Prendete una cartina e date un'occhiata all'Africa. Scorrete dall'alto verso il basso e fermatevi più o meno a metà: sulla destra troverete il Sudan. Ecco, proprio qui, a circa 3.300 chilometri di distanza dalla Striscia di Gaza, dove secondo buona parte della comunità internazionale (e non solo) è andato in scena un genocidio – ma anche fosse solo una crisi umanitaria ci starebbe ben poco da stare sereni – è in corso un altro genocidio. Un genocidio ancora più invisibile di quello, tanto discusso, che ha riguardato i palestinesi, e forse ancora più brutale pur chiarendo che appare impossibile fare una classifica degli orrori. In Sudan, dicevamo, è successo che i ribelli hanno cacciato le forze governative da El Fasher, l'ultima roccaforte del governo nella regione occidentale del Paese, precisamente in Darfur. Da aprile 2023, lo scontro aperto è tra l’esercito sudanese, ufficialmente le Sudanese Armed Forces (Saf), e la milizia paramilitare Rapid Support Forces (Rsf), guidata da Mohammed Hamdan Dagalo, detto “Hemedti”. L'obiettivo delle Rsf? Stabilire un governo parallelo nella regione. Missione a quanto pare riuscita, ma non senza scatenare un massacro. Le Forze Congiunte – perdonateci se ci sono tanti nomi: sono alleate con l'esercito sudanese – hanno accusato le Rsf di aver ucciso più di 2.000 civili dalla caduta di El Fasher. Le Nazioni Unite hanno affermato che circolano video che mostrano “decine di uomini disarmati uccisi o uccisi”.
Secondo Tom Fletcher, responsabile umanitario delle Nazioni Unite, centinaia di migliaia di civili rimangono intrappolati a El Fasher, senza cibo e assistenza sanitaria. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha affermato di aver ricevuto “numerose e allarmanti segnalazioni” di atrocità commesse dalle Rsf, tra cui esecuzioni sommarie di civili, a causa di “motivazioni etniche”. Il Darfur ha in effetti vissuto molteplici episodi di violenza etnica, con centinaia di individui di gruppi etnici non arabi massacrati dai ribelli. Lo Humanitarian Research Lab della Yale School of Public Health ha pubblicato un paper secondo cui i paramilitari di Dagalo si sarebbero impegnati in uccisioni di massa. “Abbiamo ricevuto segnalazioni di esecuzioni sommarie, attacchi contro civili, incursioni casa per casa e ostacoli che impediscono ai civili di mettersi in salvo. I bambini stanno morendo di fame, gli ospedali sono stati chiusi o distrutti e chi tenta di fuggire affronta violenze estreme e pericoli indicibili”, ha aggiunto Save the Children.“Oltre 260.000 persone – tra cui si stima 130.000 bambini – restano intrappolate nella città, costrette a sopravvivere in condizioni simili alla carestia, con il collasso totale dei servizi sanitari e nessuna via di fuga sicura”, ha aggiunto la stessa ong.
La situazione in Sudan è a dir poco drammatica. L'Unicef nel 2024 ha registrato 221 casi di stupri su minori, inclusi neonati di appena un anno, mentre lo US Committee for refugees and immigrants ha calcolato in loco 12,1 milioni di persone a rischio di violenza sessuale e di genere. Le immagini satellitari analizzate dal citato Humanitarian Research Lab confermano che dallo scorso fine settimana un “gruppo di oggetti dalle dimensioni compatibili con corpi umani e con una colorazione rossastra del terreno” è apparso all'esterno degli ospedali di El Fasher. Dei 51 milioni di abitanti del Sudan, da quando è iniziata la guerra civile tra governo e ribelli, circa 14 milioni sono sfollati. La carestia è diffusa, così come il colera e altre malattie. Gli organismi internazionali ritengono che siano state uccise fino a 140.000 persone. Dopo la presa di El Fasher, il controllo territoriale delle Rsf copre ora il Darfur e alcune parti del sud, mentre le Saf controllano la capitale del paese, Khartoum, nonché il nord e il centro del Paese. Perché non dedicare una copertura quotidiana anche a questo genocidio? Una risposta possibile è che il Sudan non è una leva di propaganda spendibile in politica interna, né tanto meno in politica estera, come lo è il tema di Gaza. Quello in Darfur resta insomma un genocidio invisibile agli occhi del mondo...
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