Mediobanca, Unicredit, il governo Meloni. Da questo triangolo passano buona parte dei futuri assetti di potere bancario nel nostro Paese e il governo, come mai era capitato in passato, è al centro di questa partita. Un “arbitro-giocatore”, scrive Milano Finanza, che fotografa alla perfezione il ruolo di perno che Palazzo Chigi ha assunto nelle ultime settimane. Un ruolo strutturato prevalentemente attorno a due assi: quello che lo vede, appunto, come giocatore, e cioè alleato del duo Delfin (Del Vecchio). – Caltagirone nella scalata di Monte dei Paschi a Mediobanca attraverso il ministero dell’Economia e delle Finanza (Mef), e quello in cui agisce da arbitro attraverso lo strumento del Golden Power, con il quale il governo può di fato bloccare o imporre vincoli alle operazioni finanziare se queste minano gli interessi nazionali. È il caso dell’offerta pubblica di scambio di Unicredit su Banca Bpm, per la quale l’ad Andrea Orcel continua a chiedere un confronto. Ma è anche il caso di Mediobanca, che qualche settimana fa ha sparigliato le carte del risiko con l’ops su Banca Generali. Il primo viaggio dell’amministratore delegato Alberto Nagel ha ricevuto un’accoglienza tiepida, nonostante Nagel stesso si sia definito ottimista. L’ad sa che deve essere prudente dopo la mossa inaspettata sul valore dell’ops – circa 6.3 miliardi di euro – che Mediobanca raggiungerà cedendo la propria partecipazione nella stessa Generali – il 13 per cento. Secondo Milano Finanza, “l’esecutivo non ha ancora preso una posizione chiara sull’ops lanciata da Piazzetta Cuccia su Banca Generali e che priverà la banca d’affari, laddove vada in porto, della quota di controllo della compagnia di Trieste, consegnando pertanto al ceo di Mps Luigi Lovaglio un inaspettato asset di valore, nel caso dovesse aver successo il suo assalto alla banca fondata da Enrico Cuccia e concepita insieme a Raffaele Mattioli, offerta sostenuta da Palazzo Chigi, dove il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari vorrebbe un polo nazionale del risparmio”. L’apertura del governo all’operazione è dunque lontana dall’essere scontata, anche perché perplessità rimangono anche nel Mef, con il ministro Giancarlo Giorgetti che resta prudente sull’esito dell’operazione. Intanto, i titoli di Mediobanca continuano a salire dall’annuncio dell’ops. Gli investitori iniziano a prendere posizione in vista dell’assemblea del 16 giugno che dovrà esprimersi sulla scalata Banca Generali.

Ma il risiko bancario non riguarda soltanto i due contendenti al “polo nazionale del risparmio” tanto caro al governo, che comprende proprio Banco Bpm e Monte dei Paschi e conta sul supporto della holding Delfin e di Caltagirone. Nelle ultime ore si è tornato a parlare dell’ops lanciata da Bper su Banca Popolare di Sondrio, che potrebbe però incagliarsi. La causa, sarebbe l’intervento della Banca centrale europea (Bce) sulle modalità di gestione di Bps. Ieri, secondo quanto riferito dall’Ansa, la Bce ha ravvisato “gravi e significative carenze che incidono tra l’altro sul sistema di gestione del rischio di credito”. Francoforte – continua Ansa – ha infatti domandato di “declassare crediti per 219 milioni, riferiti a 33 debitori, da in bonis a inadempienze probabili, in virtù della riduzione di valore già registrata”. In risposta agli investitori l’istituto ha fatto sapere che adeguarsi alle richieste di Francoforte “non comporterebbe la rilevazione di significativi effetti aggiuntivi a conto economico rispetto a quelli già contabilizzati”. Ma è evidente che l’intervento dell’Unione europea potrebbe produrre effetti sull’ops lanciata da Bper, che al pari di Sondrio vede Unipol come prima azionista appena sotto il 20 per cento del capitale.
