C’è qualcosa di quasi comico, eppure amarissimo, nell’ultima puntata del teatrino geopolitico che oppone l’Occidente “buono” al mostro russo. Il ministero degli Esteri di Mosca, in un colpo di scena degno dei migliori troll, pubblica una lista di proscrizione con gli “esempi di russofobia” tratti anche dalle cronache tricolori: Mattarella, Crosetto, Tajani tra i nominati. Eppure, la reazione di Roma è un manuale di psicologia inversa: invece di appuntarsi fieramente il distintivo di difensori della democrazia contro la barbarie putiniana, i “proscritti” e i loro sodali (tranne il Presidente della Repubblica, che saggiamente non si è espresso, perlomeno non direttamente) si proclamano provocati, offesi, diffamati.

“Scandalo, orrore, raccapriccio: il ministero degli Esteri russo copia i migliori quotidiani italiani e pubblica una lista di proscrizione con gli ‘esempi di russofobia’, fra cui alcune perle di Mattarella, Crosetto e Tajani. Il quale convoca l’ambasciatore Paramonov per chiedere ‘spiegazioni’”, ironizza Marco Travaglio, che poi inscena un ipotetico dialogo tra Tajani e l’ambasciatore russo convocato per essere redarguito: “«Come vi permettete di darci dei russofobi?». E quello se la ride: «Pensavamo che per voi l’aggettivo russofobo non fosse un insulto, ma un complimento». Poi consegna al presunto ministro un paio di volumi della Treccani con la lista degli episodi di russofobia promossi o istigati o tollerati dai governi Draghi e Meloni col consenso o nel silenzio di Mattarella: direttori d’orchestra, artisti, intellettuali e sportivi cacciati-discriminati-perseguitati-insultati in quanto russi, balletti russi banditi dai teatri, corsi universitari su Dostoevskij sospesi, partnership scientifiche fra atenei italiani e russi cancellate, liste di proscrizione contro giornalisti russi e analisti italiani spacciati per putiniani e trascinati al Copasir e/o radiati dalle tv, vagonate di armi inviate all’Ucraina per “sconfiggere la Russia”, mega-piani di riarmo per l’auspicata guerra alla Russia. E, a mo’ di dedica, la lectio magistralis di Mattarella a Marsiglia che l’anno scorso paragonò la Russia attuale al Terzo Reich di Hitler, sconfitto soprattutto grazie al sacrificio dell’unione Sovietica con 28 milioni di morti”. Tutte cose che al direttore del Fatto Quotidiano “parrebbero eccessive anche se fossimo in guerra con la Russia e risultano vieppiù incomprensibili in assenza di dichiarazioni di guerra di Roma a Mosca o viceversa”.

Eppure, la stessa classe dirigente che “denuncia, giustamente, la peste gemella della russofobia: l’antisemitismo”, si esibisce nel consueto esercizio di doppio standard. Nella stessa giornata in cui usciva la lista, Mattarella ha attaccato l’“angosciosa postura aggressiva della Russia in Ucraina, un macigno sull’Europa”, e poi, parlando di Gaza, ha deplorato la “diffusa tendenza alla contrapposizione irriducibile... tra cui riaffiora gravissimo l’antisemitismo, che si alimenta anche di stupidità”. Ma – per Travaglio – “lo stesso si può dire della russofobia di chi paragona ai nazisti i russi che i nazisti li sconfissero, o esclude la Russia dalle celebrazioni per la liberazione di Auschwitz a opera della Russia, mentre finanzia e arma il battaglione Azov e altre nazi-milizie ucraine”.
E allora? “Questi russofobi – la fiocinata finale del direttore del Fatto – sono proprio dei bei tipi: se li chiami per nome, anziché appuntarsi al petto la sudata medaglia, si offendono”.