Il bilancio della Rai finito nel mirino della Corte dei Conti mostra le problematiche dell’azienda che governa la televisione pubblica. E ci impone di riflettere sul futuro di un sistema radiotelevisivo che finisce per gravare sulle tasche dei cittadini con il canone senza per questo risparmiare l’erario pubblico, che attinge alle nostre tasse, e diventa ciclicamente obiettivo di abbordaggi politici spregiudicati. La Corte dei Conti contesta alla Rai, in particolar modo, l’aumento spropositato dei costi del personale rispetto alle attività svolte. E più in generale una difficoltà strutturale nel raggiungere l’equilibrio tra entrate e uscite che invece non compete alle altre aziende di Stato, da Eni a Leonardo, che riescono a raggiungere uno strutturale equilibrio reddituale.
La Rai nel 2021, nota la Corte dei Conti, ha aumentato di un terzo il deficit di bilancio, da 20 a 30 milioni di euro. Su quell'anno la Corte dei Conti ha rilevato per la Rai un aumento complessivo dei costi pari a 179,3 milioni di euro sul 2020 (+7,28%), a fronte di una crescita delle entrate da 155 milioni (+6,56%). Ma soprattutto a preoccupare sono le spese per il personale: aumentano di un quarto sfondando quota un miliardo di euro (+24,4%). Viene da chiedersi perché la Corte dei Conti abbia fatto le pulci a un bilancio che, nello scorso esercizio, l’ad Carlo Fuortes ha poi portato faticosamente al pareggio: come spesso succede, il diavolo sta nei dettagli.
La lezione della gestione della Rai parla di un baratto tra sostenibilità dei conti e patrimonio a disposizione. La Rai ha ridotto da 315 a 286 milioni di euro il patrimonio a disposizione, principalmente attraverso la dismissione di immobili che la Corte dei Conti si riserva di giudicare dopo una prima valutazione positiva, e questo ha contribuito nel 2021-2022 a risolvere in parte il problema del passivo di bilancio, senza però che i centri di spreco venissero particolarmente toccati.
In altre parole, leggere il bilancio 2021 aiuta a capire perché quello del 2022 presenti una relazione in chiaroscuro. Il pareggio c’è, ma al costo di uno smobilizzo degli assetti di proprietà della Rai, e dunque indirettamente della collettività, e la loro privatizzazione. Mentre i costi del personale sono il vero onere strutturale che grava Viale Mazzini. E non si parla solo di stipendi - spesso garantiti a professionisti con un’eccellente carriera alle spalle - ma anche delle spese accessorie: costi di viaggio, benefit eccetera. Tutto quello che la Corte dei Conti definisce la somma di “sprechi e inefficienze” che gravano sul sistema Rai.
La scelta della nuova amministrazione Rai di guardare alla cautela prima che alla “rivoluzione” targata Meloni si giustifica con l’ascesa di manager, Roberto Sergio come ad e Giampaolo Rossi come direttore generale, che conoscono bene la galassia Rai e dovranno usare l’anno da qui al rinnovo del CdA, nel 2024, per capire come far quadrare costi, oneri e sfide con una semplice logica aziendale: ogni costo ha senso se produce ricavi. Sergio e Rossi lo sanno bene. E in quest’ottica l’uscita dalla Rai di stipendi e compensi di autori come Luciana Litizzetto, Fabio Fazio e Lucia Annunziata crea opportunità, per gli spazi di bilancio che libera, e rischi, per le potenziali perdite da mancati introiti per la fine di programmi con una storia consolidata.
La prima sfida sarà dunque quella di far quadrare i conti senza snaturare il servizio e evitando la svendita massiccia di asset pubblici. Il pareggio 2022, letto alla luce dei rilievi del bilancio 2021, svela a tal proposito un ultimo punto debole, da non sottovalutare: quello dell’indebitamento, volato da 573 milioni a 580 in un anno dopo esser sceso da 606 a 573 dal 2020 al 2021. La Rai smobilizza da un lato e si indebita dall’altro per gestire le sfide correnti in termini di spesa e finanziamento delle sue operazioni mentre mantiene forti centri di costo non toccati. Vere e proprie “rendite di posizione” che insegnano quanto spesso un bilancio in pareggio non sia strutturalmente sano. E trattandosi di pubblici denari, è bene riflettervi a riguardo. A Sergio e Rossi in mano la palla per una sfida importante: rendere Rai, nell’alveo pubblico, un attore capace di stare sul mercato audiotelevisivo in forma competitiva.