CazzGPT. Se veramente vogliamo spiegarci l’inspiegabile – cioè, il mistero doloroso che ha fatto del devastante Aldo Cazzullo un intellettuale à la page della contemporaneità – tocca ricorrere a ardimentose interpretazioni. Il tizio imperversa e sbuca ormai da ogni dove: in tv come sullo schermo dello smartphone, sulla piastra del microonde come nel bugiardino delle supposte di glicerina. Non c’è cosa di cui non discetti, infaticabile atleta del pensiero, come se ne possedesse il codice ultimo. Sdottora di Dante come se al Sommo Poeta avesse dedicato una vita di studi, surfa sulla storia d’Italia come se avesse speso i più verdi anni della sua vita a mangiare la polvere degli archivi, azzarda un talento da biblista quasi che fosse entrato in possesso della terza tavola dei Comandamenti, quella che secondo la celebre versione dei Monty Python riportava i precetti dall’11 al 15 ma purtroppo andò in frantumi. Ma sempre e comunque sfoggiando quel timbro di voce che tanto ricorda le vecchie radioline a transistor quando le batterie cominciavano a essere scariche. Sicché, e proprio vogliamo spiegare il fenomeno, dobbiamo fare ricorso alla suggestione della civiltà delle macchine. Per esempio, recuperare la suggestione di Ash, l’androide che nel primo Alien veniva scoperto come tale soltanto quando era molto tardi e finiva ingloriosamente come testa parlante adagiata sul mentre sputacchiava reflussi allo yogurt parzialmente scremato. O magari una forma di intelligenza (?) artificiale. Tipo CazzGPT. Da l’input su un tema e la macchina sforna una robina calligrafica, impersonale, con le insulsaggini giuste al posto giusto e la garanzia di portare a casa il 6 politico.

Il meglio di questo stile lo si trova nella rubrica della posta dei lettori, che il nostro androide tiene sul Corriere della sera con piglio da Donna Letizia. Nell’edizione di mercoledì 9 luglio, due lettori lo hanno sul tema della possibile eliminazione del ballottaggio dalla legge per l’elezione dei sindaci: turno unico e via andare. Manco il tempo di sollecitarlo che CazzGPT s’infervora: le leggi elettorali dovrebbero essere sacre. E la madonna! Sacre, addirittura. E allora, le costituzioni? Se le farebbe marchiare a fuoco sui glutei? E certo, l’essersi eretto a biblista massimo dell’Umanità, con ambizione di darci dentro di matita blu e glosse sull’Antico Testamento. Ma da qui a dispensare il nimbo della sacralità così ad minchiam, ce ne corre. Il problema è che ormai CazzGPT non conosce mezze misure. Dategli un tema, fosse anche le emorroidi al caramello salato, e lui nel giro di 22 secondi netti vi sforna un testo che contiene: l’origine della patologia, i dettagli biomedici, i rimedi naturali e quelli per lettori no-Big Pharma, gli esperimenti di laboratorio condotti sui macachi zebrati (che presentano una variante proctologica analoga, alla cannella di São Tomé e Príncipe), e i personaggi famosi che nel corso della storia ne hanno sofferto. Per dire, già l’indomani, (Corriere della Sera del 10 luglio) l’Ash di Alba ha piazzato un’altra prodezza. I lettori lo hanno sollecitato a dire qualcosa sul penoso cuciniere Cappuccetto Nero. Nella risposta trovare la summa del cazzullismo. Si parte col seguente frammento: vi confesso che non conoscevo lo chef Cappuccio. Ho intervistato Massimo Bottura, Fulvio Pierangelini, Enrico Crippa, Antonino Cannavacciuolo, Carlo Cracco, Enrico Bartolini, ma lo chef Cappuccio purtroppo mi mancava. Pura autoreferenzialità: chi sarà mai ‘sto Cappuccio, se non è stato interpellato da CazzGPT manco per conoscere il corretto uso della carta cucina per contenere l’oleosità dei fritti? Ma andiamo avanti. In un successivo frammento arriva la battutona (…) possiamo serenamente dedurre che, quando il buon Dio ha distribuito la materia grigia tra gli esseri umani, è stato più generoso con Einstein, Rita Levi Montalcini, Enrico Fermi, Umberto Eco, Borges, che con chef Cappuccio. E niente, ormai non esiste attività dell’Onnipotente che gli sfugga. Non può nemmeno prendersi un caffè senza che Cazzullo lo monitori. Ma il tocco speciale arriva quando si tratta di commentare il passaggio in cui il cuciniere dice di non volere collaboratori “comunisti e fancazzisti”: dove avrà trovato nell’Italia di oggi tutti questi comunisti? Soprattutto, chi l’ha detto che i comunisti non hanno voglia di lavorare? E allora Stachanov? Meraviglioso. È un po’ come chiedersi: «Ma chi l’ha detto che tutti gli albesi sono intelligenti? E allora Cazzullo?».

