Sicuramente ciò che è successo nel 2020 con il Covid, un tempo che ormai sembra lontanissimo, ci ha segnato per sempre. Tra lockdown e zone rosse, mascherine e gel disinfettanti, abbiamo capito cosa vuol dire vivere, e cercare di convivere (più o meno), con una pandemia. Ma adesso, dopo una triplice dose di vaccino, non per tutti, e dopo il ritorno alla vita che possa essere definita “normale”, non bisogna certo pensare che il peggio è passato e che non ritornerà. In fin dei conti Ilaria Capua su Sette, il magazine del Corriere della Sera, è lapidaria: “Ecco quando arriverà la prossima pandemia”. La virologa e politica parte da un presupposto chiaro di quello che lei chiama “lessico virologhese”, che spiega come “finché ci saremo noi ci saranno anche le pandemie, e pertanto – sottolinea – una prossima prima o poi arriverà”. Così sono stati presi in esame i virus influenzali passati, partendo dalla celebre Spagnola del 1918, che “aveva dei geni provenienti da virus degli uccelli”, passando all’Asiatica del 1957, “con geni di provenienza aviaria”, l’influenza Hong Kong del ’68, e infine la Suina del 2009, “virus – scrive Capua – originatosi in Messico […] figlio della globalizzazione: ha geni di virus umani, aviari e di suini”. Ecco, adesso basta unire i pezzi come se fosse un puzzle, e il risultato è chiaro: ecco la data della prossima pandemia (che potrebbe già essere tra noi)…
Infatti, secondo la virologa del Corriere, “il periodo interpandemico che possiamo calcolare a oggi è di un minimo di undici (57-68) a un massimo di quaranta anni […] – e – dall’ultima pandemia influenzale – continua Capua riferendosi a quella del 2009 – sono passati quindici anni e qui si sta davvero rischiando grosso, schizzando l’alcol nel fuoco”. Il riferimento, infatti, è a quanto sta succedendo attualmente in America; dove, si legge ancora su Sette, “sta accadendo qualcosa di molto pericoloso che aumenta a dismisura il rischio pandemico: il famigerato virus H5N1, quello della cosiddetta avaria, con un salto di specie molto acrobatico ha infettato migliaia di bovini da latte […] Si stanno registrando casi umani e il virus si trova abbondantemente nel latte crudo”. Negli Usa al momento, secondo il dato del magazine, si contano oltre centosettanta focolai, uno scenario tutt’altro che semplice. Ma non si tratta solamente di un problema americano. Secondo quanto riportato dall’Ansa, infatti, “a partire dal 26 luglio sono stati confermati sei focolai di Peste suina africana (Psa) in altrettanti stabilimenti di suini in Lombardia (province Milano, Pavia), in Piemonte (provincia Novara) e in Emilia Romagna (provincia Piacenza)”. A evidenziarlo è stato lo stesso ministero della Salute, sottolineando che è “in via di elaborazione una nota informativa al territorio per rinforzare il sistema dei controlli”. Ok, ma non è che la prossima pandemia è già qui?