“Una Sanremo di successo e paillettes che era sempre e solo Sanremo”, è la definizione di Giuliano Ferrara per il palinsesto informativo di Rai1, che Ballando con le Stelle e Sanremo (quello canoro) a parte consiste essenzialmente nel Tg1, una sorta di ufficio stampa dell’esecutivo di turno, che però avrebbe subito una battuta di arresto nella sua discesa verso il nulla totale grazie alla presenza di una direttrice e di una squadra al femminile che hanno reso il più importante telegiornale italiano “qualcosa di vicino a Bbc World e a Bfmtv, le all news inglesi e francesi”. L’elogio di Ferrara si riferisce ovviamente all’annata e poco più di Monica Maggioni e di una squadra che ha visto, tra le altre, Giorgia Cardinaletti, di cui avevamo già parlato (bene), i cui meriti esemplificano alla perfezione quelli dell’intera squadra e del loro capitano, “O Capitano, mio capitano!”. Non solo freschezza, saper “fare le notizie”, nel senso di saper costruire il servizio intorno ai dati di fatto. Ma qualcosa che nota lo stesso Ferrara e che accoglie pienamente l’invito (forse l’imperativo) di Arrigo Benedetti, l’allievo di Longanesi, in quell’antologia di testi formidabili pubblicata da Nino Aragno, Più giornalismo, meno ideologia.
Ferrara ha ragione: “… il telegiornale di riferimento degli italiani non ha assunto posture militanti, non ha suonato la fanfara, si è limitato a far parlare un giornalismo delle cose che delle cose dava le lacrime, risparmiandoci le sue, come suggeriva Francesco de Santis alla letteratura sentimentale della sua epoca”. Chiaramente ci si riferisce alla guerra in Ucraina, dagli altri affrontata fin dai primi momenti prescindendo dai fatti e a favore di un bipartitismo cavernicolo che vedeva dispiegate due fazioni senza interesse per “le cose”, appunto. Chi dei principi faceva un motivo di informazione (come se il giornalismo di cronaca potesse combaciare con la propaganda, di fatto contraddicendo quegli stessi valori che si volevano difendere: democrazia, libertà di stampa, pluralismo, ecc.). E chi faceva delle controstorie e della dietrologia rossobruna il proprio pane quotidiano (da spiattellare ormai non solo nelle chat di WhatsApp, ma anche in alcuni quotidiani a tiratura nazionale). Ecco, qualcuno ha salvato la deontologia e quel po' di senso che potrebbe avere il concetto di "servizio pubblico”, optando per un tipo di giornalismo neutrale, quanto più possibile, ma mai piatto.
Lode a Monica Maggioni, ma parliamo anche della sua squadra. Anzi, dei risultati. Il Tg1, che ha lamentato per qualche tempo il tentativo di arrembaggio inspiegabile da parte di Fiorello della fascia oraria 8-10 a scapito della puntata mattutina del telegiornale, ha avuto la meglio, alla lunga, sulla concorrenza. Il modo di trattare la questione ucraina, in particolare, ci ha fatto respirare. Merito, in questo caso, degli speciali di Maggioni e delle tre inviate, su tutte, da Kiev, Severodonetsk e Slovjansk: Maria Grazia Fiorani, Emma Farnè e Stefania Battistini (queste ultime di Rainews24). Impossibile non parlarne a caldo, vista la novità (per molti una conventicola di sole donne uscita allo scoperto, per dimostrare chissà che; quei molti sono gli invidiosi) e la qualità. Sono brillanti, preparate, puntuali, senza lo sfarzo linguistico di alcuni professoroni, ma anche senza le moine luccicanti di TikToker e influencer con velleità politologiche. Insomma, giornaliste che fanno scuola e – speriamo – faranno scuola. Certo, questa breve parentesi aurea del giornalismo in sede pubblica (la Rai) potrebbe finire. Ora, al Tg1, spunterà il fedelissimo meloniano Gian Marco Chiocci, che prenderà il testimone di Maggioni, prossimamente alla direzione per l’Offerta informativa e, forse, presente in seconda serata su Rai2. Se lavorerà di fino come chi l’ha preceduto, Chiocci potrebbe replicare gli ottimi risultati di una giornalista rimasta neutrale, attaccata alla realtà, mai noiosa pur senza dover aizzare le folle con tagli politici di parte. Chiocci saprà districarsi nel gomitolo delle nuove nomine senza cedere a destra?
Anche perché l’opposizione è alle calcagna, pronta a mordere dove si può mordere, fregandosene della coerenza. È il caso di Incoronata (Cora) Boccia, che al netto delle uscite personali sembra essere l’oggetto preferito dell’attacco da sinistra in nome di una presunta corsia preferenziale dedicata a lei sulla rete pubblica, vista l’amicizia con Giampaolo Rossi, direttore generale della Rai, e un marito Ignazio Artizzu, capoufficio stampa della Regione Sardegna. Immaginate se la destra lo avesse fatto a una donna di sinistra, definendola raccomandata e moglie di. Soprattutto dopo “21 anni di carriera” in Rai, come ricorda Boccia stessa. Se cerchiamo un giornalismo diverso, lo avevamo trovato. Destra e sinistra usciti ugualmente sconfitti da una lotta che non ha fatto che premiare la professionalità super partes di Maggioni. Oggi con l’aria delle nuove nomine arrivano i mosconi dell’ideologia. E sbattono contro i vetri della Rai immiserendo il dibattito pubblico a tal punto da ridurlo al solito battibecco tra mancini e destrorsi attaccati alla poltrona che abbiamo sperato per un po' di non dover vedere più. Giudicare in anticipo, in ogni caso, non ha senso. Meglio limitarsi a valutare ciò che è stato. Da ottobre 2021 a oggi, l’arco di tempo che va dalla nomina di Maggioni alla direzione del Tg1 al cambio di guardia imminente, il Tg1 ha dimostrato di poter fare il proprio lavoro come si deve, senza reagire a comando. Giorgia Meloni e il suo governo hanno dimostrato di rispettare la professionalità della direttrice e delle giornaliste e speriamo che le nuove nomine (scelte da Camera dei deputati, Senato, Consiglio dei ministri e assemblea dei dipendenti Rai) possano entrare in continuità con il lavoro virtuoso di chi ha saputo restituire, come scritto da Ferrara, “un telegiornale come raramente se ne sono visti, in cui esplodeva quella cosa inafferrabile che è l’attaccamento professionale al lavoro ben fatto”.