L’amore e la violenza non sono due facce della stessa medaglia, a differenza di quanto canta uno degli album dei sempre audaci Baustelle. A non essere d’accordo con la band “oscenamente pop” di Montepulciano è Max Felicitas, ospite a la Zanzara, lo show radiofonico di Giuseppe Cruciani e David Parenzo. L’attore di film per adulti ha sfoderato l’arnese – la lingua, s’intende – per sciorinare una colorita invettiva contro la guerra e il riarmo: “Mi chiedo come possa pensare la gente di spendere soldi pubblici per riarmarsi, nel 2025”. “È a scopo di deterrenza”, obietta Parenzo, “Ma deterrenza contro cosa”, risponde Felicitas. Alla prospettiva della spesa militare Felicitas antepone una singolare lettura “dionisiaca” del volere dei cittadini europei e degli italiani in primis. L’attore non parla infatti della solita ode all’amore libero di ciccioliniana memoria, ma ribatte piuttosto con un realismo terra terra, che fa i conti con le pulsioni più basiche delle persone: “Siamo in Italia, noi italiani vogliamo bere, mangiare, divertirci e scopare”.

Felicitas passa poi a sparare a zero sulla classe politica colpevole, secondo lui, di prendere scelte sbagliate sulla pelle dei cittadini: “La storia ci ha insegnato che la guerra crea problemi solo a famiglie, bambini e a gente che non centra un cazzo”. Si scaglia quindi contro il ministro della Difesa Guido Crosetto – “Diciamogli di prendere un fucile e andare lui sul fronte a spararsi” – e contro la classe politica in generale – “La mia proposta è questa. In Europa devono armare i politici e mandare loro in guerra. Anche se loro si ammazzano nessuno piange” – suscitando più volte lo “sdegno” di Parenzo, che suona come da copione l’altra campana.

Cruciani coglie la palla al balzo per tracciare un parallelo quantomeno singolare, che collega le parole di Felicitas a quelle di Fabio Tamburini, direttore del Sole 24 Ore: “Il tuo pensiero (riferito all’ospite ndr), non è distante a quello tamburiniano. Tamburini dice che quelli che sono a favore della guerra, del riarmo, del dispiegamento di forze in Ucraina, devono essere i primi a trarne le conseguenze”, continua Curciani, che chiude mandando in onda un intervento del direttore: “Un conto è vedere la guerra sulla poltrona, alla televisione, e un conto è farla. Allora credo che chi parla di guerre e riarmo e le ritiene uno strumento di risoluzione dei conflitti debba essere coerente, e cioè andarci prima di tutto lui in guerra. E se per ragioni anagrafiche non se lo può permettere, può mandare i suoi figli e i suoi nipoti”.
