Ma che cos'è il fantomatico gruppo Telegram denunciato da vari attivisti social che sarebbe stato usato come una sorta di “macchina del fango” nei loro confronti e di chi non era gradito agli amministratori? Lo hanno spiegato Valeria Fonte, Carlotta Vagnoli, Silvia Semenzin e Giuseppe Flavio Pagano in numerose storie Instagram poi riprese da altri utenti e influencer. E cosa c’entrano in tutto questo Serena Doe (vero nome Serena Mazzini, che in mattinata aveva pubblicato una storia dove annunciava la chiusura del suo profilo Instagram) e Selvaggia Lucarelli, tirata in ballo ma per ora estranea ai fatti e che ha risposto con un'altra storia instagram dicendo "ci vediamo nelle sedi opportune"? È stata Valeria Fonte a parlarne per prima, ma anche nelle testimonianze successive per il momento non hanno portato prove oggettive alle loro denunce. Intanto ha esordito dicendo: “Farò una cosa che non mi piace fare ma che reputo inevitabile. Un callout. E premetto una cosa: la persona in questione non deve essere oggetto di shitstorm, altrimenti mi arrabbio parecchio. Sono vietati gli insulti, le offese e il bullismo. Questo call out ha uno scopo solo: far vacillare la reputazione di chi gioca con temi caldi, razzolando privatamente molto male. Ergo, per me e sufficiente che la reputazione di questa persona inizia a vacillare. Infierire con una shitstorm mi pare incredibilmente superfluo. Ieri pomeriggio vengo a sapere che Serena Mazzini, che oggi annuncia la cancellazione del suo profilo, ha fatto parte di un gruppo Telegram (fondato dai suoi adepti) in cui ha condiviso senza consenso in mie chat private, mie foto per amici stretti, tra cui foto after sex, con annessi commenti misogini. Un gruppo con 70 persone, 70 persone mi hanno vista seminuda senza che io abbia avuto scelta. 70 persone che hanno letto mie chat private. Sapete che mi ricorda? I fantomatici gruppi Telegram degli incel. Che bello quando chi si occupa di sharenting, di privacy, di lato oscuro dei social, diventa lei stesso il lato oscuro dei social. Vi piacerebbe sapere che l'ha fatto solo con me, vero? Eh. Invece è un vizio. Lo ha fatto con tutte le persone del giro femminista che mi stanno intorno. Facciamo che evito la lista dei nominativi. Quando ho provato a parlare con Mazzini, prontamente contattata da me ieri sera, mi sono sentita incredibilmente in colpa, perché mi ha comunicato che non è un periodo facile e che non sta bene. Tanto che mi sono fatta andare bene il suo ‘mi scuso’, di fronte a un reato commesso per antipatia, insomma. Senza una critica di natura politica, ma solo per gossip e per bullismo. Ha tirato fuori la peggiore scusa: ho una malattia mentale. Ma pure io, pure io sono depressa. Posso assicurare però che la malattia mentale non ti fa stronza. Può diventare un ottimo deterrente per deresponsabilizzarci. Questo sì. E Serena lo ha fatto molto bene. Deresponsabilizzarsi dico”. Non è tutto.
