Nella serie Netflix Vatican Girl appare, anche se con volto nascosto, un’amica di Emanuela Orlandi. Un’amica a cui la quindicenne cittadina vaticana avrebbe fatto una confidenza prima di scomparire il 22 giugno 1983: "Ci dobbiamo vedere perché ho un segreto da dirti". Emanuela, secondo il racconto dell’amica, sarebbe stata molestata da qualcuno all’interno del Vaticano: "Aveva paura e forse anche vergogna. Cosa avrei potuto fare? Nessuno mi avrebbe creduto, eravamo solo due ragazzine". Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha più volte raccontato come all’interno della Santa Sede negli anni ’80 la pedofilia fosse un fenomeno con cui si conviveva con accettazione: “Credo che ci sia stato un ricatto nato all'interno del Vaticano, e che Emanuela sia stata messa in una determinata situazione per creare l'oggetto di questo ricatto molto forte. C’è la possibilità che persone molto in alto, ma veramente in alto ai vertici del Vaticano, possano aver commesso qualcosa, e qualcuno ha utilizzato quella situazione per creare un ricatto enorme”. E che continua ancora oggi: “Una delle possibilità è che Emanuela possa aver subito un abuso, organizzato per creare l'oggetto del ricatto. E, siccome il Vaticano da quarant'anni fa di tutto per evitare che possa uscire la verità, se nel 1983 si parlava della pedofilia di cardinali come se fosse una cosa normale e accettata, si può pensare che la pedofilia sia anche più su dei cardinali”. Eppure secondo Andrea Purgatori, giornalista che ha lavorato instancabilmente al caso di Emanuela, dietro il racconto dell’amica ci sarebbe molto di più...
Nessun terrorismo internazionale come si ipotizzava inizialmente, per Purgatori la vera pista da seguire è sempre stata un’altra. Il denaro. “Il cardinale Paul Marcinkus, capo dello Ior, la banca vaticana, aveva piena gestione dei soldi, perché con Wojtyla aveva un patto: finanziare Solidarnosc in Polonia in funzione anticomunista e in cambio avere le mani libere sulla gestione del denaro. Poi però Marcinkus finisce nel crac del Banco Ambrosiano, una perdita di 1.200 miliardi di lire. Gran parte dei quali erano i soldi di provenienza criminale che dovevano essere riciclati, e che i criminali rivolevano indietro. Sappiamo che questo intreccio c’è e tutti gli indizi portano a questo: Emanuela Orlandi è stata utilizzata da qualche organizzazione criminale per rientrare dei soldi”. Ed è in questo scenario che si inserirebbe la testimonianza dell’amica: “Possiamo raccontarla in un altro modo, e qui si capisce perché la questione delle molestie è legata a quella dei soldi. Potrebbe essere una storia in due tempi. Nel primo Emanuela scompare a causa di un giro pedofilo in Vaticano, viene abusata e poi uccisa. Nel secondo il mondo scopre, giorni dopo, attraverso i manifesti appesi dal padre e dallo zio, che è sparita questa ragazza che non è una delle tante scomparse, ma è una cittadina del Vaticano. È quello che ci vuole per recuperare i soldi dallo Ior: Emanuela può essere la merce di scambio per recuperare i miliardi dell’organizzazione criminale. La Banda della Magliana va a recuperarla, viva o morta, ne prende gli effetti personali, e poi riconsegnerà la ragazza, viva o morta, non lo sappiamo”. Quarantuno anni di ipotesi che in questo momento di audizioni in Commissione d’inchiesta non fanno che rincorrersi sempre di più. La verità è l’unica cosa che continua a mancare…