Ahò, com’è che dice coso? Aspetta che lo chiediamo a Federico Palmaroli, in arte Osho. È uscito qualche mese fa il suo ultimo libro, intitolato “Come dice coso. Un anno di satira” con la raccolte delle vignette del 2022, di cui l’autore parlerà a Passaggi Festival a Fano il 22 giugno. Da vignettista di geniale cazzeggio su Facebook, a collaboratore di Porta a Porta, il romano Palmaroli (classe ’73, amicizie a Roma Nord, lavoro nel settore immobiliare, amico della premier Giorgia Meloni) di strada ne ha fatta. Più a destra, sul quotidiano Il Tempo prima e ora, attività fresca di giornata, pure con uno spazio tutto suo al Tg1 Mattina Estate. Persona alla mano, schivo senza complessi, un po’ infastidito dalle dinamiche di quei social da cui lui stesso proviene (sulla sua passata love story con Augusta Montaruli, dimessasi a febbraio da sottosegretaria all’Università dopo la condanna per uso illecito di fondi in Regione Piemonte, dice che “è una cosa vecchia di due anni, ma sembra che uno debba essere responsabile delle azioni degli altri”, perciò, a Dagospia che aveva dato la notizia poi rettificata, “se intanto m’ero sposato, m’aveva mannato bevuto, come diciamo noi a Roma. La rettifica era solo per questo, non disconosco niente, Augusta è una bravissima ragazza”), Palmaroli fa ridere trasversalmente perché, come leggerete nell’intervista qui di seguito, a lui importa soltanto far ridere. La sua satira parodizza bonariamente. Non fa male, è pura presa in giro. Non si pone come dichiarato scopo politico prendere d’assalto la retorica che avvolge di melassa il potere, ogni potere. E’ una risata liberatoria nel flusso giornaliero di imbecillità. Nient’altro.
Gian Marco Chiocci, da neo-direttore del Tg1, l’ha chiamata per un intermezzo satirico nell’edizione mattutina, a partire proprio da oggi. Come è andata?
In Rai sono già da tre anni, nelle ultime tre edizioni di Porta a Porta, ma senza collegarmi. La novità è che ora posso anche raccontare interpretando con l’intonazione le vignette. La satira politica l’ho cominciata al Tempo, al tempo in cui direttore era Chiocci, che da questo punto di vista mi ha “scoperto”, perché prima ero solo sui social.
Insomma la chiamata di Chiocci è stata quasi naturale.
Sì, perché ha voluto dare un momento un po’ più leggero. Sono molto contento di poter introdurle. Quando faccio gli spettacoli a teatro, faccio fondamentalmente lo stesso: metto un titolo che introduce la vignetta e poi mostro la vignetta. È la formula che sicuramente preferisco. Qui al Tg1 Mattina è comunque più complicato perché parliamo di processi creativi che devono rispettare certe regole.
Dovrà stare più attento a cosa pubblica, ora.
Io vorrei rispettare la par condicio, sia sul centrodestra che sul centrosinistra. E poi sicuramente non uscirò più la sera, perché dovrò lavorare di sera per raccontare il giorno dopo quel che è successo il giorno prima, a meno che non succeda qualcosa durante la notte. Praticamente dovrò fare una rassegna stampa serale anziché mattutina.
Le diranno ancora di essere un autore che fa satira governativa.
A parte che io sono emerso nel momento in cui Fratelli d’Italia era al 3%, sono arrivato in Rai allora. Ma in ogni caso devo dire che sono sempre stato stimato un po’ da tutti. Non è la mia cifra comica fare satire aggressiva. Fondamentalmente io riproduco dei dialoghi di uso comune e li abbino a vicende politiche. Nella televisione pubblica, come dicevo, la cosa complicata è cercare di rispettare tutte le posizioni, e non lo fa nessuno. Perché alla fine tutti quelli che fanno satira sono schierati, e si vede (calca la voce sull’ultima fase, ndr). A differenza degli altri, semmai io ho una produzione molto maggiore, non so perché… Sono abbastanza bulimico. In generale è ovvio che se lavori per un quotidiano d’opinione devi tener conto di quella opinione, non è che poteva massacrà proprio quella. Nessuno è completamente indipendente.
