Negli ultimi giorni gli occhi del Mondo sono puntati – nuovamente – verso la Federazione Russa. Questo non solo per il conflitto in Ucraina, che va avanti da ormai oltre due anni – e che vede la lenta, ma costante avanzata russa - ma anche in vista delle elezioni presidenziali russe, che si terranno tra poche ore, fra il 15 e il 17 marzo. Proprio a ridosso delle elezioni, su cui già c’è molto scetticismo, soprattutto rispetto alla loro reale trasparenza, il presidente russo Vladimir Putin, dopo le discusse foto con lo street artist italiano Jorit e la recente intervista con il giornalista americano Tucker Carlson, è tornato nuovamente a parlare al suo Paese, la Russia, così come al resto del mondo, in una nuova intervista, stavolta con la televisione russa. In particolare, hanno suscitato moltissimo scalpore le sue parole sulla possibilità di un ipotetico allargamento del confitto in Ucraina: “Siamo pronti a usare le armi atomiche, se minacciati”, che hanno da subito allarmato alcuni analisti, che hanno iniziato a parlare dell’ipotesi di una Terza guerra mondiale. È infatti noto che già alcune settimane fa il presidente francese Emmanuel Macron si era detto disposto a inviare delle truppe terrestri in Ucraina, se necessario (anche se per ora, fortunatamente, questa resta solo un’ipotesi), e nelle ultime settimane si è aggiunta anche la novità dell’adesione della Svezia alla Nato, che, seguendo a ruota la Finlandia – entrata nell’alleanza atlantica lo scorso anno – pare aver “infastidito” Putin a causa della sempre maggiore vicinanza con i confini russi delle truppe Nato. La guerra in Ucraina, però, non è - purtroppo - l’unico fronte acceso, dato che anche sulla Striscia di Gaza la situazione è drammatica. Solo nell’ultimo mese, difatti, i morti fra la popolazione palestinese hanno superato le 30.000 unità e inoltre fra quelli che invece sono sopravissuti, in migliaia hanno iniziato a soffrire pesantemente la fame a causa degli ostacoli all’arrivo degli aiuti umanitari da parte delle truppe israeliane, che, in questo modo, hanno privato migliaia di civili di beni di prima necessità. La cosa ha suscitato un'ondata di indignazione generale nella comunità internazionale, ma purtroppo, ad ora, una soluzione reale al problema non è ancora stata trovata. A proposito della complessa situazione in Ucraina, così come degli avvenimenti in Medio Oriente, abbiamo intervistato il giornalista, saggista e reporter di guerra Alberto Negri, attualmente impegnato come editorialista del Il Manifesto, e inviato per oltre 40 anni in numerosi territori coinvolti in scontri bellici, fra Medio Oriente, Asia, Africa e Balcani.
Alberto Negri, cosa pensa delle elezioni russe che si terranno a breve, a partire da oggi fino il 17 marzo? Anche se forse è un po’ scontato il risultato...
Diciamo che non c’è una grande suspence. Putin, come tutti gli autocrati, si sta comportando in un certo modo: usa il pugno di ferro, come chiunque detenga il potere, ma anche il guanto di velluto. Il pugno di ferro è per far capire che non può esserci un’opposizione, per cui ogni tanto colpisce, per dare un messaggio a tutto il Paese. Il guanto di velluto invece sono le sue varie interviste degli ultimi tempi, quella con Tucker Carlson, ma non solo, che danno un messaggio interno al suo Paese, ma anche fuori, al mondo. Però è difficile comprendere a pieno cosa accada in Russia davvero. In moltissimi parlano e scrivono di Russia ormai, ma la Russia è un Paese grandissimo e la verità è che noi non sappiamo cosa stia accadendo veramente. Possiamo avere un’idea molto vaga su quello che accade a Mosca, a San Pietroburgo, ma ci sono tutte le altre città. Che ne sappiamo davvero noi?
Cosa pensa della guerra in Ucraina, che va avanti ormai da oltre due anni?
Questa guerra non nasce oggi. Le ragioni risalgono a molto più indietro, parliamo degli avvenimenti degli ultimi 20 anni, ma non credo che Putin arrivi a occupare Kiev. Il giorno dopo l’inizio dell’invasione, nella notte del 24 febbraio 2022, io ero a pranzo con un amico russo, e lui, che era in contatto con l’Ambasciata russa, mi disse che in realtà anche lì non erano stati messi al corrente di quell che stava per accadere e dell’invasione, appunto. Anche l’ambasciatore di allora, dormiva e non era stato avvisato. Io allora chiesi al mio amico: “Pensi che Putin possa davvero occupare Kiev?” e lui mi rispose “No, Kiev è un boccone troppo grosso”.
