Si chiama Vittorio Vitiello, 45 anni, originario di Pompei ma residente a Firenze, l’uomo che secondo gli investigatori sarebbe dietro Phica, il sito finito nel mirino delle denunce femminili. Dal 2023 Vitiello è anche titolare della Lupotto Srls, una piccola società registrata a Genova con finalità ufficiali legate al marketing e alla pubblicità tramite influencer. Phica, online dal 2005 e oscurato da giovedì scorso, era diventato un luogo di condivisione di immagini private di donne famose e non - spesso pubblicate senza alcun consenso. In diversi casi si trattava persino di minorenni. Le foto, caricate dagli utenti, erano accompagnate da commenti quasi sempre offensivi e sessisti. Il sito, a differenza di altre realtà strettamente amatoriali come il gruppo Facebook “Mia Moglie”, raccoglieva, in maniera simile al forum Telegiornaliste ma molto più esplicita anche immagini di personaggi noti: da Chiara Ferragni a Chanel Totti, dalle cantanti Paola e Chiara fino a giornaliste, attrici e persino figure politiche come la premier Giorgia Meloni e alcune parlamentari. Molti scatti provenivano da profili social, ma in altri casi erano inediti o rubati, come ha raccontato una nota ma anonima showgirl intervistata da Fanpage.it. La donna ha rivelato di essere stata fotografata di nascosto e poi addirittura ricattata: per rimuovere le immagini le sarebbe stato chiesto di pagare pacchetti da 250 a 1.000 euro al mese, in bitcoin, via PayPal o tramite bonifico effettuato da persone vicine.

Secondo un’analisi di cyberintelligence condotta dall’esperto Alex Orlowsky, dietro a queste richieste ci sarebbe proprio un uomo di nome Vittorio, nato nello stesso giorno di Vitiello. L’amministratore di Phica, sempre stando a queste ricostruzioni, si sarebbe presentato falsamente come collaboratore della Polizia Postale, utilizzando alias come Bossmiao, Phicamaster, Phicanet e Miao. Le indagini della Procura di Roma e della Polizia Postale vanno avanti per chiarire non solo la gestione del sito ma anche l’eventuale rete di estorsioni collegata. Oggi è in programma un vertice in Procura per decidere se accentrare a Roma tutte le denunce arrivate da varie parti d’Italia. Al momento le denunce ufficiali sono poche rispetto al clamore mediatico e alle segnalazioni social, ma gli investigatori parlano già di ipotesi gravi: estorsione, ricatti e persino associazione a delinquere, oltre alla diffusione di migliaia di immagini non autorizzate. Solo per l’estorsione, art.629 del codice penale, la pena prevista è la reclusione da 5 a 10 anni di carcere, aggravanti escluse. Se verrà accertato, come pubblicato da Domani, che il responsabile è lui, il sistema che aveva messo in piedi gli costerà caro.

