Due orche e diversi delfini continuano a sopravvivere, dimenticati, all’interno di un parco marino abbandonato in Francia. Una vicenda che sembra uscita da un incubo e che invece è realtà, documentata in modo eroico dal fotografo e videomaker statunitense Seph Lawless, noto per le sue inchieste sui luoghi proibiti e le “rovine moderne” dell’Occidente.
Con i suoi droni e la sua telecamera, Lawless ha portato alla luce un segreto che la Francia avrebbe preferito nascondere: vasche fatiscenti, acqua stagnante e animali marini prigionieri in condizioni incompatibili con qualsiasi standard di benessere. Immagini che gridano giustizia.
Le prime denunce sull’abbandono della struttura risalgono proprio agli anni della presidenza di Nicolas Sarkozy: già nel 2010 diversi attivisti e associazioni animaliste denunciarono con forza la gestione disastrosa e il trattamento crudele degli animali in cattività. Ma invece di affrontare il problema, il governo preferì imboccare la strada più comoda: ignorare, minimizzare e insabbiare. Le autorità locali hanno mantenuto una cortina di omertà, lasciando che gli animali restassero intrappolati in una lenta condanna a morte.
Il parco, chiuso al pubblico da tempo, non è mai stato bonificato né riconvertito. Al contrario, è stato trasformato in una prigione a cielo aperto per creature marine che in natura percorrono centinaia di chilometri ogni giorno.
Invece di ringraziare l’influencer americano Lawless per aver portato alla luce una vergogna nazionale, la risposta dello Stato francese è stata surreale e violenta: denunciarlo. Le autorità hanno tentato di sequestrare il materiale raccolto, intimandogli di restituire le registrazioni. Ma Seph Lawless ha resistito, rifiutando di piegarsi alla censura. Un paradosso: lo Stato che tace sul maltrattamento degli animali, ma che si attiva con solerzia quando deve mettere a tacere chi mostra la verità.
Le immagini diffuse mostrano chiaramente animali sofferenti, costretti in vasche inadatte, in acqua torbida e stagnante. Le orche, animali che in libertà vivono in clan complessi e percorrono fino a 150 chilometri al giorno, qui sono ridotte a fantasmi che girano in tondo in uno spazio limitato e sporco. I delfini, noti per la loro intelligenza, sono ridotti a ombre che sopravvivono in una prigionia silenziosa.
Questo non è solo un caso di negligenza: è un crimine ambientale e morale, un tradimento degli stessi principi che la Francia ama sbandierare quando parla di diritti e civiltà.
Di fronte a un simile scandalo, il silenzio dell’Unione Europea è inaccettabile. La Francia non sta solo tradendo i suoi cittadini e il mondo, ma sta violando le direttive comunitarie sulla protezione degli animali e sull’ambiente.

L’unica risposta credibile sarebbe l’avvio immediato di una procedura di infrazione e l’imposizione di sanzioni severe contro Parigi.
Se oggi conosciamo la verità, lo dobbiamo al coraggio di un uomo, Seph Lawless, che ha scelto di rischiare denunce e persecuzioni pur di dare voce a chi non ne ha. Ma il suo grido da solo non basta.
Serve una mobilitazione civile, politica e istituzionale. Serve che i cittadini europei pretendano che nessuna nazione, nemmeno la Francia, possa trasformarsi in una camera di tortura a cielo aperto per animali selvaggi e maestosi.
E sì, lo capisco: in un mondo in cui i bambini vengono massacrati ogni giorno in guerre combattute per potere e denaro, parlare di due orche e di qualche delfino può sembrare quasi irrilevante. Ma è proprio da questi “dettagli” che si misura la grandezza (o la miseria) della nostra civiltà occidentale. Una civiltà che dovrebbe distinguersi per la difesa della vita, della dignità e della giustizia, e che invece sta andando a rotoli sotto il peso della sua ipocrisia.
