Ma vi siete dimenticati che il bullo è uno dei principali “topos” della narrativa, da quella letteraria a quella cinematografica a quella seriale? Avete dimenticato la gioia esultante che avete provato quando finalmente il bullo le prende di santa ragione? O la compassione lacrimevole quando infine si svela l’altra faccia del bullo, ossia quella di un ragazzetto ferito a morte dalla vita contro la quale non ha ancora sviluppato le armi difendersi? Avete dimenticato “Il signore delle mosche”, o “Karate Kid” o “Teen Wolf”? Non vi viene in mente il “Joker” di “Spiderman” o “La rivincita dei nerds?”. La proposta del ministro Valditara è discutibile, molto discutibile, comminare pene non è la funzione della scuola (anche se io sono andato dai “fratelli delle scuole cristiane” e ricordo le cinque ore passate in piedi, immobile, all’interno del perimetro di una mattonella, e sono ricordi bellissimi che odorano ancora di linoleum – non pensate male, nella mia classe eravamo tutti bulli), ma l’umiliazione del bullo, quella sì che è una gran figata!
Il ministro Valditara si è scusato per l’uso del termine “umiliazione” ma ha ribadito che “sospendere non basta”, quando forse avrebbe dovuto ripensare alla “pena” e restare fermo sull’uso del termine “umiliazione”. Allo stesso modo, le animelle belle, con la fretta di dire “al lupo al lupo”, si sono lanciate in una difesa dei bulli che li vorrei vedere al cinema, alzarsi in piedi, e parteggiare per Biff Howard Tannen (“Ritorno al futuro”) quando finalmente la sua decappotabile si riempie di stallatico o tifare per Johnny Lawrence (“The Karate kid”) quando Daniel LaRusso sta per sferrargli il calcio della gru (anche se recenti teorie sostengono che il vero bullo sia Daniel e non Johnny).
Esistono tante versioni del “topos” bullo. Dal bullo che si redime e passa dalla parte dei buoni (Steve in “Stranger Things”) al bullo integrale e irredimile… non fatemi passare in rassegna i cattivi-cattivi della narrativa di ogni genere. Esistono tanti tipi di bullo quante sono le sfaccettature e i toni di grigio della vita. Ma in una parola, il bullo, si chiama “antagonista”, e senza antagonista le storie non camminano, come non camminerebbe la Storia in generale o la storia privata in ognuno di noi. E, cari tutti, l’antagonista è sempre dentro di noi (ed è “sbajato”). E anche quando infine il bullo si guarda allo specchio e riconosce quel lutto che gli causa la rabbia e si scioglie in lacrime, quel guardarsi allo specchio nasce sempre da una qualche forma di “umiliazione”. Siate equilibrati: lasciateci liberi di umiliare il bullo, ma lasciate anche il bullo libero di svolgere il ruolo che gli spetta nella storia di ognuno di noi.