Vediamo cosa spiegano ancora, per ora solo attraverso loro ricostruzioni e senza prove documentali. Prosegue Valeria Fonte: “Condivisione di chat private. Condivisione di dati e foto privati. Storie inventate su presunte relazioni. Commenti misogini e transfobici. Critiche a quelle che si rifanno. Slut shaming. Bullismo. Poteva essere uomini e donne, invece il prodotto tangibile della persona che al momento ha in mano la comunicazione nazionale sulla privacy e la tutela delle persone. Un lavoro impeccabile, il suo. Lo dico con stima sincera. Mi chiedo, allora, perché sia così difficile applicare le stesse linee guida quando si tratta di (non) tutelare chi non ti sta simpatica. E non sono una nemica politica. Non faccio adv. Non sono una di quelle che mangia sul femminismo. L'ho detto qualche giorno fa che torno a fare la barista, sì? L'antipatia però può tutto. La cosa che mi fa più paura è che in giro ci siano altre 70 persone sensibili ai temi caldi, sensibili ai temi nostri, che attuano queste dinamiche senza comprenderne la natura estremamente problematica. Questa è la condivisione non consensuale di materiale privato e intimo. È una violenza di natura patriarcale. È una violenza sistemica di natura patriarcale. A che scopo? Potere. Serena Mazzini è l'inganno miglior riuscito dell'ultimo anno. Capace anche di schernire, in questo gruppo, chi paga i suoi corsi perché osa farle delle domande su roba che non ha capito. Ve lo chiedo, allora: chi siete? Perché siete in 70? Che ci fate con il materiale inedito che vi arriva. Sono stanca onestamente delle ipocrisie. L'influattivista Mazzini (perché questo è e questo fa, nonostante non le piaccia la definizione), è solo un pretesto per aprire un varco nel percorso inevitabile di decostruzione che si deve fare qui dentro. Abbiamo bisogno di riprogrammarci, di riprogrammare. Si sgrava. E si sgrava sempre e soprattutto con donne e con categorie già marginalizzate. Chissà perché le stesse persone non sono così audaci quando ci sono di mezzo i nostri colleghi uomini. Dobbiamo ripensare allo strumento del digitale come un luogo di cura reciproca e di tutela. Abbiamo bisogno di disinnescare, quando manca la critica di natura politica. Possiamo essere molto meglio di così. Molto meglio del gossip da bulletta di quartiere. Fatemi sapere, infine, come sempre, se sono abbastanza bella con un pene in bocca. Buona giornata animaletti”. Ma c'è di più.
Carlotta Vagnoli prosegue il discorso della Fonte, anche lei tramite il suo profilo Instagram: “Partendo dalle storie di Valeria Fonte mi accodo per dirvi che sono stata avvisata di essere stata presa di mira, insieme a tante altre persone, da un gruppo privato di 70 persone creato da Serena Mazzini, con cui non ho mai parlato in vita mia. Nel gruppo c'erano mie storie verdi, informazioni private, deliri sulla mia vita intima, personale, sul mio lavoro (e quello chissenefrega), attacchi d'odio feroci. Commenti violenti, misogini, transfobici, commenti sui corpi, sulla vita sessuale delle persone, sul loro privato e sul loro presunto privato. Un gruppo chiamato Animaletti contro la censura in cui il branco si cibava di materiale ottenuto in modo non consensuale e perfino chat e messaggi privati di alcune persone. La dinamica del branco è la stessa delle chat di soli uomini su Telegram. E questo avviene perché non c'è decostruzione transfemminista alla base. La performatività si manifesta con violenza contro un ‘nemico’ comune, ma non entrando nel merito bensì nel privato. Colpendone la privacy, il corpo, la vita sessuale, facendo gossip falso e condividendo non consensualmente stralci di conversazioni. Pensando di possedere gli altri si finisce per volerli cancellare. Spero abbiate goduto del mio sedere, della mia vita intima, delle altre amenità dette sulle persone a cui venivano riservate queste punizioni collettive. Spero davvero lo abbiate fatto perché ora c'è da pagarne le conseguenze. Mi auguro almeno ne sia valsa la pena. Bizzarro modo di agire per chi lavora sulla tutela della privacy. Bizzarro modo di agire da parte di un gruppo pieno di persone che si sono più volte definite transfemminista. Fosse l'ultima cosa che faccio, farò venir fuori quei 70 nomi uno per uno. Andate in pace Animaletti. Abbiamo tutto il necessario per procedere e no, non sono come Mazzini quindi non vi condivido gli screen. Ora per favore gradirei passare a cose più interessanti perché penso proprio di meritarmelo”. Poi arriva Silvia Semenzin che dice tutto, sia sulla Doe che su una vecchia storia che riguarderebbe Selvaggia Lucarelli.
