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Guerra Iran-Israele: “No, l’ingresso degli Usa non porterà alla Terza Guerra Mondiale. Vi spiego perché”. Parla l’esperto Andrea Gilli: il ruolo dell’Italia? “Non serve un governo malato di protagonismo”. E su Alessandro Orsini, le armi nucleari e Gaza…

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

19 giugno 2025

Guerra Iran-Israele: “No, l’ingresso degli Usa non porterà alla Terza Guerra Mondiale. Vi spiego perché”. Parla l’esperto Andrea Gilli: il ruolo dell’Italia? “Non serve un governo malato di protagonismo”. E su Alessandro Orsini, le armi nucleari e Gaza…
A che punto siamo della guerra tra Iran e Israele? A quello in cui tanti hanno un’opinione morale o politica. Ma cosa sappiamo davvero di quello che sta accadendo? Come ha fatto Israele ad attaccare in modo così efficiente le gerarchie militari e i siti nucleari iraniani? Quanto conta la superiorità aerea e il lavoro dell’intelligence? Scoppierà davvero una Terza Guerra Mondiale se gli Stati Uniti dovessero scegliere di combattere in Medio Oriente? Lo abbiamo chiesto all’esperto Andrea Gilli. Ecco tutto quello che dovete sapere

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Al G7 il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha detto: “Israele sta facendo il lavoro sporco per noi”. La guerra in Iran è davvero iniziata per combattere la minaccia nucleare del regime islamico? Chi critica Israele sostiene che il governo Netanyahu abbia attacco deliberatamente e in modo gratuito un Paese sovrano per motivi di natura esclusivamente politica, a partire dalla volontà di restare al potere e tardare il momento in cui il governo di destra cadrà (e questo per Bibi vuol dire rischiare vari processi, tra cui quelli, probabilmente, per crimini contro l’umanità). Chi difende Israele, invece, sostiene che l’attacco di venerdì 13 giugno sia la risposta alle guerre per procura (proxy) che l’Iran finanzia da quarant’anni, sostenendo materialmente Hamas (Gaza), Hezbollah (Libano) e Houthi (Yemen). E alla minaccia nucleare, che alcuni istituti internazionali sconfessano ma che molti analisti ritengono invece fondata. I giudizi politici, in ogni caso, si sprecano. Ma quelli tecnici? Come funziona questa guerra e quali previsioni possiamo, realisticamente, fare? Ne abbiamo parlato con Andrea Gilli, Docente di Studi Strategici alla St Andrews University.

Andrea Gilli
Andrea Gilli

La domanda che tutti si fanno: come fa Israele a essere così bravo negli attacchi mirati?

Quello che possiamo immaginare è che ci siano quattro elementi fondamentali. Il primo, da vent'anni, soprattutto negli ultimi, Israele ha investito tantissimo nelle operazioni di cyber, è un leader mondiale nella cyberdifesa e cyber capabilities più in generale; quindi è penetrato in molte strutture iraniane, così da sapere anche esattamente la loro localizzazione, la loro conformazione, sapendo per esempio che anche se in superficie c’era l’insegna del distributore di benzina magari si trattava di una base sotterranea. Il secondo è l’uso di sensori remoti, quindi droni e soprattutto satelliti, per vedere regolarmente gli sviluppi sul terreno. Terzo, di sicuro le spie sul campo, persone che dall'interno, volontariamente o meno, passavano delle informazioni a Israele. Ci può essere uno che fa il doppio gioco, ma ci può essere anche uno che non sa di lavorare per Israele, che magari riceve una chiamata nel momento sbagliato o inizia a parlare col vicino o apre un’e-mail sbagliata e diventa così, senza saperlo, una fonte dei servizi israeliani. Il quarto elemento riguarda infine le armi, le munizioni di precisione.

Perché tutto questo know-how non è stato utilizzato a Gaza, dove ci sono stati bombardamenti a tappeto e moltissime morti civili?

Credo possano esserci due spiegazioni possibili. La prima è che Israele in realtà non voleva essere troppo preciso, e cioè ha puntato su un certo livello di distruzione per indebolire Hamas in maniera indiretta. Non distruggo solo i leader di Hamas, ma distruggo anche tutte le infrastrutture, così che per i prossimi dieci anni dovranno pensare a ricostruire le case. L’altra possibile spiegazione è che penetrare Hamas sia molto più difficile, e storicamente in effetti lo è stato, che non penetrare Hezbollah o gli iraniani, perché sia il Libano che l’Iran sono Paesi nei quali, in un modo o nell’altro, qualcuno può riuscire a entrare. Hamas invece, nella Striscia di Gaza, è molto più impermeabile. Quindi gli unici informatori che Israele poteva di fatto avere chi erano? Quei lavoratori palestinesi che tutti i giorni attraversavano il confine per lavorare in Israele, cioè quelli maggiormente monitorati da Hamas, che spesso ha scelto chi potesse o no andare a lavorare in Israele, quelli che si sapeva non avrebbero fatto il doppio gioco.  Di sicuro il livello di distruzione imposto su Gaza è notevole, cosa che spinge verso la prima spiegazione, ma anche la seconda ha costituito di certo un limite oggettivo. 

