Accanto a battaglie più meritevoli e degne di rispetto, esistono storie di ordinaria follia vegana e animalista. Di recente, tra un attacco agli onnivori e altro, è partita una nuova campagna con tanto di video promozionale. ol fulcro del video sono tutta una concatenazione di scene pensate per scioccare gli spettatori: famiglie che posano con i loro bambini per le foto mentre il fotografo li incita a dire “vitellini macellati vivi” (o “separazione dei vitelli dalle vacche”) al posto del classico cheese (formaggio), giovani donne intente a farsi un selfie che, a loro volta, sostituiscono cheese con “impregnazione ripetuta e forzata!” e un uomo che esulta nel mettersi in posa urlando: “Decornazione e taglio della coda!”. Partiamo dal presupposto che, nonostante la campagna Peta (organizzazione per il trattamento etico degli animali) abbia incoraggiato gli osservatori a dire per esemio bee (ape) al posto di “formaggio” (nemico degli animali ma ottimo alleato nutrizionale degli onnivori e anche dei vegetariani), il post ha ricevuto nel complesso una reazione particolarmente negativa da parte degli spettatori. Non a caso molti hanno fatto uso dei social media proprio per deridere la campagna per la sua insistenza sulla nuova terminologia pro-vegan.
Peta vuole, dunque, combattere a favore degli animali modificando la tradizione decennale del "cheese" (e la domanda che sorge spontanea è: vale davvero la pena investire in questo genere di marketing pro-vegan per insegnare qualcosa di buono alle nuove generazioni?). La campagna mira a stigmatizzare il senso più profondo della produzione dei formaggi, ricordando al mondo che le mucche soffrono e muoiono nell'industria lattiero-casearia. Se Peta sostiene che diventare vegano voglia dire risparmiare la vita a quasi 200 animali all’anno per "conversione" al veganesimo (causa del tutto nobile), allo stesso tempo non considera l'enorme impatto ambientale che questa scelta può comportare. Un mondo vegano, in termini di consumi di risorse (specialmente petrolifere) avrebbe un impatto molto importante a causa dell’utilizzo di fertilizzanti, ma anche dell’abbandono di materiali di origine animale che quotidianamente utilizziamo.
Difatti, i fertilizzanti che adoperiamo per coltivare frutta e verdura sarebbero quasi solamente chimici per sostenere la produzione (addio biologico), così come i capi di vestiario esclusi come lana, seta e pelle darebbero ancora più spazio a quelli sintetici (ancora una volta, di origine petrolifera). Lo stesso cibo consumato in grande quantità dai vegani non è sostenibile per l'ambiente, attraverso gli impatti della produzione di quinoa, avocado o tofu, i cui effetti devastanti si notano già adesso, con la produzione solo parziale. Con tutta probabilità, chi crede di salvare il pianeta smettendo di mangiare carne, pesce, uova o il famoso cheese è spesso in buona fede, ma spesso sbaglia il punto sul quale concentrarsi per fare battaglia. Non è certo modificando il detto di fronte a una fotocamera che si combatte (con le giuste armi) l'industria intensiva di allevamento animale. Questa del cheese ha tutti i presupposti per nascere (e morire) come una campagna che farà un buco nell'acqua. O meglio, nel formaggio.