Semenzin, in alcuni video e storie su Instagram, racconta: “Sapete qual è la cosa che mi fa veramente incazzare? Che adesso io sto ricevendo una marea di messaggi da compagne varie che sono terrorizzate all'idea di essere finite all'interno di questo gruppo. Sono terrorizzati di parlare o lo sono state negli anni per paura di ripercussioni. Siamo tutte estate in silenzio a subire violenza per anni per paura della gogna mediatica da parte di persone che si ergono a paladine della violenza digitale. Chiamiamo le cose con il loro nome: questa è violenza digitale in piena regola, è bullismo. Quante di noi l'hanno dovuto subire negli anni e si sono dovute aiutare da sole anche con la psichiatria? Perché questo è successo. Mi spiegate questo gruppo telegram che differenza ha con gli altri. Detto questo, io avrei voglia di leggere tutte le esperienze di tutte le persone che sono state attaccate negli anni da questi soggetti è che ci raccontino come l'hanno vissuto e cosa gli è successo. Poi mi aggiungo anche io che spiego che cosa mi è successo. Invito a un callout pubblico e che sia duraturo. È arrivato il momento dopo 5 anni. Oggi mi sento pronta a raccontare che cosa ho vissuto ai tempi di intimità violata e perché per me è importante allora luce di questo gruppo telegram che è emerso oggi in cui Serena Mazzini e altre 70 persone si incontravano per sput*anare i fatti i contenuti personali di influattiviste che a loro parere evidentemente non meritano né privacy né dignità. Sono pronta a prendermi tutta la responsabilità di quello che dirò e ripeto non ho più paura delle conseguenze. Facciamo un passo indietro al 2018. Io ho 26 anni, lavoro in statale a Milano e da qualche mese collaboro con Amnesty International per sensibilizzare su tematiche di violenza di genere online e in particolare sulla condivisione non consensuale di materiale intimo, violenza che anche io ho vissuto in prima persona. In quel periodo mi sentivo molto sola e cercavo disperatamente di attirare l'attenzione di chiunque sul problema di chiunque avesse un minimo di potere mediatico. Tra queste persone, contatto anche Selvaggia Lucarelli e le racconto tutta la mia storia senza mai ricevere una risposta. Qualche mese dopo Amnesty International mi invita all'evento pubblico di una rete contro la violenza maschile sulle donne per condividere la mia esperienza. Nel pubblico c'è anche Laura Boldrini che mi ascolta e mi applaude. Dopo il mio intervento mi si avvicina il suo portavoce, Flavio Avernini che si dice interessato ad aiutarmi a lanciare una campagna nazionale sulla violenza digitale e di affiancarmi per richiedere una legge contro la condivisione non consensuale di materiale intimo. Qualche settimana dopo, a novembre 2018, lanciamo su Change.org #intimitàviolata, campagna mediatica di cui io divento il volto e la portavoce. Inizia a partire da qui una lunghissima trafila di avvenimenti che mi arrivano addosso come una valanga. La campagna diventa virale, inizia ad aprirsi un processo di stesura della legge e tutto sembra andare per il meglio. Poi succedono diverse cose, tra cui il fatto che la campagna ci venga rubata dal Movimento 5 stelle è spacciata come loro e il fatto che Avernini fosse particolarmente scocciato dal mio protagonismo in tutta la campagna che, a suo dire, era la campagna di Boldrini e non mia. Gli scocciava particolarmente che io avessi una voce forte, che non gli lasciassi dirmi come mi dovevo comportare e soprattutto che avessi scelto di non fare la Tiziana Cantone viva, chiedendo di essere trattata da esperta e da attivista invece che da vittima. Non entro in tutti i dettagli perché mi dilungherei troppo ma quello che è successo dopo è importante. Perché a un certo punto Avernini decide che il mio nome debba smettere di girare sui media e quindi comincia a chiamare a tappeto qualsiasi giornalista che pubblicasse articoli sulla campagna, chiedendo di rimuovere il mio nome e inserire invece quello della Boldrini e della