L’Unione Europa ha deciso di bandire le auto con motore termico entro il 2035, ma alcuni Stati non ci stanno. Capofila della protesta la Germania e l’Italia, che la settimana prossima renderà nota la sua contrarietà al Regolamento di Bruxelles che prevede lo stop alla produzione e alla vendita di auto e van con motore a combustione di qui a dodici anni. A metterlo nero su bianco è il Ministero dell’Ambiente in un dispaccio ufficiale. Da Berlino, il ministro dei Trasporti, Volker Wissing, ha prospettato la minaccia di un nein tedesco se nonc i sarà una deroga sull’uso dei carburanti sintetici (e-fuels). “Al momento non siamo a conoscenza di proposte, ma solo di esternazioni di rigetto da parte del commissario europeo Frans Timmermans”, si è lamentato il ministro. Più soft, ma non meno duro nella sostanza, il collega italiano titolare dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin: “I target ambientali vanno raggiunti attraverso una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa”, ha sottolineato nella nota formale.
Il fronte del no mette in pericolo la compattezza che aveva fatto dare per scontato il nuovo corso, cioè sostanzialmente l’apertura e la spinta delle auto elettriche a basse emissioni. Perché, oltre a Italia e Germania, bisogna mettere in conto anche il voto sfavorevole della Polonia alla pre-intesa (Coreper) del Regolamento, e all’astensione della Bulgaria. Il punto politico, oltre che industriale ed economico, del disaccordo, lo ha chiarito proprio Pichetto Fratin: “Il successo delle auto elettriche dipenderà molto da come diventeranno accessibili a prezzi concorrenziali”. La linea del governo di centrodestra italiano si potrebbe definire non ostile, ma scettica riguardo la transizione ecologica affidata all’elettrico. “La transizione in cui tutti crediamo va incentivata e accompagnata ma correre rischia di produrre l’effetto contrario”, aveva già infatti dichiarato il leader leghista Matteo Salvini, ministro dei Trasporti. Il prossimo appuntamento per una partita che si annuncia difficilissima è il 7 marzo, al Consiglio dell’Unione Europea.