Mario Giordano, in un articolo pubblicato su La Verità, critica aspramente l’ondata di celebrazioni riservate a Sergio Mattarella per i suoi dieci anni da Presidente della Repubblica. Il giornalista mette in evidenza l’eccesso di retorica con cui la stampa ha descritto il capo dello Stato, accumulando metafore altisonanti come “rockstar”, “principe delle istituzioni”, “meccanico con la cassetta degli attrezzi” e perfino “Gattopardo”. Poi, sempre recuperate meticolosamente da Giordano, altre definizioni al limite dell'assurdo, che a leggerle così suonano quasi come una presa in giro: cerniera, timone, icona pop, motore di riserva, Burt Lancaster, addomesticatore di barbari, levatrice, arbitro col cappellino rosso. Secondo Giordano, questa corsa all’adulazione sfocia nel ridicolo e rischia di far scivolare gli stessi commentatori sul loro eccesso di entusiasmo. Ovviamente, anche se Giordano si è concentrato soltanto su Mattarella, il problema riguarda principalmente l'abuso di retorica esaltante. Tanto che, se avete mai provato a usare Chatgpt per scrivere qualcosa, troverete che l'intelligenza artificiale ha imparato proprio quel genere di linguaggio artefatto e stucchevole. Ma torniamo a Giordano.
Uno degli aspetti che l’autore contesta è il fatto che nessuno, nei tributi rivolti a Mattarella, parli del doppio mandato come di un’eccezione alla prassi costituzionale. Si sottolinea il record di longevità della sua presidenza, ma senza mai definirlo per quello che è: una forzatura del sistema democratico, resasi necessaria per l’incapacità della politica di eleggere un successore. Per Giordano, questo silenzio è indicativo della deferenza con cui i media trattano il Presidente, evitando qualsiasi critica che possa offuscare il quadro celebrativo. L’articolo ironizza anche sulla narrazione secondo cui Mattarella non volesse essere rieletto. Viene citata una ricostruzione della Stampa, secondo cui il Presidente, prima del secondo mandato, avrebbe addirittura visitato il suo nuovo appartamento, pronto a lasciare il Quirinale. Tuttavia, pochi mesi dopo, accettò di restare, smentendo nei fatti la presunta indisponibilità. Giordano evidenzia questa contraddizione per insinuare il dubbio che la rielezione non sia stata poi così subita come viene raccontato.
Un altro bersaglio della critica è la tendenza a mitizzare il Presidente anche nei dettagli più banali. Viene fatto l’esempio della “resistenza sotto la pioggia a Parigi”, episodio raccontato come una dimostrazione di fermezza e carattere, quando si trattava semplicemente di restare sotto l’acqua durante la cerimonia delle Olimpiadi. Giordano ironizza sul fatto che, con questo metro di giudizio, ogni gesto del Presidente viene trasformato in un atto eroico, attribuendogli qualità quasi sovrumane. Viene poi affrontato il ruolo di Mattarella nelle vicende politiche degli ultimi anni. La Stampa, sempre ripresa da Giordano, afferma che il Presidente non avrebbe mai immaginato alleanze come quella tra Pd e M5s o la formazione del governo Draghi, eppure, osserva Giordano, è stato proprio lui a favorirle e a renderle possibili. Questo aspetto viene usato per sottolineare come la retorica che dipinge Mattarella come un arbitro neutrale sia in contrasto con il suo ruolo attivo nelle decisioni politiche più importanti. L’articolo si chiude come si era aperto, con una riflessione sul linguaggio utilizzato per descrivere il Presidente. Espressioni come “equilibratore delle stravaganze” o “autorità morale” vengono criticate come esempi di una narrazione che lo dipinge come una figura quasi sacrale, al di sopra della politica e delle critiche. C'è da dire comunque che, oltre che al Presidente della Repubblica, questo genere di comunicazione viene utilizzato da tutti, e per tutti. Che siano politici, cantanti o personaggi del Grande Fratello. L'odore di santità puzza di ridicolo. Su questo, Giordano ha ragione.