Quali sono allora le ragioni, anche rispetto a quello che ha detto, degli ultimi 20 anni?
L’errore che si commette oggi è quello di voler decidere che cosa sia Europa e che cosa non lo sia. Nell’Unione Europea, oggi, tutti i Paesi dell’ex Patto di Varsavia, sono considerati come Europa, ma la Russia no, è stata lasciata fuori. Ma chi siamo noi per decidere che cos’è Europa? In passato ci fu anche un personaggio, una volta anche Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che anni fa fece una cosa per cui non potemmo credere ai nostri occhi: Berlusconi portò Putin a un vertice Nato. Si immagini. Un po’ lo fece per i suoi interessi, ma lui, allora, pensava davvero che la Russia fosse Europa. Noi oggi non lo pensiamo più e si vuole decidere sulle sorti dei Paesi europei, tenendo però la Russia fuori, che allora pensa ai suoi interessi.
Senza dubbio c’è stato un progressivo allontanamento fra l’Europa (e il mondo occidentale in generale) e la Russia, negli ultimi due anni più che mai. Lei pensa che oggi sia peggio che durante la Guerra fredda?
È diverso, perché durante la Guerra fredda almeno si sapevano esattamente le posizioni degli uni e degli altri, ma la guerra vera e propria era una cosa improponibile e impossibile da pensare, perché la Seconda guerra mondiale era appena finita. Io ho fatto il militare negli anni Settanta, e nel corso delle esercitazioni, ci si “preparava” perché si sapeva esattamente cosa sarebbe successo, se mai ci avessero invaso dall’estero, anche se la cosa non era plausibile. Noi, io e la mia famiglia conservavamo ancora il vivo ricordo della Seconda guerra mondiale. La guerra è distruzione, fame, perdite umane, milioni di profughi. Noi, della mia generazione, siamo nati dalle macerie di quel conflitto. Io ricordo i buchi delle bombe a Milano, nella mia infanzia, ma oggi quella memoria è stata dimenticata.
Con l’evoluzione dei conflitti in corso, da quello fra Russia e Ucraina, a quello che sta succedendo nella Striscia di Gaza, alcuni parlano di “Terza guerra mondiale”. È una previsione plausibile, per quanto spaventosa?
Io ho visto la guerra. A casa mia, nella mia infanzia, se ne parlava tutti i giorni della guerra, anche a tavola, perché in tempo di guerra non c’era nemmeno da mangiare. Oggi invece la gente sta a dieta, sia per motivi estetici, che dal punto di vista materiale e morale. La memoria della guerra è troppo lontana e le nuove generazioni non immaginano nemmeno cosa questo significhi. Quelli della mia generazione che ne scrivono e ne parlano tanto anche in tv, mi sembrano stupidi. Perché parlano tanto di Terza guerra mondiale? Perché non c’è più la leva obbligatoria e allora si pensa che ad andare a combattere e morire sarà sempre qualcun altro, forse mercenari, gente pagata. Ma chi combatterebbe davvero? Quando devono partire i tuoi figli, come agisci? Se fossero obbligati a combattere, loro, parlerebbero con maggiore rispetto per la gente che muore. Nella guerra in Ucraina sono morte decine di migliaia di persone, ucraini, ma anche russi. I mass media dovrebbero parlare di questo. Nessuno ha fatto un reportage in Ucraina per vedere le migliaia e migliaia di croci nei cimiteri, ma invece dovrebbero farlo. Dovrebbero mandare i filmati di questo nei programmi tv, invece si parla sempre delle solite notizie. Il fatto è che dopo la morte, non lo sappiamo davvero cosa ci sia, ma c’è così tanta stupidità, ignoranza, orgoglio, che portano le nazioni a vivere così, in maniera precaria.
Cosa pensa dell’invio delle armi all’Ucraina?
Non so se sia al corrente, ma gli Stati Uniti negli ultimi due anni hanno fornito 100 miliardi di dollari di aiuti militari all’Ucraina, e questo non lo dico io, lo ha detto il New York Times. Eppure, è emerso che di questi, 60 miliardi erano appaltati all’industria bellica statunitense e ora, due anni dopo, evidentemente hanno fatturato abbastanza e non vogliono andare avanti, per cui questa guerra “deve” finire.
