L’eredità di Gianni Agnelli torna a far discutere, anche se a dire il vero le polemiche al riguardo non si sono mai placate. Il caso è ancora una volta quello delle tredici opere d’arte di altissimo valore di cui Margherita Agnelli (figlia dell’Avvocato) aveva denunciato la sparizione nel 2019 dal proprio asset ereditario a Villa Frescot e Villar Perosa a Torino e in una casa a Roma, portando poi a giudizio i suoi tre figli (John, Lapo e Ginevra Elkann). A parlare del nuovo capitolo di questa diatriba familiare è il Corriere della Sera con un articolo a firma di Luigi Farranella. Nel suo scritto, il giornalista racconta di “un secondo atto su due nuovi testimoni (le governanti della moglie dell’Avvocato e madre di Margherita, Marella Caracciolo), e su una nuova macchina scenica (la banca dati del ministero della Cultura)”. In poche parole, viene sottolineata la questione relativa all’assoluzione dei due indagati di ricettazione, il gallerista svizzero Giovanni Gabriele Martino e il suo collaboratore Gennaro Martusciello, “tacciati - scrive Farranella - da un investigatore privato di Margherita Agnelli (Andrea Galli) di custodire in un caveau frontaliero a Chiasso 13 straordinarie opere collezionate dall’Avvocato”. Le perquisizioni, infatti, avrebbero avuto esito negativo, e i quadri appartenenti alla collezione privata dell'Avvocato, tra cui figurerebbero opere di Picasso, Bacon, Monet, de Chirico, Balthus, Gérome e Balla, risulterebbero ancora dispersi. Adesso, però, la gip Lidia Castellucci vuole vederci chiaro su questa questione, e pensa che ci siano “ancora due cose che i pm possono fare in 6 mesi come ultimo tentativo per individuare «i soggetti che si sono appropriati delle 13 opere d’arte»”.
L'intenzione della Castellucci, secondo quanto riportato dal Corriere, sarebbe quella di “domandare a due teste sinora mai sentite, le governanti di fiducia di Marella Caracciolo, Paola Montalto e Tiziana Russi, se ricordino le opere d’arte presenti nelle case al momento dei traslochi, se abbiano curato l’inventario, e se siano a conoscenza della collocazione o degli spostamenti nel tempo delle 13 opere d’arte «reclamate» da Margherita Agnelli”. Inoltre, come secondo punto, “verificare le movimentazioni di tali opere” e “consultare tutte le banche dati tenute presso i competenti uffici, compresi quella del Ministero della Cultura e la piattaforma Sistemi Uffici Esportazione”. Secondo Farranella si tratta di un risultato piuttosto positivo per Margherita, tenendo conto del fatto, sottolinea il giornalista del Corriere, che solamente la scorsa settimana il Tar del Lazio aveva negato a un giornalista di Report l’accesso civico generalizzato all’elenco ministeriale delle opere di Agnelli, per via del mancante “interesse pubblico”.