Forse non l’hanno colta di sorpresa. Chiara Poggi, quella mattina del 13 agosto 2007, ha disattivato l’allarme di casa e ha aperto in pigiama a una o più persone. Potrebbe essere andata così? Poi qualcosa è cambiato. Qualcosa che l’ha fatta correre verso il telefono, forse per chiedere aiuto. Ed è proprio lì che potrebbe essere iniziato l’omicidio, e non, come scrivono i giudici nella condanna di Alberto Stasi, “nell’ingresso, ai piedi della scala”. Una nuova ricostruzione cambia tutto. Uno degli aggressori le avrebbe messo una mano sul viso, Chiara ha reagito: l’ha morso. È da lì che emergerebbe quella traccia biologica trovata sulla lingua della vittima. Lo dice la perita Denise Albani, che nel corso dell’incidente probatorio ha rilevato un profilo genetico sconosciuto sul tampone orofaringeo repertato nel 2007. Non è di Stasi. E non è nemmeno detto che sia di Andrea Sempio, nuovo indagato per concorso in omicidio, almeno finché non arriveranno le conferme delle repliche. Poi, secondo questa dinamica, Chiara avrebbe provato a fuggire. Ma la seconda persona l’avrebbe bloccata. A quel punto sarebbe partita la violenza vera, quella che lascia il segno: colpi inferti da mani diverse, forse con due armi: una pesante, una tagliente. Poi il corpo sarebbe stato trascinato fino alla porta che porta giù, in taverna. Un gesto, forse, da chi conosceva bene la casa. E lì, sulle scale, c’è l’impronta 33. Una consulenza tecnica firmata dal pm aggiunto Stefano Civardi la attribuisce alla mano destra di Andrea Sempio.


E non è tutto. Perché non c’è più una sola verità nemmeno sull’identità dell’aggressore. Per anni si è raccontata la favola della fiducia: Chiara apre la porta al fidanzato, Stasi, che la uccide. Ma questa nuova pista parlerebbe di tutt’altro: “una o più persone delle quali Chiara aveva paura”, dice l’inchiesta. E anche il suo corpo racconta la lotta. Il Dna sotto le unghie è una testimonianza. Così come la ferita sulla coscia sinistra, descritta dal medico legale Marco Ballardini come «lesione ecchimotico-escoriata che sembra assumere un carattere ‘figurato’, corrispondente a un calpestamento violento mediato dal tacco o dalla punta di una scarpa». Solo che le scarpe di Stasi – Frau taglia 42 e Lacoste color bronzo numero 41 – non hanno né tacco né punta compatibile. Allora di chi è quel piede che ha lasciato il segno sulla pelle di Chiara?