Ma la satira, cito il Vernacoliere, non dovrebbe anzitutto “rompere i coglioni”?
Forse allora io non rientro nel concetto di satira. Più che rompere i coglioni il mio obiettivo è stato sempre far sorridere. Oppure, quando si dice che la satira deve “far riflettere”: ecco, io non sposo del tutto quest’idea. Un può essere libero di riflettere, ma a me interessa semplicemente strappare una risata. Più che altro a volte tento di far emergere delle contraddizioni.
Cioè, esattamente quale è la sua formula creativa?
Fare un’analogia tra un tema politico e un fatto di vita quotidiana. L’esempio classico è quando Trump perse le elezioni per la Casa Bianca e cercava in tutti i modi di vincere con il riconteggio dei voti eccetera, l’analogia immediata per fu quella di uno che c’ha lo sfratto. Così presi Trump e la moglie Melania, scrivendo “m’ha detto un amico mio che se ce mettemo un anziano dentro casa nun ce ponno caccià”. Insomma, portare il quotidiano del comune mortale su argomenti distanti magari anni luce. Ma non è che mi sforzi di fare così, è che io sono amante del genere della parodia.
Perciò a lei non interessa far incazzare i suoi bersagli?
No, sinceramente non mi interessa.
Nessuno, proprio nessuno se l’è mai presa?
No, appunto. Non ho quel piglio che può avere un Vauro, e infatti non sono mai stato investito da polemiche. Ma non perché abbia paura o per prudenza, ma perché la vivo in un altro modo. E mi pare che funzioni.
Non nota anche lei un aumento esponenziale della permalosità, a tutti i livelli? Si offendono tutti, ormai.
Più che altro noto un aumento della cattiveria. Ma da questo a prescindere dalla satira. Lo vedo in mezzo al traffico, dove è quasi pericoloso mettersi a discutere. Poi purtroppo c’è questo fenomeno, che potremmo chiamare dell’essere più realisti del re, per cui si incazzano di più i supporter dei politici, mentre magari il politico s’è fatto una risata. E i social lo amplificano.
Non solo politica in senso stretto: ci sono categorie i cui attivisti diventano subito isterici appena li si prende anche solo un po’ in giro, come i lgbtq o gli ambientalisti.
Il politicamente corretto ha fatto questo danno: ha creato sensibilità artificiali, che prima non si sarebbero mai incazzate. Nel momento in cui abbiamo creato delle categorie, alla gente è come se arrivasse un alert e si innesca un processo che in realtà è artificiale, non perché io singolo mi sono davvero risentito. Se però si diffonde nell’opinione pubblica l’idea che su una certa cosa non si può scherzare o un termine è giudicato a priori pesante o scorretto, allora scatta un risentimento automatico.
Chi le piace fra i suoi colleghi?
A me piace molto Makkox, e c’è una stima reciproca, per citare uno che fa lo stesso tipo di mestiere, anche se lui disegna.
C’entrerà anche che siete entrambi romani.
Probabilmente sì, tante battute in romanesco sono tipiche di un umorismo che abbiamo a Roma. Poi sicuramente uno che fa satira sicuramente bipartisan è Maurizio Crozza, che a me piace molto. Però ecco, anche lui non è feroce.
Crozza fa caricature, intelligenti e documentate, ma caricature.
Esatto, è caricatura. Anche lui piace a tutti, non penso che abbia mai fatto incazzare nessuno. E lo stesso Makkox, non ha mai fatto incazzare nessuno. E che vogliamo dire allora, che non fa satira?
Il suo ultimo libro si apre con una citazione di Aldo Palazzeschi in cui si legge che la gioia è più profonda del dolore, perché ci vuole sforzo per provarla. Per prepararsi cosa legge?