Ma come cambierebbe allora l’assetto politico? Molti dicono che senza l’invio di armi l’Ucraina resterebbe “sola” e perderebbe molti dei suoi territori
Gli ucraini non sono dei bambini. Sono già passati 10 anni da quando Putin, nel 2014, occupò la Crimea, gli ucraini avevano già perso il controllo su quel territorio. Oggi sulle regioni di Donetsk e Lugansk, sotto sovranità russa, pensi alla distruzione, un giorno tutto sarà da ricostruire, tutte quelle macerie... Ma pensa mai che Kiev potrebbe dare dei soldi per ricostruire in Donetsk e Lugansk? Assolutamente no. Ma è questo il punto, per finirla, qualche cambiamento sulla mappa, bisogna farlo. Quando la guerra è persa è così. Pensi all’Italia dopo la Seconda guerra mondiale, dopo il 1945. Era un Paese distrutto e alcuni territori, quello della Dalmazia e dell’Istria, furono “presi”. Ci furono migliaia di profughi dalmati e istriani italiani che scapparono, ma né allora, né oggi, nessuno si svegliava la mattina dicendo “Ridatemi l’Istria e la Dalmazia”. Nelle guerre funziona così. Anche qui abbiamo visto cambiare i confini, ma a guerra perduta ti rassegni. Bisogna pensare a ricominciare a vivere. Se continuiamo a dare armi agli ucraini, continueranno ad ammazzarsi coi russi. A queste persone bisogna ridare invece una speranza per il futuro, la speranza di un domani.
La guerra in Ucraina fra l’altro, come sa, non è l’unico violento conflitto in corso. Anche a Gaza ci sono stati decine di migliaia di morti, dicono oltre 30.000 dallo scorso 7 ottobre…
Io sono stato in Medio Oriente come corrispondente per molti anni, quanti morti pensa abbia visto? A 23-24 anni sono stato in Iran, poi anche in Africa, nei Balcani e i morti che ho visto sono milioni. Ho visto distruggere e cambiare tanti Paesi proprio nel Medio Oriente. Pensi all’Iraq, che oggi non è più un Paese a causa della più grossa fake news della storia, quella su Saddam Hussein, per cui poi arrivò quell’attacco da parte degli americani. Anche la Siria è stata distrutta.
Ma perché tutto questo?
Perché c’è un chiaro disegno: in quella regione si vuole imporre il dominio di un solo Stato, che è lo Stato di Israele. Israele ha un potente arsenale nucleare e gli Stati Uniti hanno deciso che debba essere l’unico Stato dominante. Questo è il significato del Patto di Abramo: fare di Israele una potenza. E noi siamo complici di questo massacro, perché i morti palestinesi sono molti più di 30.000. Noi abbiamo fornito armi a Israele. Lo ha fatto l’America, ma anche noi italiani.
In che modo l’Italia è complice?
L’8 marzo 2023 Netanyahu venne a Roma e l’Italia allora firmò un accordo con cui appaltò la sua cyber security allo Stato di Israele. Roberto Baldoni, allora direttore dell'Agenzia per la cyber security nazionale, decise di dimettersi, proprio per non firmare questa cosa. Ma poi c’è un altro fatto, non se è al corrente che dal 29 ottobre 2023 l’Eni ha firmato un accordo con il ministero dell’Energia di Israele, per iniziare a “esplorare” i giacimenti di gas davanti a Gaza, il gas dei palestinesi. Per questo dico che noi siamo complici, lo dico a ragion veduta.
Cosa pensa del fatto che l’Occidente, l’Onu e la comunità internazionale comunque non abbiano chiesto una tregua a Israele?
L’Ue si straccia le vesti parlando dei morti a Gaza, ma qualcuno ha mai parlato di imporre per caso delle sanzioni? Israele occupa le terre altrui, ha colonizzato le terre palestinesi, ma non gli viene impedito. La Russia è stata sanzionata, ma in quarant’anni nessuno ha mai pensato di sanzionare Israele.
Quindi ha ragione chi parla di doppio standard?
Sì, è così, ma le faccio notare un’altra cosa: nessuno Stato del Medio Oriente, Israele incluso, ha mai messo delle sanzioni nei confronti di Mosca, a differenza nostra. Israele non ha mai pensato di mettere delle sanzioni a Putin e sa cosa significa questo? È la dimostrazione che nessuno crede più all’Europa e all’America. Negli anni abbiamo fatto disastri dappertutto, siamo stati colonialisti, abbiamo fatto la qualunque. Anche quello che succede in Medio Oriente è causato dall’Occidente, dal Regno Unito, dal colonialismo francese, e poi dopo la Seconda guerra mondiale, dagli Stati Uniti. È qui che si vedono i doppi standard, per questo il resto del Mondo, l’Africa, l’India, la Cina, miliardi di persone, tre quarti del mondo, non ci credono più.
