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Guido Meda, l’incidente con l’Alfa Romeo Stelvio e la polizia stradale: “Altro che Lamborghini, Giulietta e Alfetta…”

  • di Matteo Cassol Matteo Cassol

6 dicembre 2024

Guido Meda, l’incidente con l’Alfa Romeo Stelvio e la polizia stradale: “Altro che Lamborghini, Giulietta e Alfetta…”
Guido Meda racconta di suo incidente con l’Alfa Romeo Stelvio e coglie l’occasione per parlare della polizia stradale. Tra ironia e nostalgia, riflette sulle auto delle forze dell’ordine: “Altro che Lamborghini e Alfetta, spesso operano su mezzi inadatti”. Ma cosa ci dice davvero questa storia?

di Matteo Cassol Matteo Cassol

Guido Meda, voce iconica del motorsport (in particolare della MotoGP) e appassionato di auto, trasforma una disavventura autostradale in un racconto vivace e profondo, con riflessioni che vanno ben oltre i limiti di una corsia. Sul mensile Auto, il giornalista ripercorre l’incidente che ha visto la sua Alfa Romeo Stelvio “uscire di scena” e rende omaggio alla professionalità degli agenti della polizia stradale, non senza una stoccata nostalgica verso il glorioso passato delle auto delle forze dell’ordine.

L’incidente e la Stelvio da buttare

“Piccola storia triste: mi sa che la Stelvio è da sbattere via”, esordisce Meda con la sua inconfondibile ironia. Il tamponamento avviene in autostrada, a causa di un classico rallentamento improvviso. “Il primo della fila ha inchiodato come se dietro non ci fosse nessuno. E invece c’erano due auto: un’Audi A4 con due ragazzi simpaticissimi e la mia vecchia Stelvio”.

Nonostante la velocità moderata – “25-30 km/h” – l’urto è sufficiente a deformare l’avantreno e far esplodere l’airbag: “Dopo l’urto, non chiedetemi perché, la Stelvio non frena più. Scende inesorabile, a cinque chilometri orari, finché decido di appoggiarla dolcemente al muro e la stoppo lì”.

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guido meda
Guido Meda

Guidone e la polizia stradale

In pochi minuti, due giovani agenti della polizia stradale sono sul posto. “Hanno visto l’incidente dalle telecamere e sanno che ho torto. Ma lo so anch’io. Non c’è che una soluzione: ammetterlo. Gli agenti sono simpatici, comprensivi e straordinariamente efficienti. In venti minuti le pratiche sono concluse, le auto sono sul carro attrezzi, e noi abbiamo trovato un modo per tornare a casa”.

Meda elogia il lavoro degli agenti: “Non è frequente sentirsi così protetti e in buone mani. Penso che, in generale, ai ragazzi in divisa dovremmo più gratitudine e meno rabbia o timore”.

“Altro che Lamborghini…”

Da questa esperienza, Meda si lancia in una riflessione amara ma realistica sulle auto delle forze dell’ordine: “Sulle riviste ci finiscono con la Lambo (tre esemplari) e la Quadrifoglio, ma poi in città li vedi ancora operativi sulla Punto sgangherata. Hanno avuto pure la Tipo, la Marea e anche la Toyota Carina”.

Con un pizzico di nostalgia, ricorda il passato glorioso: “Giulia? Alfetta? Ciao. Quel tempo che ci rendeva un simbolo nel mondo è finito da un pezzo ed è un peccato. È un peccato perché dentro quei mezzi continuano a vivere e a lavorare degli italiani davvero in gamba”.

Un grazie agli uomini in divisa

“Spesso si spostano a bordo di auto che non sono nemmeno all’altezza dell’impegno che devono sostenere, appesantite da blindatura e attrezzature di servizio”, scrive Meda. “Eppure, nonostante i limiti, fanno il loro lavoro con un’efficienza e una dedizione che meritano il nostro rispetto”.

La conclusione del giornalista è un invito a riflettere: “Ai ragazzi in divisa dovremmo dire grazie più spesso. Un grazie che, a volte, pesa più di una multa o di un ammonimento, perché dentro quelle vetture ci sono uomini e donne che lavorano per noi, spesso senza gli strumenti adeguati”.

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