L’unica preparazione che mi è servita è di essere da sempre un grande osservatore, specialmente dei dialoghi comuni e degli stereotipi verbali che la gente utilizza. Per esempio, quando tratto delle rotture nelle coalizioni utilizzo metafore dalla vita di coppia, una terminologia immediatamente riconoscibile. La base della mia formazione comica sono le esperienze e l’osservazione, oltre che ovviamente l’approfondimento del tema politico.
Ricorda molto il metodo di Carlo Verdone, che prende e rimodella dei modi di dire e addirittura delle persone realmente esistenti per i suoi film.
Beh, diciamo che Carlo Verdone, Alberto Sordi e tutti i grandi comici romani, ogni romano se li porta un po’ dentro come loro si portavano dentro la romanità. Io quando penso a una battuta la penso in romanesco, perché ce l’ho nel DNA.
Verdone in particolare ha uno sguardo bozzettistico. Anche lei prende appunti in strada, al bar o dal meccanico?
Sì sì, molti comici hanno questo serbatoio di personaggi reali, che è un bacino creativo importante.
Delle sue influenze culturali si conosce il futurismo. È un futurista, lei?
Sono molto appassionato, sì. Quando l’ho approfondito, una ventina di anni fa, ho scoperto molti punti di contatto: questo gusto per lo sberleffo, vivere un po’ sopra le righe, non accontentarsi mai di stare con le natiche poggiate saldamente su qualcosa, non fare una vita comoda ma preferire sempre il capitombolo a 100 km orari. A parte l’aspetto artistico che mi affascina, c’è tutta una letteratura dietro che rispecchia il mio modo di essere.
Che oggi è molto affine alla stagione politica e culturale del momento, con la destra al governo.
Sì, anche se il futurismo dovrebbe essere l’orgoglio un po’ di tutti, perché è stata l’unica avanguardia artistica italiana. Purtroppo è cresciuta e si è sviluppata nel momento in cui in Italia c’era il regime fascista e quindi viene subito catalogata di conseguenza. Ma in realtà esponenti importanti il futurismo li ebbe anche in Russia.
Fuori satira, da cittadino cosa pensa di Giorgia Meloni?
Mah, posso dare due informazioni su di lei, anche se non è che siano cose sconosciute. Una è che è una persona simpatica, molto ironica, che fa battute, e questo è sicuramente uno degli aspetti principali per cui lei ed io andiamo d’accordo. E la seconda è che studia molto, è davvero una secchiona, quando c’è da studiare una materia lei ci si butta a capofitto.
Ma un giudizio politico me lo dà?
Mi sembra anche un po’ troppo presto. Io quando parlo con lei non parlo di politica, cerco de faje fa’ ‘na risata.
Ma oltre alle risate, come le sembra stia andando il governo?
I dati delle ultime regionali dicono che non è finita la luna di miele con il governo. Posso dire che la Meloni è una persona molto preparata, questo sì.
Non è che mi sta facendo il paraculo?
Ma no, neanche un analista politico esperto potrebbe esprimere un giudizio definitivo sull’esperienza di governo. Ma tutti le riconoscono di essere preparata, questo è innegabile.
Lei oggi è una personalità in vista. Osho farà una vignetta anche su di lei, Federico Palmaroli?
Non la potrebbe più fare perché non c’è più. Per me sarebbe contento, da quel che so è una persona molto autoironica, che raccontava molte barzellette.
Allora sarà Palmaroli che prenderà in giro Palmaroli?
Io sono molto autoironico, mi capita di prendere in giro le mie stesse convinzioni.
“Io non sono sempre delle mie opinioni”, diceva Giuseppe Prezzolini, un altro mito della destra.
Ma è vero, l’ho visto per esempio sui vaccini. Io ero uno che aveva molti dubbi, ma me li sono fatti. Però facevo battute sui vaccini e sui vaccinati, nonostante io lo fossi, e la gente non riusciva a capire se ero pro o contro. Se io ho una battuta la faccio. È una necessità.
Va di pancia, quindi. Allora, viva la pancia.
Esatto.