Un’ora di dibattito gestito con pacata eleganza da Luca Sommi, conduttore di Accordi e Disaccordi e giornalista del Fatto. Ospiti della puntata Marco Travaglio e Bruno Vespa, in libreria con il suo ultimo libro su Hitler e Mussolini. Con loro Sommi ha affrontato svariati temi, cercando di mettere in contrapposizione i due, che su più di un tema, tuttavia, si sono trovati, se non in accordi, quantomeno non in disaccordo. Inizia Travaglio, con una mega sintesi sulla distinzione sinistra e destra: resta, almeno stando al direttore del Fatto, più una suggestione ideale, gaberiana, che non una questione reale ormai: “La sinistra esiste, come la destra, nella mente e nel cuore delle persone. Quando vanno a votare poi cercano altro, perché si sono resi conto troppe volte che non bastava la targhetta di sinistra o di destra per poi attendersi le politiche conseguenti. Pensa lo shock che devono avere avuto gli elettori della Meloni quando la videro che andava trotterellano con la Von Der Leyen a cui aveva promesso che era finita la pacchia. Pensa allo shock di non riuscire a battere il chiodo sui migranti, tant’è che siamo costretti a portarne otto alla volta su delle portaerei per riportarle poi indietro il giorno dopo. Insomma, se c’era una certezza era che questi ai migranti gli rendevano la vita difficile; invece son triplicati nel primo biennio di questo governo”.
“La stessa cosa è avvenuta dall’altra parte. Quando Elly Schlein è stata eletta per rivoltare il Pd in polemica contro gli iscritti (perché gli iscritti avevano scelto Bonaccini), gli elettori in quella follia delle primarie aperta perché volevano un altro Pd. Lei per qualche mese li ha illusi, dopodiché non è cambiato niente. L’altro giorno, in un riflesso pavloviano, la Schelin il giorno stesso in cui la Harris ha perso le elezioni è andata a gettarsi tra le braccia di Mario Draghi. Per carità, non è mica un delinquente, ma se c’è un insegnamento di quel voto in America è che devi stare lontano dalle élite se vuoi prendere i voti. E tu vai dal santo protettore delle élite a rifugiarti”. La caduta nelle braccia dell’élite, poi, non sarebbe gratis per Travaglio. Draghi, con il suo piano Ue, infatti, avrebbe già indicato quali stradi percorrere. Strade da tecnico, che fanno venire a Travaglio la nostalgia per una delle ultime statiste europee: “Chiedete alla Merkel se vuole fare due anni di volontariato in Ue, perché almeno la testa ce l’ha per dare una risposta seria, politica – perché è una politica, non un tecnico. È l’unica che avesse una visione. Poi ha fatto degli errori. Insieme alla fuga ignominiosa degli americani dall’Afghanistan, secondo me la dipartita della Merkel è stato un altro via libera a Putin, perché quando c’era lei l’Europa ha sempre trovato un modo di stare ciascuno al proprio posto”.
Si passa poi alle elezioni Usa e all’ingombrante figura di Elon Musk, ceo di Tesla, Starlink e X, tra i maggiori finanziatori di Trump e semplicemente l’uomo più ricco (e d’ora in poi potente?) del mondo. Ma siamo sicuri sia sempre stato un “pericolo fascista” ideologico? Per Travaglio no: “Fino a ieri Elon Musk si definiva mezzo-democratico, non per ragioni di cuore ma anche per ragioni di soldi. Ha finanziato molte campagne elettorali anche di amici suo elettorali, ma ha sostenuto come presidenti Obama, Biden e prima Hilary Clinton. È sempre gravitato, come tutta la Silicon Valley, sopra al mondo Democratico, anche se è sempre stato un po’ più entrista rispetto a quelli che erano proprio sparati. Dopodiché, hanno cominciato a prenderlo a calci. L’amministrazione Biden lo ha preso a calci per quattro anni, arrivando al punto di organizzare un vertice alla Casa Bianca sull’auto elettrica; ora, quando pensi all’auto elettrica pensi a Tesla ovviamente, che fa le migliori auto elettriche occidentali. L’hanno esclusa e hanno invitato General Motors che, con tutto il rispetto, non mi pare che sia paragonabile a quello che ha fatto Musk con Tesla. Così, a furia di calci, lo hanno buttato nelle braccia di Trump, di cui Musk aveva detto peste e corna. Quando aveva detto che avrebbe votato Biden, aveva detto delle cose molto pesanti contro Trump. Ma Trump a differenza dei Democratici non ha la puzza sotto il naso, prende tutto quello che gli serve. E quindi se l’è immediatamente preso”. Si tratterà di capire, piuttosto, come Musk potrà risultare utile allo Stato italiano, che per ora da Trump non ha ricevuto nulla (se non complimenti per la premier): “Sarà interessante capire cosa ci trova la Meloni, visto in base alla legge sul reato universale sulla Gpa, lo dovrebbe arrestare. Se lei riuscirà a convincerlo ad aprire qualche stabilimento in Italia, soprattutto nel settore dell’auto, visto dove sta andando a ramengo l’automotive in Italia con Stellantis e la fuga verso la Francia eccetera, avrà vinto. Altrimenti sarà semplicemente un modo per ingraziarsi l’amministrazione Trump”.
