamento di un altro ambizioso progetto, ossia la lavorazione di un dispositivo in grado di catturare l'anidride carbonica allo scarico prima che fuoriesca dal tubo di scappamento. Tutte imprese messe in atto nel dietro le quinte, per sostenere la strategia saudita, ossia osteggiare la diffusione delle auto elettriche per salvaguardare l'intera economia.