Michele Santoro, uno che la tv non la guardava, la faceva. Uno che quando diceva “cambiamo la televisione” la cambiava davvero. E oggi? Finisce nel Pulp Podcast di Fedez e Mr Marra, perché ormai le cose succedono più lì che in prima serata sulla Rai. E parla, Santoro. Parla come se fosse ancora dietro la scrivania di Samarcanda, uno dei suoi programmi cult, e non uno spettatore disilluso che non ha più gli artigli di una volta. Eppure, sa ancora come graffiare.
Bruno Vespa e l’editto bulgaro
La prima legnata la prende Bruno Vespa. Sì, proprio lui, il re dei plastici e delle poltrone (e domande) comode, quello che attraversa le ere geologiche della tv italiana come un fossile indistruttibile. “Sull’editto bulgaro, Bruno Vespa ha detto una puttanata. Ha detto che io e Enzo Biagi non siamo usciti dalla Rai perché la Rai non ci aveva pagato. Io non potevo uscire dalla Rai perché ero un dipendente. Ma ho fatto anche un processo che è durato qualche anno per affermare il mio diritto a trasmettere, e l’ho pure vinto. Quindi Vespa non può non sapere che le cose sono andate così e non si può inventare queste balle”. Poi l’affondo, quello che fa male davvero: “Sempre a parlare di soldi. La fanno persone che sono assatanate di soldi, che hanno passato tutta la loro vita ad accumulare denaro, ma quando vogliono denigrarti tirano in ballo i soldi”. Non serve aggiungere altro.
Enzo Biagi, il maestro ma non il santino
Se pensavate che Santoro avrebbe ricordato Enzo Biagi con la solita liturgia dei grandi del giornalismo, vi sbagliate di grosso. Sì, Biagi era un maestro, ma mica uno di quelli che ti insegnano con i sorrisi e i pacche sulle spalle. “Berlusconi ha avvicinato me, Indro Montanelli e Enzo Biagi. Ho seguito tutta la fase della censura a Montanelli e a Biagi. Ma Biagi, a parte tutti i racconti che si fanno, non era per niente un personaggio bonario. Era molto severo nei confronti di quelli più giovani. Io e Mentana, allora. Se la prendeva con noi. Era molto critico”. Poi il racconto di un dibattito epico al Salone del Libro: “In questa sala strapiena, perché Samarcanda era considerato il programma nuovo ed eversivo, ho fatto un primo intervento tutto rispettoso nei confronti del maestro. Ma invece loro tre, Ezio Mauro, Enzo Biagi e Gad Lerner, hanno iniziato una infilata di interventi e mi menavano come dei picconatori. A un certo punto mi sono tolto la giacca e gli ho spiegato come vedevo io la tv”. Eppure, nonostante le mazzate, Biagi alla fine è diventato più di un amico. “Non voglio dire un padre, ma una persona che si informava sul mio stato di salute, se ce la facevo a resistere. Se ti tolgono il lavoro è una ferita inimmaginabile”.
Daniele Luttazzi e la scomparsa dalla tv
E Luttazzi? “Non credo siano state le accuse di plagio (di alcune battute, ndr) ad allontanarlo dalla tv. L’ultimo monologo a Rai per una notte era urticante persino nei confronti del pubblico. Quando uno è così eversivo, per me è un grande. È un altro degli effetti della censura se non è tornato”. Santoro è infatti convinto che in seguito sia più un problema di timore: “Già siamo insicuri, chi fa il nostro lavoro ha un margine di insicurezza molto profondo. Poi, come un pilota di Formula 1 che ha fatto un incidente e non torna subito in pista, è difficile tornarci dopo un po’. Credo che per lui dipenda da questo”.
M - Il figlio del secolo e Luca Marinelli
Anche il film su Mussolini finisce nel tritacarne. “È proprio questo il difetto di M. Non c’è un attraversamento del personaggio. C’è la costruzione di una maschera tragica, e Marinelli è stato straordinario nel costruirla, però è chiaro che un viaggio dentro al personaggio poteva essere più sfaccettato”. Perché il punto, per Santoro, è capire cosa ha reso Mussolini così efficace nel leggere gli italiani: “Costruendo una maschera, non una persona vera, Marinelli si è dovuto mettere la maschera senza entrare in una dimensione più contrastata”.
Beppe Grillo, il M5s, Travaglio e il Fatto
Capitolo Movimento 5 Stelle, anche qui non manca di lanciare più di una stilettata. “Non siamo più in buoni rapporti con Marco Travaglio”. Già questa è una notizia. Ma il pezzo grosso è su Grillo: “Ha fatto una cosa straordinaria. Interpretava una necessità storica, anche dal punto di vista dello sviluppo della rete. Lì c’è stata l’intuizione di Gianroberto Casaleggio e Grillo ci ha messo tantissimo coraggio, vigore, sapute e passione”. E poi arriva il colpo da ko tecnico: “Il difetto di Grillo è che è un grandissimo attore. Forse uno dei maggiori in Italia. Come tutti gli artisti fa fatica a ragionare in termini politici. Quando guarda gli altri, li vede come possibili rivali. L’Oscar lo deve vincere lui”. Casaleggio era il regista perfetto: “Prima aveva la fortuna di avere anche un regista, Casaleggio. Senza il regista, da solo non so quanto possa scrivere una bella commedia. Una bella tragedia l’ha scritta”. E sul Fatto Quotidiano? “Io ho avuto il coraggio di andare alla festa del Fatto Quotidiano, quindi nel cuore del grillismo, a dirgli: guardate che fate un errore a contrastare Renzi. Ci voleva coraggio, infatti ho preso parecchi fischi”. E ora? “Vediamo se abbiamo tutti voglia di scrivere una pagina nuova con il M5s, fidandoci del fatto che Marco Travaglio si possa convertire a scrivere una pagina nuova, e non solo a dire che quello che proponiamo sono cazzate”.