Cosa pensa dell’entrata nella Nato di Svezia e Finlandia? Due anni fa, all’inizio della guerra in Ucraina, Putin disse che ci sarebbero state delle conseguenze…
Per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale Putin ha spostato le truppe russe vicino al confine con la Finlandia e sicuramente, se non fosse entrata nella Nato, questo non sarebbe successo. Sono comportamenti “da bambini”. È ovvio che di fronte alle provocazioni, Putin reagisca. I finlandesi sono dei bambini. E la stessa cosa in Ucraina, se la Nato arriva al confine russo…
Pensa che questo possa allargare il conflitto in tutta Europa, o persino nel mondo?
Noi ci siamo messi in queste condizioni e continuiamo a metterci, perché siamo governati da degli incapaci, che ci porteranno a un conflitto, non mondiale, - perché Cina, India e Africa resteranno a guardarci ridendo – ma un conflitto europeo, di cui non sappiamo prevedere le dimensioni, ma potrebbe essere anche peggio della Seconda guerra mondiale. Da allora, dalla Seconda guerra mondiale in poi, l’Europa non ha più contato niente.
Può darsi, ma in che senso questo si vede in Europa, oggi?
Prenda uno Stato come la Germania, per esempio. Dal punto di vista economico, nonostante la crisi, è ancora il più importante Paese europeo, eppure non è in grado di prendere decisioni autonome. Anche ottant’anni dopo la Seconda guerra mondiale, non ha la sua sovranità. Il cancelliere Scholz ha ricevuto importanti pressioni per consegnare missili all’Ucraina, da parte di Macron, nonostante la Germania abbia già speso 7 miliardi in armi, a fronte di solo 400 milioni della Francia. Eppure, i francesi fanno pressioni su Scholz. Sono anche stati intercettati dei generali tedeschi che, - condizionati dal fatto di essere parte della Nato – hanno chiesto a Scholz di mandare assolutamente quei missili all’Ucraina e così sarà. Costringeranno la Germania a dare i missili al Regno Unito e da lì, in questo modo, arriveranno in Ucraina. Quindi neanche la Germania può decidere il proprio destino, viene deciso dalla Nato.
Che ne è allora del destino dell’Italia, parte dell’Ue e della Nato? Sulle armi Giorgia Meloni ha anche firmato l’accordo bilaterale di collaborazione con Zelensky, recentemente…
Se la Germania non è indipendente, figuriamoci l’Italia, il Paese più indebitato d’Europa. Abbiamo 500 milardi di debito pubblico, per cui è ovvio che la nostra indipendenza economica e politica sia labile. L’Italia in questo senso è debole e fragile.
Cosa pensa del governo attuale?
Gli attuali governanti devono farsi un pedigree per essere accettati dall’Europa e dagli Usa. Meloni è stata bravissima in questo: si è chinata a Usa e Israele, come si è visto l’8 marzo 2023, già che abbiamo appaltato la nostra cyber security, e anche la questioni di Eni, come dicevo, perché tutto è stato confermato dal governo. Se la Germania è manovrata e il cancelliere Scholz è stato messo con le spalle al muro, noi potremmo pensare di essere indipendenti? Noi siamo peggio, come camerieri che vanno a pulire le briciole dei padroni: gli Usa, Israele e l’Unione europea.
Sono riflessioni molto dense e significative, a cosa sono dovute? Lei nella sua carriera si è occupato moltissimo di esteri, in che modo ha maturato queste idee?
Perché sono lucido, ho studiato, ma soprattutto ho vissuto 43 anni di guerre e penso che a qualcosa serviranno. Tutti quelli che parlano in tv non hanno mai visto l’Ucraina, il Medio Oriente, l’Africa, l’Est. Insegnano cose che non conoscono e parlano di persone e posti che non conoscono. Io li guardo in tv e rido, perché sono stato in Afghanistan, in Iraq, in Siria, in Somalia, Mozambico, Angola, Algeria, quando non ci poteva andare nessuno, e mi ricordo i nomi e le facce.
Quindi molte persone oggi parlano e scrivono, senza sapere…
Sì. io sono nato a Milano, ci ho vissuto, ci sono nati mio padre e mio nonno, ma trovo che per esempio proprio Milano sia diventata una città irritante. È una città di saputelli, che “sanno tutto loro”, i nuovi milanesi – oltre al fatto che ci sono prezzi allucinanti – e allora preferisco altri, preferisco gli ignorantoni di Roma, che almeno, mi fanno ridere.