Passando all’Italia si torna a parlare di libertà di parole e di espressione. Partendo da un presupposto: “Meloni è una persona tignosa. Questo la porta spesso a una sindrome d’accerchiamento che sconfina nella mania di persecuzione. Quando ha detto ‘Nessun premier come me è incappato in un periodo così difficile’; ma se le fosse capitata una guerra o un covid…” Manie di persecuzione che, per Vespa, non sarebbero del tutto infondate. La Meloni, infatti, non andrebbe più nei programmi di opposizione perché a ogni ospitata tutti le sarebbero andati subito addosso chiedendole se fosse o meno fascista. Piuttosto, potrebbe migliorare lato conferenze stampe, anche se anche queste “finiscono sempre abbastanza male. I giornalisti vanno solo per coglierla in fallo”. Travaglio crede che questo non dovrebbe frenare la premier: “La sua principale qualità è la parlantina, con la sua parlantina ha coperto il disastro della classe dirigente. Per cui non capisco che problema le porterebbe avere qualcuno talmente a corto di argomenti da chiederle ancora se è fascista. Secondo me sbaglia a non confrontarsi”. Forse è su questo tema, quello della libertà di critica, che i due giornalisti riescono realmente a essere su due versanti opposti del dibattito. A partire dall’Editto Bulgaro, che coinvolse proprio Travaglio, insieme con Santoro, Biagi e Luttazzi. Per Vespa “Travaglio e Luttazzi sono stati accantonati. Per quanto riguarda Biagi e Santoro, invece, hanno avuto un onorevole compenso mai dichiarato ufficialmente. A un collaboratore non spetta liquidazione, quindi… Proiettiamo quelle cose là e facciamo un dibattitto. Tieni conto che a me fu impedito di fare due prime serate, una con Le Pen e una con Berlusconi, da Zaccaria. E invece in prima serata andarono con due tre programmi che dire che erano contro Berlusconi è abbastanza...” Continua Vespa: “L’editto Bulgari è stata una cosa che non si fa, che ho criticato. Ma a Biagi furono proposti altri programmi che non accettò. Certamente, però, continuare a dare spazio di primissima serata a una persona che insieme con Benigni all’immediata vigilia del voto gliene ha dette di tutti i colori, insomma… Un imprenditore qualunque avrebbe avuto problemi. Tenere in prima serata una persona che ha avuto degli atteggiamenti contro il governo non da servizio pubblico”.
Siamo davvero sicuri fossero atteggiamenti poco consoni? Per Travaglio ovviamente no: “Io ho un concetto completamente diverso di servizio pubblico. Io non penso che il servizio pubblico debba lisciare il pelo ai politici. Penso debba essere pluralista all’interno di tutta la programmazione, non ho mai chiesto la chiusura di Porta a porta, anche se non è il mio ideale di servizio pubblico. Io sono per aggiungere, non per togliere. Rimpiango il tempo in cui c’era la lottizzazione. È impressionante vedere il deserto di oggi, tranne qualche eccezione. Perché: nascono solo coglioni e solo servi? No, è evidente che quelli che nascono di talento o li frenano all’ingresso oppure gli tarpano le ali se sono già entrati. Altrimenti non è pensabile che tutti i talenti siano al Nove al Sette, e la Rai non possa più permettersi delle trasmissioni con ascolti pazzeschi. Un tempo uno guardava Santoro, Vespa, Minoli, Biagi, Funari, Lerner. C’era di tutto un po’. Gli unici che rimanevano fuori, perché era lottizzazione e non pluralismo, erano gli anarchici oppure quelli che non erano legati a nessuna forza politica”.
SI chiude poi con una piccola nota di colore a partire dal libro di Vespa, Hitler e Mussolini (Rai libri, 2024). Davvero Hitler era omosessuale? Per Vespa sì: “Lui aveva la guardia del corpo fatta da omosessuali. Hitler aveva anche grossi problemi sessuali. Era una persona gentilissima, raffinatissima, cosa che Mussolini non era. Hitler era squisito. Poi alle donne faceva fare cose terribili, per perversioni al massimo grado”. Meglio, comunque, che di fascismo e nazismo si parli solo nei libri per Vespa, che ricorda M – Il figlio del secolo di Antonio Scurati, convinto che sia stato per Giorgia Meloni più che un assist: “Ricordo una M enorme in pria pagina su La Repubblica e ho ripensato alle decine di migliaia di M che accolsero Mussolini al suo viaggio a Berlino. Non c’era una svastica, non c’era un fascio littorio, solo al M. Io dissi: questa è pagina pubblicitaria che dovrebbero fatturare a Fratelli d’Italia. Non si fa così la campagna elettorale”.