Cosa sta accadendo davvero in Piazzetta Cuccia? Dietro il comunicato paludato con cui Mediobanca ha annunciato il rinvio dell’assemblea al 25 settembre si cela una clamorosa ritirata strategica. Altro che “valutazioni in corso” o “tempi tecnici di Generali”: il consiglio di amministrazione presieduto da Alberto Nagel ha scelto di prendere tempo perché i numeri non tornavano più. Il piano per l’offerta pubblica di scambio (ops) su Banca Generali, con cui Mediobanca voleva trasformarsi nel campione nazionale del wealth management sacrificando la storica presa su Generali, rischiava di naufragare davanti a una conta impietosa: i pronostici davano il fronte Caltagirone-Delfin e soci in vantaggio o quantomeno sul filo, attorno al 42 per cento, contro un 38 per cento di favorevoli. Il rischio? La disfatta pubblica. In questo scenario si è inserita la mossa di Unicredit: il gruppo guidato da Andrea Orcel, già protagonista di incursioni nel capitale del Leone di Trieste, ha ammesso di detenere l’1,9 per cento di Mediobanca, formalmente “per conto dei clienti”. Una giustificazione che fa pensare a una manovra studiata. Le voci parlano di ulteriori quote parcheggiate presso advisor come Jp Morgan o Jefferies: una potenza di fuoco che, tra astensioni e voti contrari, avrebbe condannato l’ops alla bocciatura.

Il paradosso? Nemmeno un mese fa Nagel aveva respinto con fermezza la richiesta di Caltagirone di rinviare l’assemblea per mancanza di chiarezza sugli accordi con Generali. Oggi lo stesso Nagel, schiacciato dall’evidenza dei numeri, fa marcia indietro e prende tempo sperando in un improbabile ribaltamento. Il tutto mentre il Monte dei Paschi di Siena (Mps) osserva interessato: se il titolo Mediobanca scivolasse ancora in Borsa, l’ops del Monte potrebbe diventare più attraente e spianare la strada a una scalata che cambierebbe per sempre gli equilibri del capitalismo italiano.La verità è che dietro i comunicati ufficiali e le parole d’ordine sulla “trasparenza” si consuma un braccio di ferro senza esclusione di colpi. Ma, a differenza delle ultime settimane, Mediobanca non controlla più il gioco, perché il capitale frammentato e i voti incerti lasciano la banca vulnerabile agli attacchi incrociati di Unicredit, Caltagirone, Delfin e forse persino Edizione dei Benetton. Le astensioni, che valgono come no, potrebbero essere il colpo finale a un piano giudicato da molti troppo rischioso e costoso, che sacrifica il ruolo storico di Piazzetta Cuccia per un sogno di grandezza nel wealth management.

Nel frattempo tutto è rinviato a settembre. Ma è un rinvio che secondo molti osservatori sa di parziale ritirata, se non addirittura di resa: Nagel spera in un miracolo o in un intervento esterno, magari della magistratura – sempre più soggetto attivo del risiko bancario – per bloccare la scalata dell’amministratore delegato di Mps Lovaglio, che ha a sua volta lanciato un’ops su Mediobanca. Ciò che è certo è che, dopo molte settimane, colui che aveva sparigliato le carte delle acquisizioni non sembra avere più il coltello dalla parte del manico.