Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto al Quirinale il neocampione del mondo di motociclismo nella classe MotoGp Francesco Bagnaia, detto “Pecco”. Un grande e doppio successo perché non solo Bagnaia è un pilota italiano, nato a Torino e cresciuto nella Academy di Valentino Rossi, ma perché dopo cinquant’anni ha vinto con una moto italiana. Un evento che non accadeva dai tempi di Giacomo Agostini, ossia 50 anni. Oggi il Quirinale, con il tempismo e con l’attenzione che a questi eventi ha sempre dedicato il presidente Mattarella, ha ricevuto il campione ed i vertici dello sport italiano per congratularsi per il successo ottenuto. Fra le strette di mano, gli autografi sul casco e i complimenti di rito, del cerimoniale dell’occasione mi ha colpito una frase e una riflessione del Presidente.
Nel suo saluto, Mattarella ha infatti ricordato: “Come ha detto Bagnaia, il lavoro del team viene affidato al talento di chi è in pista, ma si arriva a quel punto perché dietro c’è un lavoro di tanti e tante professionalità”. Ecco, quella breve frase “c’è un lavoro di tante professionalità” mi ha riportato ai titoli dei giornali siciliani subito dopo la vittoria del moto mondiale: “Pagano, l’ingegnere di Bagheria campione del mondo con la Ducati”; “Un siciliano nel team del campione del Bagnaia”.
Tralasciando l’aspetto dell’orgoglio regionale e soffermandosi velocemente sul curriculum dell’ingegner Pagano, si può notare che questo professionista nato nel ’79 a Bagheria, piccolo paese alle porte di Palermo, figlio di una normalissima famiglia di impiegati, ha frequentato il liceo scientifico di Bagheria e poi si è laureato in ingegneria a Palermo con una tesi su “elettronica applicata alla meccanica”. Poi ingegnere telemetrista, ovvero colui che acquisisce dati tecnici del veicolo e poi analizza tutte queste informazioni con altri ingegneri e meccanici per gestire al meglio il mezzo. Come ha detto il Presidente, “tante professionalità” diverse e provenienti da tutte le parti d’Italia e di Europa, ma con un unico comune denominatore: le stesse scuole, la stessa formazione. Bagnaia, Ducati, Tommaso Pagano non hanno studiato nelle esclusive scuole o università delle città più grandi ma in normalissime scuole addirittura di piccoli centri. Un successo della scuola italiana, e di tutto il suo sistema, che va dal Ministero al bidello.
Oggi, in una nazione a tratti separatista, egoista e con grandi differenze economiche e sociali, l’unità d’Italia è testimoniata solo dal sistema scolastico. In un Paese che nelle fiction viene rappresentato come un luogo dove non si parla neanche la stessa lingua (pensiamo a Gomorra), dove non si hanno gli stessi valori (vedi i problemi delle Baby Gang), l’unica istituzione che offre a tutti la stessa formazione, gli stessi ideali e valori, è la scuola. Un percorso lungo e difficile che parte con la legge Coppino del 1877, che rispetto alla precedente legge Casati elevò da due a tre gli anni di obbligo scolastico per fanciulli e fanciulle, e introdusse delle sanzioni per le famiglie che disattendevano all'obbligo. Rischio sanzioni che per tanto tempo è stato affrontato dalle famiglie pur di non privarsi di 2 braccia in più sul lavoro. Tanta, tantissima strada fatta dalla scuola italiana. Un indimenticabile educatore diceva: “È solo la lingua che rende uguali. Uguale è chi sa esprimersi e intendere” (Don Milani). Ecco, quella lingua viene insegnata nella scuola italiana ed oggi quel complesso percorso avviato nel 1861 trova la sua realizzazione principalmente nella scuola. E se oggi tutti insieme possiamo celebrare la vittoria del mondiale di MotoGP lo dobbiamo a tanti ma a soprattutto a quel team chiamato scuola che ha permesso a professionisti di ogni tipo di fare Team o meglio più Team degli altri e vincere.