Alcuni, tra cui Alessandro Orsini, sostengono che Israele sia debolissimo rispetto all’Iran e non può certo vincere da solo. Ma Israele non ha già il controllo dello spazio aereo sopra Teheran? Un risultato fondamentale.

Orsini da giorni cambia sempre leggermente la sua versione, come ha notato per esempio Luciano Capone de Il Foglio, quindi non so neanche bene cosa sto commentando. Forse Orsini prima di scrivere dovrebbe mettersi d’accordo con se stesso. Israele finora ha svolto dal punto di vista militare un’operazione che è stata estremamente efficace, perché è riuscito in pochissimo tempo a imporre un livello di distruzione enorme, ha neutralizzato la catena di comando iraniana, cosa che non solo è importante a livello simbolico, a livello politico, ma perché così ha ucciso chi doveva dare l'ordine per il lancio di missili. A quel punto Israele ha più tempo per continuare a distruggere le batterie missilistiche iraniane osiacon droni portati da operativi, sembra, del Mossad sia con i suoi caccia. A questo si aggiunge, come dicevi, il fatto che Israele ha ora una superiorità aerea sull’Iran. Per capirci, storicamente ce l’hanno avuta gli Stati Uniti in Afghanistan, ce l’avevano gli Stati Uniti e la coalizione in Iraq, era possibile avercela sulla Somalia, ce l’aveva la Nato sulla Libia nella guerra del 2011. Non succede quasi mai. Quindi Israele, se vuole, può continuare ogni giorno a distruggere leadership, capacità militari, strutture economiche per continuare a far pressione sull'Iran, è un vantaggio enorme. Ovviamente non è una situazione sostenibile a lungo, perché costa.

Se sono così in vantaggio perché chiedere l’ingresso degli Stati Uniti?

 Una spiegazione tecnica è la necessità di distruggere il sito nucleare dentro la montagna di Fordow, ma per farlo hanno bisogno di bombe che non possiedono. Una spiegazione più politica è che Israele voglia avere diplomaticamente le spalle coperte in caso di ritorsione futura. Se fra cinque, dieci o quindici anni l’Iran vorrà prendersi una rivincita, la rivincita non potrà essere solo contro Israele, ma anche contro gli Stati Uniti. Dal punto di vista strategico ci può essere anche un'altra considerazione: l’aeronautica israeliana, per quanto assolutamente d’eccellenza, è ridotta numericamente. Gli Stati Uniti hanno l’aeronautica più grande al mondo, quindi il supporto americano permetterebbe di andare a fondo e colpire molte più strutture tanto da poter riuscire a ribaltare il regime o comunque a indebolirlo moltissimo.

L’ingresso degli Usa non rischia di portare a un’escalation, magari a una guerra mondiale?

 No, anche perché non so chi dovrebbe fare la guerra a chi. Gli unici che possono andare in soccorso dell'Iran, che potrebbero avere quantomeno l'interesse sarebbero la Cina, che compra il 90% del petrolio iraniano, e la Russia. Ma nessuno dei due Paesi ha le capacità per trasportare armi o uomini in Iran. Possono mandare qualche aereo, ma prima di spostare decine di migliaia di uomini, decine di batterie antiaeree, bisogna farne di voli. Servirebbero anni, quindi in tempi brevi questa prospettiva non c’è. E, in ogni caso, nessuno dei due ha più di tanto la volontà di intervenire, perché in questo momento è più la Russia che ha bisogno dei droni iraniani in Ucraina che non il contrario. Se guardiamo poi la politica estera cinese degli ultimi trent’anni, capiamo che l’obiettivo è stato sempre quello di risolvere le crisi, non di farle scoppiare.

Quindi cosa potrebbe accadere davvero?

O l’Iran cede e quindi accetta qualsiasi imposizione americana, cosa che però toglierebbe legittimità al regime, oppure Israele e Usa distruggeranno tutto quello che si può e l’Iran diventerà una sorta di regime come quello a cui è stata sottoposta la Libia negli anni Ottanta, o l’Iraq negli anni Novanta. Ma nessuna guerra mondiale.

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu in visita alla base aerea di Tel Nof
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu in visita alla base aerea di Tel Nof Ansa

L’attacco di Israele all’Iran è stato illegale?

 Il diritto internazionale dice che per dichiarare lo stato di guerra ci devono essere delle condizioni particolari, tra cui il diritto alla difesa e un mandato delle Nazioni Unite. Tutto questo non è successo, quindi dal punto di vista del diritto internazionale l’attacco di Israele è illegale. C’è da dire però che dalla fine della Guerra fredda, fino a qualche anno fa soprattutto, abbiamo considerato, soprattutto in Occidente, la politica internazionale come una protuberanza della politica domestica, dove si pensa che sia il diritto quello che regoli le relazioni tra gli Stati, cosa che storicamente non è vera. Dico questo non per giustificare Israele, ma per dire che la questione legale è importante ma non è la più importante.

