Si parla di Luigi Mangione come di un eroe. Noi abbiamo provato a spiegare, realisticamente, l’omicidio di Brian Thompson, amministratore delegato della UnitedHealthcare, il più importante gruppo assicurativo in ambito sanitario degli Stati Uniti. Siamo partiti dal suo gesto, da ciò che hanno detto i giornali. Poi siamo passati a ciò che nessun giornale ha scritto o riportato: le parole di Mangione, tutte, senza tagli, la sua lettera, travagli addosso al momento dell’arresto, 262 parole per spiegare il suo gesto: un manifesto. D Zine, il blog dell’editore D Editore (che in Italia sta pubblicando di recente, con cura filologica, le opere di Theodore Kaczynski, alias Unabomber, uno dei riferimenti di Mangione) ha pubblicato un secondo documento, la cui autorevolezza era stata messa in dubbio inizialmente e che invece sembra essere proprio del “killer di New York”. Anche lì si parla del sistema sanitario americano, del gioco di potere (economico e non solo) dietro alla gestione della salute. È una biopolitica, cioè un tentativo di dominare sulla vita, ma anche una necropolitica (abbiamo citato Franco Bifo Berardi, il concetto di neocapitalismo, un tentativo di generare profitto dalla morte stessa). Non ci siamo tirati indietro, senza giustificare l’omicidio, che anzi abbiamo accostato, per “geometrica potenza” (definizione di un altro cattivo maestro, Franco Piperno), ai crimini mirati delle Brigate rosse. Noi siamo buonisti, non siamo ingenui e non siamo populisti: non ci interessa né giustificare Mangione né condannarlo per ciò che ha fatto.
Quindi non ci stupisce né ci indigna leggere che Daniela Ranieri, sul Fatto quotidiano di giovedì 12 dicembre, spende parole militanti, senza badare alla proporzione, sul caso Mangione. Anche lei parla della sanità, della svendita della salute umana a favore del profitto. Fa un ritratto dell’America che è il ritratto di vent’anni fa, consolidato dalle recenti evidenze, secondo Ranieri, e talmente vincente in un mondo in crisi, quello occidentale, che persino in Italia pare stia attecchendo: “Non è chiaro che l’arricchimento della privatizzazione della sanità privata e dello spolpamento di quella pubblica è il metodo adottato da tutti gli ultimi governi (tranne il Conte-2, in cui i fondi previsti da Speranza sono stati falcidiati dalla pandemia) per condurci inesorabilmente verso il modello americano?” Ci si chiede, per la forza dell’argomento di Ranieri, se sia possibile un Mangione in Italia: ci sono i presupposti? Ranieri fa la storia dell’ultimo biennio melograno, tra Autonomia differenziata, criminalizzazione del dissesto (la polemica sulla rivolta sociale di Landini, il del Sicurezza e così via). Poi l’ultimo paragrafo: “La vicenda Mangione-Thompson ci dice che in assenza di reale democrazia la violenza privata diventa l’unica forma di difesa dalla violenza sistemica”. L’antiamericanismo del Fatto è ben noto. Un antiamericanismo che è quasi americanofobia. Dell’America i travagliati non vogliono davvero saperne niente. Per cui che l’America non sia più una democrazia è opinione perfettamente coerente con la linea del quotidiano.
Il problema, invece, è fare i rivoluzionari con lo Stato degli altri. Ovvero prendere il caso Mangione e giustificare la violenza privata in assenza di reale democrazia. Posizione che, proprio perché siamo poco inclini agli strali lanciati dalle platee del buonsenso (non ci interessa difendere una morale standard, con i paraocchi, esattamente come non ci interessa difendere un omicidio), non vogliamo discutere. Il punto è un altro: ma Marco Travaglio e la congrega dei manettari non sono alfieri della giustizia istituzionale? Della magistratura, delle intercettazioni, dei tribunali, delle condanne, del carcere certo. Non sono ombre (e ombretti, ornamenti) dei Davigo e dei Gratteri e dei magistrati che non sbagliano mai? La giustizia privata non è il rovescio della giustizia dei magistrati e, per estensione, dei travagliani? Le manette valgono per tutti ma non per il ceo di un gruppo assicurativo? Forse si spiega così: il Fatto ha trovato un modo di essere più giustizialista dei giustizialisti, finendo per apprezzare la condanna a morte? Che sembra, poi, una soluzione più americana che difficilmente potrebbero apprezzare.