È dalla Sardegna, dunque, che arriva la prima sconfitta di Giorgia Meloni, dopo un anno e mezzo nel quale la premier di Garbatella aveva sbagliato poco o nulla. Al «Trux» meloniano, Paolo Truzzu, che doveva secondo le previsioni vincere a mani basse, i sardi preferiscono Alessandra Todde, candidata del campo largo. E nel centrodestra ci si prepara alla resa dei conti, con una Lega sotto il 4% che accusa la premier di aver scelto un cavallo sbagliato. Al termine di uno scrutinio infinito, conclusosi dopo oltre 24 ore, in piena notte, Todde stacca il rivale del centro-destra un po’ ovunque, da Cagliari dove pure Truzzu era sindaco, così come a Sassari, così come nella Sardegna del turismo progressista di Carloforte. Conte e Schlein, dopo aver fatto campagna separati, volano sull’Isola. Fumano Renzi e Calenda, che avevano appoggiato senza troppa convinzione il terzo incomodo, Renato Soru, sperando di guastare le feste all’alleanza giallo-rossa. La campagna di Todde, cinquantacinque anni, ingegnera prestata alla politica, è stata all’insegna dell’amalgama tra Pd e M5S, in un revival del governo Conte II. L’alleanza che ha costruito si è dimostrata più forte di quanto molti analisti credevano e si è incentrata su una visione di Sardegna autonoma ma senza esagerare, contraria alle scorie nucleari ma non del tutto ostile alle necessità dell’industrializzazione. Un’alleanza che ha saputo parlare, evidentemente, all’isola sofferente dei giovani che emigrano in massa, o restano e non trovano lavori dignitosi. Così si sono superate tra i due principali partiti quelle che fino a cinque anni fa, con Enrico Letta leader del PD, sembravano differenze insormontabili.
Il Pd adesso è il primo partito. Segno che l’alleanza con Conte non vuol dire portare l’acqua all’«Avvocato degli italiani» e basta. Ma il Movimento 5 stelle, certo, si prende la Regione. È la prima volta nella storia. Non solo: è dal 2020 che il centrosinistra non vinceva una partita regionale e addirittura dal 2015 che non strappava una Regione alla destra. Allora era successo con Vincenzo De Luca, altro candidato atipico, certamente più autoritario e autonomista dell’isolana Todde. Che diventa la prima governatrice sarda in un panorama politico italiano sempre più al femminile. «Io sono una donna di sinistra, con un nonno che si è fatto il carcere perché antifascista militante», spiega in un’intervista a Costantino Cossu de Il Manifesto. Una donna che «crede in valori totalmente contrapposti a quelli della destra e che fa della questione morale un valore inviolabile». Lo ha fatto capire quando, in una trasmissione radio, ha usato parole volutamente grosse «contro chi è fascista». Si riferiva al governo nazionale: «non si può definire diversamente. Sono fascisti e va detto». L’insulto «disperato», lo ha definito Il Giornale. Mica tanto visti i risultati. E chi lo sa se, a pochi giorni dalle manganellate sui ragazzini pro-Gaza a Pisa, e le calunnie proferite dal sottosegretario Donzelli (li accusava di voler assaltare una sinagoga) e l’irrituale intervento del Quirinale contro i manganelli facili, non sia stato anche l’andazzo ducesco del Viminale ad aver smistato qualche migliaio di voti sardi.
Secondo l’analista politico Luca Picotti, l’unica immagine certa che si può trarre dal quadro politico italiano è «l’inesistenza nella società del cosiddetto centrismo ‘liberale, europeista e riformista’», ben rappresentato dalla debacle di Soru, rinnegato persino dalla figlia. Un Terzo Polo che cercava di boicottare il compromesso giallo-verde e si è ritrovato sotto l’8%, stretto a una borghesia reattiva e benestante. Sul duo Renzi-Calenda, che doveva spaccare tutto, le parole più precise le ha spese l'ex leader socialista Rino Formica «sono cercatori d'oro nelle sabbie del fiume; ma nel fiume si trova al più qualche pesciolino. Non sarà un centro aristocratico, sdegnoso, dispettoso, a risolvere i problemi reali». Il fatto che sui social, questo Terzo Polo, si mostri da tempo per quello che è, ossia un centrismo radicalizzato e sostanzialmente paranoico, incapace di parlare fuori dai già convertiti, spiega il perché nel Paese reale non riesca a fare egemonia. Lasciando il campo largo, anzi larghissimo, agli esperimenti come Todde.