Per anni ci hanno raccontato che il futuro sarebbe stato elettrico. Che il motore a scoppio sarebbe diventato un fossile tra i fossili, un ingranaggio del passato da rottamare in nome di un pianeta più pulito e di città meno rumorose. Eppure, nel 2025, gli italiani sembrano ripensarci: l’auto termica riconquista terreno, l’ibrido si consolida come compromesso ideale e la corsa verso il full electric sembra rallentare, se non addirittura impantanarsi.
Il Global Automotive Consumer Study 2025 di Deloitte lo certifica: l’interesse per i motori a combustione è passato dal 19% del 2023 al 32% del 2025. Non solo: il 56% degli italiani dichiara che il fattore determinante nell’acquisto di un’auto è il prezzo, e la soglia psicologica è fissata a 50.000 euro. Il problema? Le auto elettriche, con i loro costi ancora proibitivi, restano fuori dalla portata di molti.
Franco Orsogna, automotive sector leader di Deloitte, prova a mitigare la disillusione: «Non direi che l’elettrico sia bloccato, piuttosto parlerei di rallentamento». Ma le cifre raccontano una storia diversa: oggi solo il 4% delle nuove immatricolazioni in Italia riguarda veicoli a batteria, e se anche il 9% degli italiani dice di essere intenzionato ad acquistarne uno, si tratta di una crescita troppo lenta per parlare di una rivoluzione imminente.
Gli ostacoli? Autonomia insufficiente (41%), tempi di ricarica troppo lunghi (40%) e carenza di infrastrutture (36%), senza contare le difficoltà nell’installazione di una colonnina domestica. In altre parole, l’Italia sembra ancora lontana da una mobilità totalmente elettrica, mentre l’ibrido – Hev e Mhev – si impone come soluzione più appetibile. Stellantis, Volkswagen e Renault lo hanno capito e stanno riposizionando le loro strategie, puntando su una gamma più ampia di modelli ibridi.
E nel frattempo Elon Musk gioca un’altra partita.
Tesla, la caduta e la promessa dell’immortalità
Il colosso del settore elettrico ha chiuso il 2024 con risultati tutt’altro che esaltanti: margine di profitto lordo in calo al 16,3% (contro il 19,8% del terzo trimestre), utili netti giù del 23% e un fatturato della divisione automotive sceso del 6%. I tagli sui prezzi per contrastare la concorrenza e il rallentamento della domanda hanno pesato, ma Wall Street, invece di punire Tesla, l’ha premiata con un rialzo del 5% nel giorno della pubblicazione dei conti.
Perché? Perché Musk non è solo un imprenditore, è un narratore di futuro. E il futuro, dice lui, è l’intelligenza artificiale e la guida autonoma: «Non dico che sia un percorso facile, ma Tesla diventerà l’azienda di maggior valore al mondo, di gran lunga», ha dichiarato.
Ma c’è dell’altro. Gli investitori scommettono sulla sua vicinanza politica con Donald Trump, che potrebbe trasformarsi in normative più permissive per la guida autonoma. Lo stesso Sole 24 Ore sottolinea che il mercato sembra premiare più il protagonismo politico di Musk che i fondamentali economici della sua azienda.
Il futuro è scritto?
Il 2025 potrebbe essere l’anno in cui l’auto elettrica diventa finalmente accessibile, grazie all’arrivo di nuovi modelli a prezzi più competitivi. Tuttavia, resta un’incognita: se le case automobilistiche occidentali non accelerano, i cinesi potrebbero approfittarne, colmando il vuoto con veicoli più economici e performanti.
Nel frattempo, il mercato globale si divide tra chi rallenta e chi accelera, chi scommette sulla politica e chi sui numeri. L’Italia, come sempre, sta a guardare, cercando di capire se il futuro sarà davvero elettrico o se, alla fine, si tornerà semplicemente a fare il pieno.