Promiscui in tutto. Le testate Libero e Il Giornale condividono tutto il possibile: l’editore, la linea politica, la sede, il grado di QI dei direttori responsabili. Nulla di cui stupirsi, visti i grami tempi che corrono per la carta stampata. Ma se poi si arriva a condividere pure i puntini di sospensione nei titoli, il discorso cambia. È successo con le edizioni mandate in edicola il 9 luglio. La titolazione degli articoli che trattavano del cambiamento di posizione di Donald Trump nei confronti di Vladimir Putin in relazione al conflitto tra Russia e Ucraina presentava qualche somiglianza di troppo. Per definire l’atteggiamento di Putin, che lo ha indotto a mutare indirizzo, Trump ha usato la solita espressione colorita. Che così è stata riportata da Libero nella titolazione dell’articolo: Trump manda i Patriot a Kiev: «Putin dice stronz…». Saltando verso le pagine del Giornale, ecco come è stato titolato l’articolo sul medesimo tema: Trump ci ripensa, armi a Kiev: «Putin dice un sacco di str…». Che dire? Di sicuro c’è che Libero osa più del Giornale, ma cionondimeno rimane l’eccesso di zelo. In fondo, che male c’era a denominare una stronzata altrui se si pensa a quante ne scrivono di loro, giorno per giorno? A proposito del direttore del direttore responsabile del Giornale, Alessandro Sallusti, e del suo QI, ecco il sofisticato modo che ha usato per spiegare, nell’edizione del 12 luglio, ciò che a suo giudizio è un’inopportuna insistenza sulle responsabilità del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, riguardo al caso Almasri: la ragione di Stato, detta anche realpolitik, fu teorizzata da Machiavelli cinquecento anni fa con il famoso «il fine giustifica i mezzi», e poi adottata dal cancelliere tedesco Bismarck due secoli fa. In essa si sostiene che la strategia politica possa, ma addirittura debba, privilegiare con pragmatismo gli interessi nazionali rispetto a considerazioni etiche, morali e ideologiche. Insomma, quando c’è di mezzo la sicurezza nazionale i governanti devono poter avvalersi di licenze rispetto alle leggi comuni, tipo 007 agente di Sua Maestà con licenza di uccidere i cattivi del mondo. Paperoga non l'avrebbe spiegato meglio. Fulminante affermazione anche di Donatella Rettore in un’intervista rilasciata a Rossella Franco del Corriere della Sera (7 luglio) per celebrare il settantesimo compleanno: «Grazie ai preti andavamo tutte le domeniche nelle parrocchie a suonare. Un’abitudine che si è persa, la Chiesa dovrebbe riorganizzarsi meglio, lo devo dire a Papa Leone, che pensi alla musica più che alla più che alla politica, perché la musica è cultura e pace». Mò gliò dico ar Papa. Ma chi ti credi di essere, Cazzullo?