Quale sarebbe la più importante?

 Il nucleare. Negli ultimi anni l’Iran ha accelerato molto su questo fronte, basti pensare al numero di centrifughe; Questo nucleare ha un arricchimento dell'uranio al 60%, che è in contraddizione con gli scopi pacifici, soprattutto civili, che l’Iran dichiara. L’International Atomic Energy Agency di Vienna dice che non ha riscontrato la presenza di un programma nucleare, però bisognerebbe anche dire che questa agenzia non ha come mandato quello di condurre queste investigazioni. Quindi la minaccia potrebbe effettivamente esserci, magari non oggi ma dopodomani. Poi se il modo per risolvere il problema sia l’attacco militare, la diplomazia o altri mezzi, è un altro discorso.

Israele non vuole che l’Iran abbia armi nucleari, ma Israele ne ha, non ha firmato il Trattato di non proliferazione e non permette ispezioni internazionali nei suoi siti. Non è un po’ ipocrita e, per chi li sostiene, un doppio standard gravissimo?

 Prima parlavo dell’aspetto giuridico, sostenendo non fosse il più importante, qui si rischia di finire addirittura nell’ambito morale, quello del doppio standard appunto. La politica internazionale purtroppo non è né giusta né bella, ha una serie di equilibri e dinamiche. Che Israele non voglia che un Paese che finanzia il terrorismo e compie attacchi da quarant’anni, abbia armi nucleari è ragionevole, anche il più feroce contestatore di Israele lo può comprendere. Poi che la soluzione fosse l’uso della forza unilaterale può essere ritenuto sbagliato. Ma la domanda che va posta a chi dice che Israele ha sbagliato è: qual era l’alternativa? O Israele è un gruppo di pazzi e quindi lanciano un attacco, un po’ come ha fatto Putin, senza una logica, e quindi è impossibile ragionarci razionalmente. O la minaccia del nucleare effettivamente c’era. Qual era la soluzione alternativa, i negoziati in corso? Questi negoziati avevano la possibilità di funzionare? Israele ha rovinato tutto? Oppure Israele sapeva che l’Iran stava solo prendendo del tempo? Per queste domande, ora, non abbiamo risposte convincenti o serie da dare.

 Donald Trump
Donald Trump Ansa

Come dobbiamo intendere le parole del cancelliere tedesco Friedrich Merz: “Israele sta facendo il lavoro sporco per noi”?

 Che nessuno nei Paesi occidentali è contento di avere l’Iran nucleare, questo è dato di fatto, perché darebbe una capacità di negoziazione enorme al Regime non solo con Israele, ma anche verso i Paesi arabi. Non è difficile pensare a un Iran che decida di fare quello che ha fatto Putin con l’Ucraina, cioè finanziare milizie e usare l’arma nucleare come minaccia per chi prova a dire qualcosa. Questo è uno scenario che si considera da molto tempo. Dieci anni fa Francia, Germania e Regno Unito andarono a negoziare con l’Iran proprio per cercare di evitare lo sviluppo di armi nucleari. Ma non è solo il punto di vista dell’Europa. Anche in Giappone, anche in Asia, ma anche in Cina per certi versi, non sono particolarmente tristi che la corsa dell’Iran verso il nucleare sia stata fermata.

C’è chi ha sostenuto che l’Ue sostiene Israele perché dipendiamo dalla loro tecnologia bellica e dalle loro competenze nel caso in cui scoppiasse una guerra con la Cina?

 No, vabbè è una cosa fuori di testa. Israele ha delle capacità tecnologiche estremamente avanzate ed è un dato di fatto. Gli Stati Uniti hanno capacità tecnologiche altrettanto avanzate e questo è un altro dato di fatto. La Cina ha fatto molti progressi militari ed è un dato di fatto, ma la Cina non ha ancora raggiunto, sulle piattaforme militari, il livello degli Stati Uniti e di alcune aree anche dell’Europa. Quindi è evidente che non abbiamo bisogno di Israele. Poi avere Israele dalla nostra parte aiuterebbe, certo. Altro aspetto: in un’eventuale guerra tra Cina e Stati Uniti, faccio fatica a pensare che Israele non si schiererebbe dalla parte degli Stati Uniti, che sono il loro principale alleato, a prescindere dall’intervento oggi in Iran o altrove.

Come dovrebbe comportarsi il governo italiano?

 Direi che le fughe in avanti per voler apparire a tutti i costi in questi casi non servono. Non c’è assolutamente bisogno di un governo malato di protagonismo. Questo non serve, non serve né alla causa della pace, né della stabilità, né tanto meno alla nostra posizione a livello internazionale. L’Italia ha tre forum di cui fa parte che sono particolarmente importanti: l’Unione Europea, la Nato e il G7. Dialogare in questi tre forum è il metodo migliore. Ha senso mantenere un profilo basso, perché l’Italia da sola non potrebbe cambiare nessun equilibrio e quindi rischierebbe solo di peggiorare la sua posizione più che migliorare la causa che si intende sostenere.

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