sua organizzazione fantoccio, Insieme in Rete (anche per questo molte persone oggi non sanno che la legge l'ho promossa io). Qui entra in gioco Selvaggia Lucarelli, assoldata per mettermi a tacere, che improvvisamente piomba sul mio profilo accusandomi pubblicamente di essere un’arrivista, una persona non esperta. Dice di aver fatto lei le prime indagini su telegram si rivolge a me con epiteti particolarmente denigratori e dandomi della ragazza ingrata e inutile. Ovviamente la partecipazione della Lucarelli alla gogna messa in moto da Insieme in Rete nei miei confronti diventa più grande e va avanti per mesi. Mesi in cui in ogni profilo in cui si facesse menzione del mio nome si riversavano commenti orribili nei miei confronti. Ora cosa c'entra tutto questo con il gruppo di telegram di Mazzini? C'entra per molte ragioni e non solo da ultimo il fatto che Mazzini collaborasse a stretto contatto con la Lucarelli e molto spesso le passasse “gli scoop” sulle influattiviste da insultare, da mettere alla berlina e da deridere pubblicamente per fare content e visualizzazioni. C'entra perché qui stiamo parlando di personaggi che si sono fatti grande spazio nell'opinione pubblica e che addirittura oggi prendono parola e hanno voce in capitolo per ciò che riguarda le leggi senza necessariamente averne sensibilità o esperienza. E allora ditemi, sulla base di quale motivo chiamiamo ai tavoli di discussione su privacy e intimità digitale persone che dimostrano di fare l'esatto opposto di quello che predicano? Abbiamo controllato la loro expertise? Abbiamo controllato il modo in cui alla fine diventano famose e visibili? Perché il modo in cui queste persone hanno preso voce è esattamente operando una sistematica violenza contro tutte le persone, e in particolare donne, che a loro parere stanno prendendo troppo spazio nel dibattito pubblico e che non lo meritano perché, a differenza loro sono a riviste e false. Noi, che a differenza loro non siamo pure e ci manchiamo con la personalizzazione delle lotte, mentre loro agiscono sempre per il bene comune, per aiutare chi è più fragile e mettere a nudo i potenti. Come infatti questa storia dimostra. Ecco perché la faccenda non deve fermarsi qui. Mi avete ferita una volta ma non mi avete uccisa. Accomodatevi, se ne avete il coraggio oppure per una volta prendetevi le conseguenze del male che fate”. Ma sono arrivate anche delle risposte.
Come se non bastasse, a loro si è unito Giuseppe Flavio Pagano: "Serena Mazzini (Serena Doe, nda) crea una chat con 70 persone dove scambiano materiali sensibili messe insieme per costruire una gigantesca macchina di denigrazione e di diffamazione. Per entrare in questo cerchio di interesse bastava essere antipatici a questa signora per ritrovarsi questi schizzi di fango addosso. Anch'io sono una delle persone colpite, ma il danno a me è minimo rispetto ad altri. All'interno c'erano una serie di commenti e azioni denigratorie che sfruttavano sessismo, bopdy shaming, affermazioni legate alla vita privata delle persone, dossieraggio alle relazioni private, in un turbinio di 70 persone che partecipavano attivamente alla creazione di questi materiali Una storia che nasce sui social ma che rischia di finire nei tribunali". Dal canto suo, Selvaggia Lucarelli ha risposto in una storia Instagram, scrivendo: "Io ormai non perdo più tempo dietro alla gente che inventa cose per cercare attenzione. Ci vediamo nelle sedi opportune. Mi godo questo momento bellissimo. Chi invece sembra guardare da fuori, ma anche lui in qualche modo gongolare - anche per i trascorsi con Serena Doe e Selvaggia Lucarelli - è Fedez, che in una storia su Instagram sibillina riporta un testo di una sua canzone che sembra proprio indirizzato a questa vicenda: "Sono in riva al fiume ad aspettare, perché prima o poi lì vedrò il tuo cadavere passare. E le parole scivolano come sul vetro. Il male è come un boomerang, prima o poi ti ritorna indietro". Staremo a vedere altri e inevitabili sviluppi.